Attentato ad Antoci, l'Antimafia: | "Non c'è traccia di Cosa nostra" - Live Sicilia

Attentato ad Antoci, l’Antimafia: | “Non c’è traccia di Cosa nostra”

La commissione ha chiarito alcuni aspetti dell'inchiesta parlamentare VIDEO

PALAZZO DEI NORMANNI
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9 min di lettura

La relazione della Commissione antimafia, i dubbi, le polemiche. In una conferenza stampa convocata a Palazzo dei Normanni, i deputati della commissione presieduta da Claudio Fava, affiancati dai consulenti Bruno Di Marco, ex presidente del Tribunale di Catania e Tuccio Pappalrdo ex direttore nazionale della Dia, che hanno partecipato al lavoro, chiariranno alcuni aspetti dell’inchiesta parlamentare. Segui la diretta di LiveSicilia.

FAVA: “STUPITI DALLE PAROLE DI ANTOCI” VIDEO

13.30 Si conclude la conferenza stampa.

13.24 Pappalardo: “Non mi ero mai imbattuto, in tanti anni di carriera, una coincidenza: due assolute mancanza di professionalità da parte sia di chi attaccava, sia di chi si difendeva. Nella mia esperienza di attentati di questa valenza, non si registrano anomalie di questo tipo, se c’è intenzione di uccidere la persona. Dall’altra parte, altrettante irritualità e incongruenze: l’istinto suggerirebbe a un privato cittadino, non solo a chi ha fatto mesi e mesi di addestramento per fare la scorta, a superare gli ostacoli di quelle poche pietre, con una macchina che pesa tonnellate. E l’esposizione al fuoco nemico per trenta metri del dottor Antoci. Nella mia esperienza, la mafia, quando costruisce un attentato, è millimetrica nei suoi attentati. Pensate a quel giorno dell’attentato di Capaci o alle tonnellate di tritolo in via D’Amelio, pensate all’attentato al giudice Palermo. Non muore Palermo, muoiono una donna e due bambini. L’unico attentato a mia memoria dove la mafia ha mostrato scarsa professionalità ha riguardato un mio collega e amico. Si chiama Rino Germanà. Si inceppò la pistola a Bagarella. Lì, sui Nebrodi, o la mafia ha fallito o ha fallito come nel caso del mio amico Rino”.

13.22 Fava: “La mafia ha agito o ha subito? Secondo noi, in questo caso la mafia se ne frega. Quell’attentato non crea certamente un clima favorevole per i ricorsi che pochi giorni dopo sarebbero stati esaminati al Tar proprio sull’uso di quei fondi. Non credo che la mafia avesse questo interesse”.

13.16 Fava: “Non ci sono tracce della presenza della mafia. A parte le presenze segnalate quella sera e poste al vaglio strettissima. La nostra è una conclusione di necessità che forse meritava un ulteriore approfondimento. Ci è stato detto che era inutile un confronto tra Manganaro e Ceraolo che danno interpretazione del fatto completamente diverse. Ci sembra una risposta irrituale, visto che ci è stato detto che queste persone erano troppo accorte per essere sottoposte a un confronto. Eppure mi sembra che Pippo Calò e Masino Buscetta fossero persone molto accorte, ma furono sottoposti al confronto. Manganaro e Ceraolo raccontano due cose diverse: uno dei due mente. Riteniamo che chi ha strumenti più cogenti dei nostri avrebbe potuto fare un confronto che avrebbe avuto dei rilievi penali nel caso di dichiarazioni false. Credo ci sia stato leggerezza da un lato, imbarazzo dall’altro. Come ci è stato detto in qualche caso in audizione: ‘In effetti, in effetti… ‘. Noi siamo intervenuti anni dopo i fatti, se tutto ciò fosse stato fatto nell’immediatezza crediamo che qualche elemento in più si sarebbe potuto ottenere. Se Ceraolo dice il falso, andava indagato, non certo far finta di nulla”.

13.03 Presente alla conferenza anche il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè: “La mia presenza in questo caso è la conferma del mio appoggio a questa iniziativa così come alle precedenti. Voglio fare i complimenti a questa commissione per il lavoro, molto coraggioso, minuzioso e preciso. Questa commissione sta lavorando in maniera straordinaria, non mi sembra che nelle precedenti legislature ci sia stata una commissione così attenta e precisa. Sono anni in cui stanno emergendo tanti dubbi e anomalie: da Borsellino, a Montante a questo caso. Solo un lavoro fatto bene poteva portare a risultati così importanti. Andate avanti”.

