"Crocetta? Chi dissentiva| era considerato mafioso" - Live Sicilia

“Crocetta? Chi dissentiva| era considerato mafioso”

L'ex sindaco di Caltanissetta al processo Montante

Parla Salvatore Messana
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CALTANISSETTA – “Mi risulta che Crocetta non sostenne la mia candidatura. Ci fu una cena dove erano presenti Salvatore Cardinale, Giuseppe Lumia e Rosario Crocetta e fu deciso, o almeno così mi fu riferito, un diniego assoluto”. Lo ha detto l’ex sindaco di Caltanissetta, Salvatore Messana, deponendo come teste nell’udienza del processo sul cosiddetto Sistema Montante che si sta celebrando all’aula bunker del capoluogo nisseno. “Vi fu un convegno alla biblioteca Scarabelli di Caltanissetta – ha ricordato Messana rispondendo alle domande dell’avvocato Giuseppe Panepinto, legale di Montante – in cui partecipò Crocetta, allora sindaco di Gela. In quell’occasione Crocetta parlò di questa rivoluzione culturale che stava portando avanti nella sua città e ci rimproverò del fatto che noi non eravamo coraggiosi. Parlò esplicitamente anche di Pietro Di Vincenzo (ex presidente di Confindustria nissena, imputato per mafia e poi assolto, ndr). Io allora parlai di alcuni esempi di cose positive che stavamo facendo. Crocetta si alzò dicendomi; ‘Stai zitto perché stai tutelando la mafia dei colletti bianchi’. Io e Crocetta competevamo entrambi per le elezioni europee. La differenza è che lui aveva riempito la Sicilia di manifesti, io andavo in giro con la mia macchina. Prese tantissimi voti”.

Tornando ai rapporti con l’ex presidente della Regione, Messana ha aggiunto: “Crocetta faceva parte del Partito dei comunisti italiani, formazione che aveva sostenuto la mia candidatura. Dopo la sua elezione, Crocetta intraprese un percorso che non teneva conto delle idee ma della salvaguardia o della sua città o del suo metodo. Un metodo declamatorio, che enfatizzava ogni cosa, un metodo secondo cui chi diceva qualcosa contro, era un mafioso”.

“Sul giornale ‘La Sicilia’ apparvero dichiarazioni del prefetto Carmine Valente, secondo il quale Antonello Montante e Rosario Crocetta erano coloro che potevano far rinascere la provincia. Inoltre, il prefetto si soffermava sulla zona franca della legalità. Feci a mia volta un intervento sui giornali, in cui sostanzialmente contestavo le parole del prefetto, esprimendo opinioni contrarie. Da allora cominciò il mio calvario”. L’ha detto l’imprenditore Pasquale Tornatore, deponendo come teste al processo di Caltanissetta sul cosiddetto Sistema Montante. “In quel periodo – ha continuato Tornatore – venni a sapere che ero stato denunciato per minacce dal presidente del Consorzio universitario Emilio Giammusso, insediatosi ai primi del 2013. Quest’ultimo mi aveva contattato per fare un lavoro gratuito di comunicazione per il Consorzio. Avevo accettato. A metà agosto esce la mia lettera di commento al prefetto e per circa un mese Giammusso non risponde alle mie telefonate, email, e neanche alle sollecitazioni di un amico comune, Antonio Gruttadauria, dal quale in seguito appresi che aveva ricevuto una chiamata da Giammusso, il quale diceva che non potevo più occuparmi di quel progetto perché non era stata gradita la mia lettera di commento al prefetto. Dopo qualche giorno, Gruttadauria mi convoca nel suo retrobottega e mi dice che aveva saputo che ero stato querelato da Giammusso per minaccia. A febbraio 2014 vengo convocato in questura e mi viene comunicato che ho un avviso di garanzia per minacce: ho pensato che si trattasse della denuncia di Giammusso, ma vengo a sapere che era stata inviata una lettera intimidatoria a Carmine Valente e che ero sospettato di quel reato. A Palermo, per la perizia calligrafica, mi fecero scrivere ‘Carmine Valente va a correre al parco’. Questa inchiesta fu poi archiviata”. “Un altro esposto – ha aggiunto – era stato fatto da Salvatore Pasqualetto, all’epoca presidente del Tavolo unico di regia per lo sviluppo e la legalità. Pasqualetto descrive il mio commento sul prefetto come un attacco alla legalità, lasciando intendere che io quasi ero connivente con il sistema mafioso, a loro dire riferibile all’ex presidente di Confindustria Pietro Di Vincenzo. Questo mio espormi pubblicamente nei confronti di Montante e del sistema, mi ha portato anche danni economici. Per tanti anni con la mia agenzia avevo curato la comunicazione del torneo di tennis. Un giorno mi chiamò Trobia (Michele Trobia, ex presidente del Tennis club, ndr) e mi disse: ‘Purtroppo Massimo Romano e Marco Venturi mi hanno comunicato che la tua società non deve più fare questo lavoro. E quando Caltaqua entrò a far parte di Assindustria, sparì come cliente”. (ANSA)


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