La mafia, Palermo, gli applausi | Maresco infiamma Venezia - Live Sicilia

La mafia, Palermo, gli applausi | Maresco infiamma Venezia

Pellicola ironica e pungente del regista palermitano, apprezzata dai critici. In corsa per il Leone d'oro

IL FESTIVAL DEL CINEMA
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VENEZIA – L’inconfondibile ironia del regista Franco Maresco ha entusiasmato ieri, la platea, all’anteprima al Palazzo de Cinema di Venezia, con il suo sarcasmo e spontanea parodia sulla mafia e sui siciliani. Una vera e propria sfida per Maresco che, dopo il successo della scorsa stagione cinematografica con “Belluscone“, vincitore del Premio delle Giuria nella Sezione Orizzonti a Venezia nel 2014, torna in Laguna, ma questa volta con una pellicola in concorso per il Leone d’oro 2019, “La mafia non è più quella di una volta”.

Per il cineasta regista palermitano, è l’esordio in competizione nel cartellone principale della 76esima rassegna Internazionale dArte Cinematografica. È la quarta volta per Franco Maresco a Venezia, ma questa volta lo fa con un film in concorso. La prima nel 2003 con Il ritorno di Cagliostro firmato con Ciprì, poi ancora “in ditta” per Come inguaiammo il cinema italiano l’anno successivo, omaggio a Franchi e Ingrassia, infine con Belluscone nel 2014 (anche di questo protagonista Ciccio Mira) ma sempre in sezioni collaterali alla gara ufficiale e mai in concorso. Uno sguardo marcato dallinconfondibile umorismo di Maresco, tra il grottesco e il tragico, sino a una meditazione più ampia sullItalia contemporanea, è evidente nella La mafia non è più quella di una volta“, una pellicola che affronta in maniera mordace e pungente l’atteggiamento mafioso nella città di Palermo. Protagonisti sono Letizia Battaglia e Ciccio Mira, due personaggi agli antipodi che conoscono bene i risvolti della società e della criminalità isolana.

Letizia Battaglia eclettica fotografa siciliana, che ha raccontato con i suoi scatti le guerre di mafia, aggiudicandosi l’etichetta del New York Times come una delle donne più influenti del nostro tempo. Ciccio Mira è il suo esatto opposto, storico organizzatore di feste di piazza che, in cerca di riscatto, organizza un evento, dedicato a Falcone e Borsellino, nel quartiere dello Zen, definito il Bronx di Palermo, quasi avvertendo la nostalgia per una mafia che, appunto, non è più la stessa cosa. Un nuovo grottesco sguardo di Franco Maresco sulla Sicilia e sull’odierna società. Il regista siciliano, intreccia con abilità le interviste a Letizia Battaglia e agli attori “improvvisati”, Ciccio Mira, Matteo Mannino, Cristian Miscel, ad alcuni lavori di fotografia realizzati dalla fotoreporter italiana, e qualche video d’archivio dai telegiornali che dettagliano i crimini di Cosa Nostra. È un originale stratagemma per entrare nei dettagli di Cosa Nostra, attraverso elementi grotteschi ed esilaranti per illustrare il fenomeno mafioso in modo provocatorio, sprezzante e farsesco. Ma il tema della Mafia, Franco Maresco lo tratta con perspicacia, mettendo in bocca ai protagonisti lo slang dei malavitosi, non solo le mezze frasi, ma anche nei gesti rituali che dipingono la natura di un siciliano “ omertoso” che non vede personaggi e fatti perché di natura “ genetica “ ( citando Ulisse-“Nessuno” ).

La pellicola, apprezzata anche con applausi per originalità, ritmo incalzante e qualità delle immagini, dai critici cinematografici, visionata in anteprima in Sala Grande al Palazzo del Cinema di Venezia, potrebbe costruire un temibile concorrente per l’assegnazione del Leone d’oro 2019. Uno straordinario personaggio di efficace naturalezza e spontaneità di attore consumato, Ciccio Mira, “vecchio leone di palcoscenico”, è il vero protagonista del lungometraggio in gara al Lido ( con il regista assente ancora una volta alla presentazione del suo lavoro ). Non solo fenomeno mafioso e criminalità organizzata, ma anche vita sociale del nostro Paese attraverso immagini e feedback di rara qualità ed efficacia (con un leggero accenno al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella e della sua famiglia). Nella pellicola Maresco, ancora una volta, si schiera dalla parte dei perdenti, degli ultimi, ma con l’idea utopistica che partendo dal basso si possa conoscere chi subisce l’oppressione e da cui ripartire per cambiare la realtà.


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