13.00 Di Marco: “Gli stessi inquirenti hanno avanzato alle persone informate dai fatti tutte queste domande, sollevando i dubbi sulla dinamica dell’attentato. Ma di questi dubbi non abbiamo traccia nella richiesta di archiviazione. Così, per questo la commissione ha concluso in questa direzione: la triplice ipotesi riguardo al fatto criminoso”.

12.44 Di Marco: “Nessuno ha preso in considerazione il fatto che l’attentato è stato compiuto in una strada statale, che andava interrotta nel momento esatto e in entrambe le carreggiate. L’attentato sarebbe avvenuto quindi senza questi presìdi e ciò ci spinge a qualche dubbio. In occasione del fatto non è stata nemmeno avvisata la centrale operativa. Vi faccio un esempio: qualche giorno fa, una donna è stata uccisa dall’ex marito e immediatamente sono stati disposti i posti di blocco, cosa che qua non è avvenuta. Le armi non erano adeguate a forare la blindatura dell’auto di Antoci. Manganaro stesso dice: ‘Ci voleva il tritolo’. Poi c’è l’opinione non marginale del dottor Cavallo (uno dei pm dell’inchiesta, ndr), che esclude che si sia trattato di un attentato mafioso, perché le modalità del fatto non inducono a ritenere che la mafia possa aver compiuto i fatti così rozzamente. Lui propende più a un atto intimidatorio per evitare l’attività meritoria di Antoci sull’utilizzo dei Fondi europei. E ancora, il sindaco Calì dice di non avere avvertito alcuna preoccupazione quella sera e tanto meno ha parlato di ‘vedette’. Di ‘vedette’ parla di sua iniziativa solo il dottor Manganaro, poi in sede di audizione ammette di avere usato quel termine impropriamente. Il maresciallo Lo Porto, sulla ‘caratura criminale’ delle persone indagata, parla di gente incapace persino di fare un furto di vitelli. Non solo: Lo Porto si stupisce che non ci sia stato un fuoco incrociato e inoltre aggiunge, per esperienza personale, la difficoltà della fuga in una situazione di buio pesto: la fuga attraverso il bosco è assai complicata. Fatti messi in rilievo anche dalla polizia scientifica di Roma. Il caposcorta Santostefano dice di non avere ricevuto nessuna segnalazione sul pericolo affermando che in caso contrario non avrebbe certamente guidato l’auto a 55 chilometri orari e che certamente avrebbe chiesto l’intervento di altre forze dell’ordine. Altro fatto da segnalare è il prelevamento di Antoci dalla vettura e lo spostamento nell’auto di Manganaro distante 20-30 metri, portandolo nell’auto non blindata, esponendolo al rischio di essere attinto dai colpi degli attentatori. Gli agenti poi sono lasciati per venti, trenta minuti da soli al buio, alla mercè di eventuali attentatori. Anche i tre colpi… è possibile che l’attentatore al buio pesto possa attingere la vettura con appena tre colpi in un punto preciso dalla vettura? Altro fatto poco ragionevole è nelle dichiarazioni di Manganaro che non avverte la scorta di un pericolo che aveva avvertito. La prima cosa da fare era avvisare la scorta, per avvisarli di stare attenti. Altro elemento di riflessione: gli attentatori come sono fuggiti? Da un lato il buio pesto, dall’altro il bosco fitto. La stessa polizia scientifica solleva dubbi in questi senso. Infine, se volevano usare le molotov, avrebbe avuto senso sparare le molotov verso la vettura, prima di sparare, per costringere le persone a uscire dall’auto”.

12.39 Fava: “Chi avrebbe costruito l’eventuale messinscena? Se rimanesse una delle ipotesi in campo, in seguito a eventuali indagini, innanzitutto si partirebbe da qualcuno dei presenti all’attentato. Se c’è simulazione, deve esserci stata la partecipazione almeno di alcuni dei presenti. Al momento ovviamente non possiamo attribuire responsabilità a qualcuno in particolare dei presenti. Antoci sarebbe stato a quel punto vittima”.

12.37 Fava: “Il commissariato di Sant’Agata sta all’attentato di Antoci come starebbe il commissariato di Mondello all’attentato dell’Addaura. In un episodio del genere, la prassi vuole che si attivino tutti gli strumenti investigativi presenti sul territorio nazionale. E immediatamente sul territorio, non da Roma e dopo due anni. Abbiamo chiesto a chi avviò le indagini e le risposte sono quelle registrate da questa relazione”.

12.33 Pappalardo: “Sulle morti dei due poliziotti, penso che a volte la realtà superi la fantasia. Ma non ritengo quei fatti rilevanti per la focalizzazione dell’evento criminale oggetto della nostra inchiesta”.

12.26 Pappalardo: “Siamo di fronte a un attentato di estrema gravità, di rilevanza nazionale. E il commissariato di Sant’Agata di Militello riceve la delega per le indagini dei magistrati. Mi permetto di dire che il commissariato di Sant’Agata di Militello non scompare mai. Per fatti di questa gravità, commessi con danni alle persone, si danno delle indagini dirette e indirette. Quelle dirette che promanano dalla constatazione dei luoghi e dei fatti, quelle indirette partono dopo e riguardano i moventi, l’opportunità. Le indagini indirette sono state tutte condotte e anche esaustivamente, con analisi dei tabulati, intercettazioni ambientali e telefoniche e tutto questo non ha condotto a nulla. E opportunamente è stato emesso un decreto di archiviazione. Ma se mi limito alla prima fase, l’isolamento di quei luoghi, la scarsa luce di quei luoghi, hanno un linguaggio muto: le voci dei fatti non hanno prodotto nessun effetto. Ma avrebbero meritato semmai ulteriori approfondimenti. E l’archiviazione mi fa pensare che quei fatti non sono stati tenuti nella debita considerazione. Io avrei approfondito quei fatti sul piano investigativo. Questa vicenda, proprio sulla base del piano investigativo, avrebbe meritato un maggiore approfondimento”.

12.24 Di Marco: “Questa è una prima contraddizione tra le dichiarazioni di Manganaro e quelle di Calì che ha confermato anche in commissione dopo averlo detto ai pubblici ministeri”.

12.22 Fava: “Il sindaco di Cesarò Calì in commissione ci ha detto di averci ripetuto quello che aveva detto ai magistrati. Cioè che non aveva mai usato il termine ‘vedette mafiose’. Il sindaco ha detto che in un paese così piccolo tutti si conoscono e il fatto di incontrare alcuni compaesani pregiudicati per abigeato o false fatturazioni nell’unico luogo pubblico del paese, era assolutamente normale”.

12.20 Pappalardo: “Nella valutazione oggettiva dei fatti, abbiamo tenuto conto soltanto della progressione dei tempi, dei fatti relati al luogo”.

12.19 Di Marco: “La terza ipotesi è stata formulata stando ai dati oggettivi di cui noi ci siamo occupati, proponendo le nostre conclusioni alla commissione parlamentare”.

12.15 Fava: “Perché Antoci? In questi anni abbiamo visto di tante presunte intimidazioni. Ma questa è una questione diversa: questo sarebbe il più clamoroso e inedito attentato stragista nella storia della mafia in Sicilia. E sul quale la Procura dice che non ci sono colpevoli e persino la matrice mafiosa assume sfumature assai signifricative. Ci sembrava opportuno che la Commissione antimafia approfondisse. Sarebbe comunque un fatto di enorme gravità: sia che un fatto del genere si concluda senza un colpevole, sia che l’ipotesi della messinscena fosse la più attendibile e in questo caso fosse un reato”.

12.07 Fava: “Tutti stupiti e delusi da Antoci. Ci saremmo aspettati parole di gratitudine. E invece ha definito la relazione vergognosa, nonostante noi abbiamo messo in luce il suo importante lavoro e lo abbiamo definito comunque vittima. Vogliamo però precisare che questa commissione non ha letto, né acquisito, né ricevuto alcun anonimo. Tutto il lavoro fatto è frutto di atti giudiziari acquisiti e delle 23 audizioni. La commissione non ha lavorato sui ‘si dice’, ma sulle audizioni delle persone, molte delle quali erano testimoni. Non abbiamo seguito né pregiudizi né fantasmi. Abbiamo acquisito dati oggettivi. Terzo punto: la commissione ha concluso i suoi lavori dicendo che delle tre versioni, la meno plausibile è quella dell’attentato mafioso con intenzioni omicidiarie. Da nessuna parte abbiamo scritto che la più plausibile è la messinscena. Noi diciamo che la prima è la meno probabile, non è un caso che a questa conclusione arrivi anche uno dei pm che ha firmato l’archiviazione. Ultimo punto: ho letto la parola mascariamento. Da Lumia addirittura sento parlare di un complotto mafioso teso a delegittimare la vera antimafia. Se da eventuali indagini non nostre dovesse venire fuori una messinscena, sarebbe un reato e il signor Antoci si dovrebbe sentire mascariato da chi avrebbe simulato a suo danno l’attentato”.

12.05 Fava è accompagnato dai due consulenti. In sala diversi componenti della Commissione antimafia.


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