I 5 Stelle e il rischio cappotto| Perché il non voto è più probabile - Live Sicilia

I 5 Stelle e il rischio cappotto| Perché il non voto è più probabile

La simulazione di Youtrend.it (clicca per ingrandire)

In Sicilia i grillini sarebbero falcidiati se si confermassero i risultati delle Europee

C’è un grafico elaborato da Youtrend sulla base dei risultati delle Europee che da solo spiega tutte le ragioni che oggi lasciano pensare che il Parlamento possa trovare una soluzione per non andare al voto a ottobre. È la simulazione che assegnando ai partiti i risultati ottenuti pochi mesi fa per il voto per Strasburgo mostra come andrebbe a finire nei collegi uninominali se quei risultati fossero confermati (qui il link). Ed è una simulazione che in caso di centrodestra unito (e sembra che Salvini si stia muovendo in quella direzione visto lo spauracchio del governissimo che potrebbe tentare Forza Italia) colora tutta l’Italia di blu, tranne qualche minuscola macchiolina rossa nelle regioni del Centro Italia e un piccolo puntino giallo attorno a Napoli. Una mattanza per il Pd e soprattutto per i 5 Stelle. Che alle ultime Politiche, ad esempio, in Sicilia vinsero in tutti i collegi uninominali. E che potrebbero perderli tutti. Ma proprio tutti. Sempre Youtrend calcola che sulla base di quei risultati, un centrodestra con Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia totalizzerebbe a Montecitorio 416 deputati su 630, una maggioranza bulgara, con i pentastellati polverizzati e ridotti a un’ottantina di seggi.

Certo, trasporre tout court i risultati delle Europee su eventuali Politiche è solo un esercizio e i risultati reali potrebbero cambiare, ma la tendenza è quella e i grillini sanno bene che andare a votare significherebbe per buona parte di loro tornare a casa, ai vecchi lavori, e salutare il Parlamento. In Sicilia nel 2018 i 5 Stelle sfiorarono il 50 per cento ed elessero 53 tra deputati e senatori, una fiumana gialla. Con l’aria che tira più della metà sarebbe falcidiata da nuove elezioni. Basti pensare solo ai 28 eletti nei collegi uninominali, numero che potrebbe scendere a zero. Ecco perché, al di là di tutte le considerazioni d’alta politica, non è arduo immaginare che tra i banchi dei grillini l’opzione di una soluzione che faccia scansare le urne risulti la più popolare. Persino ingoiando il rospo del patto – tutto da definire – con quello che fino all’altro ieri Luigi Di Maio definiva “il partito di Bibbiano”.

C’è poi l’argomento squisitamente politico. È noto che una fetta della deputazione pentastellata, quella ritenuta più in assonanza con il presidente della Camera Roberto Fico, abbia vissuto con un certo malessere la convivenza con la Lega e l’allineamento alle posizioni di ultradestra di Salvini. Tra questo pezzo di grillini, la prospettiva di un’alleanza con il centrosinistra rappresenterebbe anche un sollievo politico.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il Pd. Tra i dem se c’è qualcuno per cui rinviare il voto è vitale è Matteo Renzi. Che non avrebbe il tempo da qui a ottobre di organizzare il suo nuovo partito e che perderebbe il plotone di fedelissimi da lui piazzati nelle liste bloccate allo scorso giro e oggi comodi in Parlamento. Ma allungare la vita della legislatura cercando di invertire la tendenza che premia Salvini e confidando che il vento del populismo si sgonfi è una prospettiva che alletta anche altre anime dei dem. A partire da quei franceschiniani che furono i primi a teorizzare un dialogo con i grillini, subito aggrediti all’epoca ( si parla di poche settimane fa, mica anni) dai renziani, prima dell’ultima giravolta dell’ex premier e dei suoi. Certo, il prezzo da pagare per un’alleanza con Grillo potrebbe essere altissimo ma si pagherà comunque postergato. E in una politica abituata a ragionare in una prospettiva molto molto corta questo non è un elemento da sottovalutare.

Mattarella permettendo, insomma, le regioni che potrebbero spingere il Parlamento a partorire una nuova maggioranza, che avrebbe i numeri persino per durare, superano senz’altro quelle che dovrebbero spingere deputati e senatori a staccare la spina. E chissà che in quello scenario, allontanato lo spettro di un voto imminente, anche tra i banchi di Forza Italia, soprattutto in quelli dove la Lega si soffre di più, non maturino simpatie per il governissimo antisovranista.

 

 


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