Il bambino con la maglia rosanero | Oggi è rinato il vero Palermo - Live Sicilia

Il bambino con la maglia rosanero | Oggi è rinato il vero Palermo

Il bambino con la maglietta rosanero (foto Puglisi)

Palermo-San Tommaso. Così ricomincia la storia. Con i passi di un bambino.

Palermo-San Tommaso
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3 min di lettura

Caro e vecchio stadio del nostro cuore, guardalo il bambino tenuto per mano dal papà, con la mamma che veglia accanto, mentre incede e ride con la sua maglietta rosanero, in via Ausonia, come un re coronato di stelle. “Ha visto, abbiamo un nuovo tifoso. Lei è giornalista? Certo che può fare una foto”. Un breve scatto, una lunga storia. La vicenda dei padri e dei figli che si scambiano l’amore e ci dicono che possiamo cadere nella polvere, ma ci rialzeremo sempre.

Caro e vecchio stadio dei nostri ricordi. La prima volta? Palermo-Trapani in C2. E chi se lo scorda più. Era un giorno di primavera che annunciava giorni di dolore, perché non c’era un padre a tenere la mano. Finì due a zero per noi e nella formazione dei cugini c’era un brasiliano con la barba. Forse si chiamava Pita. E adesso c’è un’altra prima volta e c’è un popolo che è sceso in strada e chi se ne importa della serie D. Ragazzi e ragazzi, attempati frequentatori di una passione, tante donne, tantissime persone che vengono a riscoprire quanto batte il cuore in una curva.

Ma non è un Palermo populista: popolare, semmai, fortemente identitario, puntato verso la costruzione di una comunità. E non sarà il Palermo di tutti i palermitani, ma solo di quelli capaci di avere fede, di nutrire l’idea del riscatto, di considerare la bellezza essenziale come la necessità.

Caro e vecchio stadio ‘Barbera’, guardalo di nuovo quel bambino che racconta una favola un po’ diversa, senza pifferai magici che incantano, né grotte che rinchiudono col ricatto dell’ambizione. E sia serie D, l’incipit, col suo spirito deamicisiano e pulito che ricorda l’odore delle polpette fritte della nonna.

Ma com’è ‘sta serie D? Tecnicamente non è peggio di Palermo-Kroton di altri tempi. Finché si va avanti con ordine, si vede comunque calcio. Poi, se gli attori improvvisano, secondo il commento di un vicino di sedia: “Pari a pleistescion spasciata”. Ma i ragazzi rosanero la gamba la mettono sempre. Ognuno di loro presidia la sua zolla con l’ardore di un vietcong nella giungla. Sanno di avere un palcoscenico d’eccezione. Sanno di rappresentare qualcosa che non ha confini. E lottano di conseguenza, con qualche elemento da tenere d’occhio.

Davanti c’è il San Tommaso che interpreta con grazia il ruolo della vittima sacrificale. Il portiere avversario si becca una fischiata memorabile. Ai nipotini racconterà con orgoglio: “Quel pomeriggio che mi hanno fischiato al ‘Barbera’…”. Primo tempo: tre a zero e palla al centro. Il nostro Pelagotti in porta potrebbe organizzare una festa danzante. Non tirano mai. Forse i Santommasini sono impressionati dalla sua mole: quanto a costituzione fisica, il baldo ‘Pela’ sembra il fratello maggiore di Mazinga.

Caro e vecchio stadio delle nostre domeniche, guardala la gente rosanero che balla e che canta con la sua curva in fiore. E sono qua i palermitani migliori, sì, soltanto per un atto di fede. Canta la curva e balla. Così i due gol del San Tommaso, che stavolta ci crede, sono leggerissime trafitture di spillo in un ‘ricomincio’ da ricordare: il Palermo è rinato, ci voleva il suo stadio per certificarne il battesimo.

Finisce con tutti i protagonisti al centro del campo in un mare d’applausi e di abbracci. Tenetevi Messi che noi ci teniamo Ricciardo e i suoi fratelli. Qui, il pallone che odora di polpette è ancora un affare per bambini.

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