Mondello, la devastazione continua | Quei palermitani amanti del brutto - Live Sicilia

Mondello, la devastazione continua | Quei palermitani amanti del brutto

Spiaggia di Mondello (Foto di Mario Cucina)

La spiaggia all'alba. La spiaggia a mattina inoltrata. Ecco perché cambia tutto

Capita, osservando Mondello di mattina presto, prima che cominci a piangere, a urlare e a esalare un tanfo di decomposizione. Succede che ti rendi conto della tragica verità, come se fosse un’apparizione: noi palermitani siamo, in molta parte, inclini alla bruttezza. E non c’entra il sindaco pro tempore, con tutte le critiche che si possono legittimamente avanzare, poiché nessuno saprebbe estirpare il nucleo dell’inciviltà e trasformarci in cittadini. Si descrive per maggioranza, per massa, per percentuale. I palermitani amanti della bellezza esistono e sono pure tanti, ma non hanno la forza necessaria di una rivoluzione.

Eccola, Mondello, all’alba di un giorno di luglio. Con i suoi marciapiedi sconnessi. Con le cartacce e le bottiglie della sera prima. Con i suoi preservativi usati e stesi sull’asfalto.

Ma c’è pure il suo mare sullo sfondo che starebbe bene in un presepe tanto è divino. Tra qualche ora assumerà una inquietante tonalità gialloverde, eppure, alle sei del mattino, somiglia ancora a una pubblicità incontaminata dell’infinito. E la spiaggia, che si intravvede tra le necessarie cabine – lì dove è libera il degrado aumenta – offre la visuale di un’epica dell’estate. Non è soltanto un elemento fisico, ma una suggestione salgariana, come se Sandokan, Yanez e Giro Batol dovessero spuntare da un momento all’altro con il kriss tra i denti, in attesa del duello con la tigre o con un pescecane. Forse, se Emilio Salgari fosse nato ‘alla statua’, avrebbe creato qui la sua Mompracem.

Ma siamo ancora nella sospensione che precede la catastrofe quotidiana. E’ questione di poco tempo e piomberanno quaggiù i palermitani. Definirli ‘panormosauri’ è un alibi per coloro che si ritengono immuni dal morbo del vandalismo. Nessuno lo è in fondo. Ognuno di noi vive a casa sua e considera il resto territorio alieno. E ci sono, certo, quei palermitani bellissimi che redimono il gregge, tuttavia non saranno mai il vero volto di una città.

Eccoli già al lavoro – terribile riproporre frammenti e storie di ieri nella ripetizione di un rito tribale – i nemici della bellezza. Piantano l’ombrellone, delimitando una piazza d’armi familiare in cui nessuno potrà mettere piede. E se ne fottono se tutti gli altri saranno costretti a stringersi, in quella porzione ristretta di bagnasciuga tra le cabine e il mare. Consumano il cornetto alla crema che ritarderà il tuffo e lasciano la cartuzza tra i castelli che i bambini cominciano a edificare. Sono aggressivi. Se li guardi con un accenno di rimprovero, ti ri-guardano con un’aria selvaggia e provocatrice che sembra dire: vieni avanti, amunì, che ce la discutiamo. A sera, abbandonando il campo, si vedrà che sono passati di lì per la devastazione sotto gli occhi di tutti. E saranno fieri della ‘selvaggitudine’ compiuta, cicche comprese.

E per quelli che fanno, ci sono quelli che tacciono, che tollerano la barbarie del vicino di ombrellone per il quieto vivere, organizzando una collaterale cittadina della munnizza nel loro perimetro di competenza.

E nessuno penserà più alla mattina tersa che aveva preceduto il trionfo della tascitudine locale. Nessuno di noi, palermitani, ospiti di uno spicchio di luce, che abbiamo scelto, per vigliaccheria, la bruttezza.


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