Servizi, investimenti e burocrazia |Le sfide per la Sicilia del futuro - Live Sicilia

Servizi, investimenti e burocrazia |Le sfide per la Sicilia del futuro

La presentazione del documento al meeting "Sud e futuri" che si svolge a Mondello

 

PALERMO – Le sfide principali del futuro del Mezzogiorno sono sei: lo sviluppo dell’attitudine alla cura dell’esistente, la silver economy e cioè l’economia dei servizi per l’anziano, la connessione dei punti dell’eccellenza, il buon uso dei fondi europei, l’alfabetizzazione dei giovani e la creazione di nuovi modelli istituzionali. Questo è quanto emerge dal report curato dallo studio Skopia, commissionato dalla Fondazione Magna Grecia e presentato in occasione della manifestazione Sud e futuri che si sta tenendo in questi giorni a Mondello (Pa).

Lo studio è stato presentato dal docente dell’università di Trento, Roberto Poli, in apertura del meeting internazionale, e prova ad offrire alcune soluzioni per il futuro del Sud, e in particolare della Sicilia e della Calabria, con una prospettiva di azione ventennale. La fondazione Magna Grecia ha creato un osservatorio che attraverso interviste e dibattiti con i cittadini svilupperà un’analisi del contesto meridionale. L’obiettivo è individuare le “buone pratiche orientate al futuro che possano servire come piattaforme di rilancio non solo dei territori, del loro buon governo e del loro sviluppo, ma – queste sono le parole del report – anche di riattivazione e aggiornamento del portato di idee, conoscenza e lungimiranza che viene dall’eredità della Magna Grecia”.

“Proprio come la Grecia antica ha dato una visione alla storia del mondo occidentale – ha commentato il presidente della Fondazione– noi abbiamo il compito di ricercare nuove visioni per la nostra società”.

Il documento da un lato mostra una fotografia drammatica del contesto siciliano e dall’altra segnala la necessità di un futuro all’insegna della “normalità”. Tante sono le considerazioni fatte dal campione di cittadini intervistati su spopolamento, emigrazione, carenza di lavoro e di infrastrutture, incapacità di gestione dei fondi europei, obsolescenza del turismo e dell’agricoltura. Le opinioni più interessanti riguardano il territorio (che si ritiene debba essere maggiormente curato), l’identità, l’autonomia e la politica.

Da quanto emerge nello studio per i siciliani l’autonomia è positiva anche se oggi viene utilizzata male. La specialità, infatti, “avrebbe dovuto guidare l’isola verso il proprio futuro”, mentre oggi “è stata sfruttata, a differenza di quello che si potrebbe pensare, per fare norme molto più restrittive di quelle nazionali, che sono diventate un cappio per molti settori”. Gli intervistati indicano l’opportunità di riprendere modelli del passato e della tradizione per costruire la Sicilia del futuro, sia a livello produttivo che a livello politico.

Passando, infine, al focus sulla politica e le istituzioni, il dato che più volte ritorna è quello di una burocrazia che blocca l’iniziativa dei cittadini. La politica viene descritta come non all’altezza e priva del mancato ricambio generazionale. La politica è nepotistica. “La parola che è uscita più volte – si legge nello studio- è quella della lentezza: lentezza insopportabile e non più sostenibile della burocrazia, ma anche lentezza nella magistratura, specialmente nei procedimenti civili, che non aiuta gli imprenditori e la gente che lavora a difendersi dalla lentezza della burocrazia”. L’apparato amministrativo regionale viene percepito come “faraonico” e così non adatto a fronteggiare le sfide dei tempi.

Come dovrebbe la Sicilia nel 2040? Dovrebbe avere una “pubblica amministrazione efficiente ed efficace, grazie a concorsi regionali meritocratici”, “una classe dirigente all’altezza delle ambizioni della Regione”, “i decisori sono scelti in base al merito, alla capacità di assumersi responsabilità e all’autorevolezza nel guidare e motivare le persone. Non esistono altri sistemi di valutazione dell’attività dei decisori né automatismi di rotazione, né spoil-system di tipo elettorale”. Inoltre “la società siciliana -si legge nello studio – ha preso piena consapevolezza delle potenzialità che sono proprie e tipiche di questa nostra regione e che per un tempo abbastanza lungo a cavallo del millennio erano state addirittura screditate. L’investimento emotivo nel genius loci è uno dei motori dell’agire quotidiano”.

 


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