Povero, tradito e senza diritti |Ecco come sta morendo il Sud - Live Sicilia

Povero, tradito e senza diritti |Ecco come sta morendo il Sud

La slide della Svimez sugli investimenti in opere pubbliche (clicca per ingrandire)

Il rapporto Svimez. Da 25 anni si investono più soldi per le opere pubbliche nella parte più ricca del Paese.

Eppure, da qualche parte verso l’inizio, nella Costituzione della Repubblica italiana stava scritto che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”. E nello stesso articolo, il 3 per gli smemorati, si aggiungeva che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che quella eguaglianza impediscono. Belle parole dimenticate. Da almeno un quarto di secolo quando si parla di Mezzogiorno. Le anticipazioni del rapporto Svimez 2019, a cui abbiamo dedicato domenica un primo articolo, sono accompagnate da una serie di slide. E una di queste, con l’immediatezza dell’immagine, racconta meglio di tutte le altre il tradimento del Sud da parte della politica nazionale. Un tradimento che ha una precisa data d’inizio, il 1994. Quando, con la fine della vituperata “prima repubblica”, matura il sorpasso e gli investimenti in opere pubbliche (valore pro capite) nel Centro-nord cominciano a diventare maggiori rispetto a quelli nel Sud. Un paradosso assurdo dal quale non siamo mai più usciti.

In pratica, in un Paese spaccato in due, con una parte ricca e abbondante di infrastrutture e una povera e con infrastrutture per certi aspetti da Paese in via di sviluppo, si mettono più soldi pubblici per le opere pubbliche della parte più ricca rispetto a quella più povera. Nel 2018, riporta Svimez, 102 euro per abitante al Sud e 278 nel Centronord, quasi il triplo. Nel 1970 se ne spendevano 677 pro capite al Sud e 452 al Nord, a metà degli anni ’70 il rapporto era di 700 a 400. Funzionava così prima, come da logica. Poi, nei primi anni ’90 il crollo degli investimenti in opere pubbliche al Sud e viceversa l’impennata di investimenti al Nord. Un fenomeno che certo non ha contribuito a colmare il pauroso gap fra le due Italie, anzi. E che continua ai giorni nostri nel disinteresse generale.

È anche così che si è arrivati all’agonia del Mezzogiorno. Che negli ultimi dieci anni ha bruciato il 10 per cento della sua (già modesta) ricchezza, otto punti peggio del Nord. In Sicilia addirittura il crollo del Pil nel periodo 2008-2018 è stato del 13,9, solo al Molise è andata peggio.

Il Sud tradito dalla politica è anche il Sud dei diritti negati. La slide della Svimez sull’alta velocità nel trasporto ferroviario è l’immagine più efficace di questo affronto senza pudore che cristallizza cittadini di serie A e di serie B, con un deserto nel Mezzogiorno. Quel Mezzogiorno che ha, sempre numeri alla mano, un’imbarazzante penalizzazione nella sanità, basta guardare al numero dei posti letto e ancora peggio all’assistenza domiciliare (la percentuale al Sud in questo indicatore è un quarto rispetto a quella del Centronord). Quel Mezzogiorno dove l’85 per cento dei bambini non ha la mensa a scuola (il 66 al Centronord). Per sorvolare sugli asili e sui nidi.

Chi può stupirsi se di fronte a questi numeri sia ripartita tragicamente l’emigrazione? I numeri riportati dalla Svimez sono atroci. Solo nel 2017 dal Sud se ne sono andati in 132 mila. La gran parte erano giovani. Una fetta consistente laureati. In 15 anni, dal 2002 al 2017 se ne sono andati via dal Sud 380mila laureati e un milione di giovani in tutto. Gli immigrati, quelli della fantomatica invasione – utilissima a monopolizzare il dibattito per non parlare del vero enorme problema nazionale che è tornata a essere l’emigrazione – non sono sufficienti a coprire i numeri di questo esodo. E così il Sud si svuota. Certe aree più delle altre. Nel Mezzogiorno nel periodo 2003-2017, i piccoli comuni collinari hanno perso 148mila abitanti, quelli di montagna 78mila. Una desertificazione che prosegue e che priva il Mezzogiorno – sempre più vecchio anche per via del crollo della natalità – soprattutto di laureati e manodopera qualificata. Come poco riesca a farsi sentire la classe politica meridionale in un contesto simile di fronte all’odioso dato sugli investimenti pubblici più alti al Nord che al Sud, da cui si è partiti in questo articolo, resta un fenomeno su cui i posteri avranno da interrogarsi.

Leggi la prima parte: Sicilia in agonia, il Sud si svuota. Tutti i numeri di un disastro

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