Il Comune ora è in deficit| Più cari asili, musei e impianti - Live Sicilia

Il Comune ora è in deficit| Più cari asili, musei e impianti

Roma cambia i parametri e Palazzo delle Aquile si ritrova nei guai

PALERMO – Il comune di Palermo è ufficialmente in deficit strutturale, il che significa raddoppio delle tariffe per mense, impianti sportivi, mercati e musei, un controllo da Roma sulle assunzioni e una stretta alle spese del personale nelle partecipate. La mazzata tanto temuta alla fine è arrivata, così come emerge chiaramente dal bilancio consuntivo 2018 che oggi la giunta Orlando dovrebbe approvare. Una manovra che certifica, in modo ufficiale, come Palazzo delle Aquile sia in una situazione di deficit (cioè le spese sono più delle entrate) che non è occasionale, ma strutturale e che fa squillare un campanello d’allarme nei corridoi di piazza Pretoria.

In realtà rispetto all’anno scorso la situazione non è cambiata più di tanto, semmai a mutare sono state le norme nazionali che stabiliscono quando un Comune è in deficit e quando no. La legge stabilisce infatti alcuni parametri che gli enti locali non devono sforare ma tra Natale e Capodanno dell’anno scorso, e per la precisione il 28 dicembre, quindi alla fine del 2018, a Roma sono stati decisi otto nuovi parametri per i consuntivi proprio del 2018, cioè quando ormai l’anno era praticamente terminato. Un cambio che per Palermo si è rivelato fatale: in base alle vecchie norme il capoluogo siciliano era infatti in regola, anche se al limite, mentre i nuovi criteri hanno fatto scattare la condizione di deficit.

Ma cosa è cambiato, di preciso? Sono due i parametri in questione: quello sulle anticipazioni di tesoreria a cui si ricorre quando c’è poca liquidità in cassa, visto che adesso è in deficit il Comune che non restituisce i soldi prestati indipendentemente dalla somma (mentre prima doveva essere superiore al 5% delle entrate correnti); e quello sui debiti fuori bilancio, secondo cui ora è in deficit l’ente che ne crea per una somma superiore all’1% delle entrate dei primi tre titoli (tasse, trasferimenti e proventi da beni e servizi).

C’è anche da dire che Palermo è in “buona” compagnia: sono infatti moltissimi i comuni che si sono ritrovati nei guai per le nuove regole, arrivate in extremis e a giochi praticamente fatti. Da Palazzo delle Aquile non arrivano dichiarazioni ufficiali, ma non si nasconde l’irritazione per quello che viene considerato come un vero e proprio “sgambetto” da Roma. E se è vero che la condizione di deficit verrà già superata quest’anno, visto che il parametro sui debiti fuori bilancio a dicembre sarà pienamente rispettato, si guarda con apprensione a quello che succederà l’anno prossimo.

La legge individua infatti anche le conseguenze del deficit che scattano con un po’ di ritardo e che quindi, nel caso di Palermo, entreranno in vigore nel 2020. Le norme prevedono una stretta alla spesa del personale sulle partecipate e un controllo del governo nazionale su tutte le procedure di assunzione, il che significa possibili conseguenze su selezioni e concorsi presenti e futuri, anche se la conseguenza più nefasta colpirà i servizi a domanda individuale, ossia quelli non finanziabili dall’ente ma che devono essere coperti (almeno in parte) con le rette degli utenti. Si va dagli asili nido alla Città dei Ragazzi, dagli impianti sportivi alle mense scolastiche, passando per musei, mercati generali e perfino i cimiteri: servizi che ad oggi sono coperti per appena il 19% dalle tariffe pagate dagli utenti (il resto lo mette il Comune), mentre dall’anno prossimo si dovrà arrivare al 36%. Un aumento repentino, quasi un raddoppio a carico dei palermitani, che durerà comunque soltanto un anno, visto che poi la condizione di deficit dovrebbe rientrare.

Il consuntivo, approvato in giunta, passerà poi al consiglio comunale ma intanto il problema per il 2020 resta, così come permangono le criticità sulle condizioni economiche dell’amministrazione. Il ricorso all’anticipazione di tesoreria, a causa dei pochi liquidi in cassa e dell’altissima evasione fiscale, è ormai strutturale e anche molto costoso (1,7 milioni di interessi solo nel 2018) e ha effetti negativi anche sul fondo crediti di dubbia esigibilità, cioè quel tesoretto da accantonare per far fronte a entrate incerte. Basti pensare che Palermo nel 2018 ha dovuto accantonare quasi 700 milioni di euro, di cui 418 effettivi e il resto (il deficit da 271 milioni) ancora da recuperare con più tasse o la vendita di beni. Una situazione difficile e dalle conseguenze imprevedibili.

 


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