Piromani, fiamme e il cuore in gola | Cos'è un incendio visto da vicino - Live Sicilia

Piromani, fiamme e il cuore in gola | Cos’è un incendio visto da vicino

Le fiamme che hanno devastato Palermo

Cosa provi quando sei dentro alle fiamme. Quando lotti. Quando non puoi scappare

I roghi a Palermo
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3 min di lettura

PALERMO– Non lo scorderò mai quell’incendio, visto da vicino è tutto un altro spavento, anche se non era il peggiore incendio del mondo. Un giorno d’estate in redazione, qualche anno fa. L’agenzia manda la notizia di numerosi roghi estivi. Ce n’è uno bello grosso anche dalle parti di quella che adesso è casa mia, abitata dai miei suoceri, da mio cognato e dalla donna che avrei sposato. Mi metto in macchina col cuore che batte forte e parto nella duplice veste di cronista e di uomo in pena. Volo.

Arrivo e trovo l’inferno. ‘Inferno’ è la parola più usata in casi del genere, nei titoli dei giornali, perché è la più esatta. Non c’entra la banalità, è che non si può descrivere altrimenti. Il fumo acre che entra nella gola, nelle narici, le lacrime agli occhi, le fiamme che sembrano vicinissime alle persone che ami. Ed è la paura a regnare: un guizzo nel petto che scende fino all’inguine, mentre sei inumidito da ettolitri di sudore. Temi che accada qualcosa di male a coloro che hai giurato di proteggere.

La scena è quasi da film, con le altissime vampe che ammorbano l’aria. Ci sono le forze dell’ordine. Vigli del fuoco, carabinieri e polizia, la forestale e un’ambulanza. Siano benedetti. Il cielo è solcato da un Canadair che bombarda il focolaio. A ogni gettito d’acqua, dal basso si esulta come per un gol del Palermo, ma è terribile riscoprire un attimo dopo che il demone rossastro sa rialzare la testa, manco fosse dotato di una maligna capacità di resistere.

I residenti, poveri bipedi in canottiera, sudatissimi, con il respiro ansante, cercano di dare una mano. Non dimenticherò mai nemmeno quella ragazza che con un innaffiatoio da giardino cercava nel suo piccolo di contribuire alla riscossa. Era un esempio di fede e speranza: non posso uccidere il demone con le mie poche gocce, ma posso impegnarmi, nel mio centimetro di utilità, e combattere con onore.

E mentre combatti a mani nude maledici i piromani che sono malati di odio per una umanità che non conoscono ma che desiderano colpire. E provi una commovente gratitudine per quelli che lottano insieme a te. Il vigile del fuoco che si asciuga quelle copiose lacrime di cenere e continua. Il vicino in tappine e costume che assomiglia a un vietnamita nella giungla. Morirebbe per difendere il rifugio dove ha ammonticchiato tutto ciò che per lui è essenziale. E adesso è qui, con i secchi, con le parole, con la fatica, che non si arrende.

Il pilota del Canadair stavolta ha centrato il cuore del demone con una parabola millimetrica alla RobyBaggio. L’urlo di gioia è più forte perché si capisce che il male non riuscirà a rialzarsi. Si tratta soltanto di ricacciarlo nelle sue propaggini periferiche. La ragazza dell’innaffiatoio si siede su un muretto e respira a stento. Mi precipito a soccorrerla. Gli altri soldati delle fiamme si guardano e si danno pacche sulle spalle per la felicità. Alcuni si abbracciano.

Torno a fare il mio lavoro con una cronaca che mi riguarda. Non scorderò mai quell’incendio, la paura e il senso di sollievo alla fine della storia. Così, quando arriva la notizia dei roghi, penso con affetto e apprensione a quelli che devono scappare e lasciare tutto e con rabbia ai nemici della serenità e della bellezza che promuovono la devastazione. E poi resta un panorama di cose morte che non rinasceranno più. E poi resta una bruciante pena nel cuore che nessun Canadair spazzerà mai via.


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