Lavoratori, teatri, Province e Pip | Collegato: tutti i fondi "in bilico" - Live Sicilia

Lavoratori, teatri, Province e Pip | Collegato: tutti i fondi “in bilico”

Il governo nazionale giudica illegittimo lo 'scongelamento' di 114 milioni. A chi sono stati destinati. Sanità, stop alla vendita degli immobili.

PALERMO – Forestali, trasporto pubblico, Pip, Ersu e ancora talassemici, consorzi di bonifica, istituto per l’Incremento ippico e teatri di Messina e Catania. Sono queste le categorie su cui si allunga l’ombra dell’impugnativa decisa dal governo giallorosso nell’ultimo Consiglio dei ministri.

E così, se per Giuseppe Lupo: “L’impugnativa è la conferma del fallimento del metodo dei ‘collegati’ voluto dal governo Musumeci e dalla sua maggioranza” per il vicepresidente della Regione Gaetano Armao quelli sollevati dal capogruppo dem all’Ars sono “inutili allarmismi di chi vuole coprire il disastro della precedente amministrazione con cui il governo Musumeci si trova a dovere fare i conti”.

Il governo nazionale ha deciso di impugnare la fra le altre la disposizione che prevedeva il ripristino delle risorse per alcune categorie che sono state poi selezionate dal governo regionale. Durante la discussione della legge di stabilità, nell’attesa di un accordo con il governo regionale erano stati congelati 141 milioni di tagli. Poi con l’approvazione della “Finanziaria bis” dopo il raggiungimento dell’accordo le somme sono state sbloccate per 114 milioni. Così una prima parte della categorie colpite dai tagli ha potuto tirare una boccata di sollievo mentre con l’assestamento si sarebbe discusso dove trovare le risorse mancanti. Ma adesso, su quelle categorie, i dubbi sollevati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Le risorse ripristinate

Al governo è toccato selezionare i capitoli da scongelare per primi. La maggior parte delle somme sono state destinate ai forestali, con uno sblocco di 46 milioni dei 53 congelati, e al trasporto pubblico locale: sono stati trovati 41 milioni rispetto ai 48 che ne servivano. Altri due milioni sono stati destinati agli enti per il diritto allo studio universitario, 1,8 ai malati di talassemia e 7,3 ai consorzi di bonifica. Per i Pip sarebbero serviti 8,7 milioni ma subito ne sono stati trovati 7,6. Altre risorse poi sono state trovate per per l’Istituto incremento ippico di Catania a cui sono andati 250mila euro e quasi due milioni serviti per ripristinare i fondi per i teatri di Messina e Catania. Scongelati anche alcuni capitoli di bilancio del dipartimento all’istruzione, mentre niente si è potuto fare per altri settori non interessati da impegni giuridicamente vincolanti. Infatti, sono state impiegate le risorse per pagare gli stipendi mentre hanno dovuto attendere i capitoli di bilancio dedicati a cultura e sociale. Sono proprio questi i fondi che saranno oggetto del “braccio di ferro” di fronte alla Corte costituzionale.

Impugnata la norma messa fra le “urgenze”

Le norme impugnate però sono diverse. Dalla proroga di tre anni alle concessioni delle tratte per il Trasporto pubblico locale inserita fra gli emendamenti aggiuntivi dell’ultim’ora alla norma sugli appalti su cui, già durante la discussione, gli stessi uffici dall’Assemblea regionale siciliana hanno sollevato i dubbi di incostituzionalità.

La proroga per 36 mesi delle concessioni per il trasporto pubblico locale, all’Ars è stata aggiunta fra le norme da approvare con “urgenza”. Per il governo nazionale però sarebbe incostituzionale per almeno due motivi. Anzitutto stando agli argomenti del Cdm contravverrebbe all’obbligo europeo di bandire le gare per affidare le tratte dei servizi pubblici che entra in vigore dal 3 dicembre 2019. In ogni caso per palazzo Chigi la norma regionale violerebbe la competenza statale in materia di concorrenza.

La modifica al codice degli appalti

Stessa cosa vale per la disposizione che si occupa di modificare le procedure per l’aggiudicazione nelle gare al minor ribasso fissando delle regole particolari per la soglia di anomalia. Il governo regionale, in questo caso, ha già resistito di fronte ai dubbi degli uffici di Palazzo dei Normanni che avevano evidenziato la possibilità che la disposizione fosse impugnata. Per l’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone la copertura costituzionale era data dall’esistenza di norme d’applicazione dello Statuto recentemente approvate a tutela delle piccole e medie imprese. Evidentemente però il governo romano non ha seguito la stessa interpretazione di quello palermitano.

Soldi alle ex province, non per pagare i mutui

Sotto la scure di palazzo Chigi sono andate anche altre norme. Per il governo giallorosso sarebbe incostituzionale anche la norma che eroga 250 milioni di euro alle ex province per gli investimenti. Criticata sarebbe la circostanza per cui Città metropolitane e Liberi consorzi sono stati autorizzati a spendere il 20 per cento delle risorse per il pagamento di mutui già accesi. “La disposizione in esame – si legge nel dettaglio dell’impugnativa – non è pienamente coerente con lo spirito della norma statale, volta, invece, a favorire nuovi investimenti e, peraltro, comporta impatto negativo sul debito e sull’indebitamento netto”.

Sanità, dismissione degli immobili

Infine, oltre ad alcune disposizioni finanziarie, le censure del governo giallo rosso hanno colpito l’articolo che ha previsto un piano straordinario di dismissioni degli immobili delle aziende sanitarie per partecipare alle spese del mutuo per il piano di rientro che interessa il settore sanitario. Anche in questo caso per palazzo Chigi l’operazione non si potrebbe fare perché non è possibile prevedere che i ricavi delle vendite degli immobili possano coprire questo tipi di spese.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI