“L’antimafia ‘folk’ di Montante | Era il ventriloquo dei politici” - Live Sicilia

“L’antimafia ‘folk’ di Montante | Era il ventriloquo dei politici”

Nella foto, il tribunale di Caltanissetta

Il giudice Luparello: "Si assisteva ad una atopizzazione del potere, avulso dalle sedi proprie e sottratto ai suoi formali detentori".

L’antimafia di Montante? Era un po’ folk. Così si legge nelle motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna a 14 anni per l’ex presidente della Confindustria siciliana. Altrove, invece, il giudice Graziella Luparello parlerà anche di una antimafia “iconografica”. Poco più che una finzione, poco più che una recita, insomma. È stata, questa, l’antimafia che ha puntellato il vecchio governo regionale e che già sosteneva quello precedente, quello di Raffaele Lombardo, attraverso la presenza degli stessi esponenti politici.

“Montante – scrive il giudice – all’esito di quanto fin qui ricostruito, non appare ergersi quale paladino dell’antimafia, come i suoi difensori lo hanno definito, a meno che della parola ‘antimafia’ non voglia ammettersi, con licenza di deragliamento semantico, un uso un po’ “folk”, nel quale sia sufficiente accusare taluno – magari un avversario o un competitore – di appartenenza alla mafia per autocelebrarsi quale esponente dell’antimafia”. Non c’è ancora il tema politico, in questa sentenza. O meglio, non è quello centrale, visto che troverà spazio in un altro filone, tutt’ora in corso. Ma il contesto emerge chiaramente dalle oltre 1.700 pagine della sentenza.

Una antimafia come “strumento di potere” quindi, di delegittimazione, di diffamazione dell’avversario. Erano gli anni in cui la mafia – e quindi l’antimafia – era ovunque. Anche se ciò non emergerà dalle inchieste. Dai piloni delle autostrade a ogni angolo di ufficio pubblico, fino a più o meno accertate intimidazioni (proiettili che arrivavano nei Palazzi, case che prendevano fuoco). Erano gli anni in cui la politica vicina a Montante, a partire dallo stesso governatore Rosario Crocetta, non risparmiava visite in Procura per depositare clamorosi dossier che avrebbero finalmente snidato il malaffare.

Nel frattempo, negli stessi anni, nelle stesse ore, si legge nella sentenza, Montante era “il motore immobile di un meccanismo perverso di conquista e gestione occulta del potere, che, sotto le insegne di un’antimafia iconografica, ha sostanzialmente occupato, mediante la corruzione sistematica e le raffinate operazioni di ‘dossieraggio’, molte delle istituzioni pubbliche, sia regionali che nazionali, dando vita ad un fenomeno che può definirsi plasticamente non già come mafia bianca, ma mafia trasparente, apparentemente priva di consistenza tattile e visiva e, perciò, in grado di infiltrarsi eludendo la resistenza delle comuni misure anticorpali”.

Se ne parlerà nello specifico in un altro momento, come detto, delle presunte “interferenze” di Montante sul governo regionale. Ma intanto, ecco già un assaggio: “Particolarmente significative si rivelano” alcune conversazioni, scrive il giudice, che “dimostrano le pesanti ingerenze che Montante riusciva a esercitare nella più volte menzionata società Ias e, in generale, nella politica regionale”. E così, la vicenda relativa alle nomine dell’ente siracusano dell’acqua appare come un esempio “in scala” della rete di potere stesa sulla politica regionale. “Si assisteva , in altre parole, – si legge nella sentenza – ad una atopizzazione del potere, avulso dalle sedi proprie e sottratto ai suoi formali detentori, in favore di un soggetto terzo, nella specie Montante, privo di formale legittimazione o investitura, che parlava e decideva – abile ventriloquo – articolando meccanicamente le fauci altrui”.


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