"Non è il 'Generale' | ma un favoreggiatore" - Live Sicilia

“Non è il ‘Generale’ | ma un favoreggiatore”

Depositata la motivazione della sentenza. "C'è stato uno scambio di persona"

TRATTA DEI MIGRANTI
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PALERMO – Non era “il generale”, uno dei più pericolosi trafficanti di uomini, ma neppure un ingenuo falegname. Lo scambio di persona ci fu, ma l’imputato è comunque coinvolto, secondo i giudici, seppure soltanto come favoreggiatore, nel traffico di migranti.

La Corte di assise di Palermo ha depositato le motivazioni della condanna a 5 anni di reclusione inflitta lo scorso luglio Medhanie Tesfamariam Bere. È questa la vera identità, non quella di Mered Medhanie Yedhego, dell’uomo arrestato in Sudan ed estradato nel 2016 in Italia con l’accusa di essere a capo di una pericolosa organizzazione criminale. I giudici contestualmente ala condanna avevano disposto la scarcerazione dell’imputato perché la misura cautelare prevista per il favoreggiamento dell’immigrazione può avere una durata massima di tre anni. Nello stesso sono processo sono stati condannati Eyasu Afomia, Traorè Arouna Said (cinque anni e tre mesi ciascuno), Tereke Andebrahan (cinque annui e due mesi), Hussein Muktar (quattro anni e nove mesi).

È stata una partita giudiziaria aspra quella fra accusa e difesa. “A fronte degli elementi di prova che consentono di escludere che l’imputato sia il trafficante Medhanie Yedhego Mered, ed in positivo di affermare che questi vada in identificato in Medhanie Tesfamariam Berhe, tutti gli ulteriori dati fattuali, pur valorizzati nell’ottica accusatoria, sono assolutamente inconsistenti e inadeguati a minare l’errore di persone”: così scrivono i giudici del collegio presieduto da Alfredo Montalto. Sul punto ha fatto breccia la tesi difensiva dell’avvocato Michele Calantropo.

Medhanie Tesfamariam Berhe non era il generale ma, prosegue il collegio, “in particolar modo, si contesta al predetto di avere provveduto (in concorso con altri persone, ndr) alla organizzazione del trasporto, dal Sudan alla Libia e dalla Libia all’Europa, di un numero imprecisato di migranti, i quali, a fronte di siffatto ‘servizio’ avrebbero pagato dei soldi. Ci sono dei contatti telefonici che lo confermerebbero.

Adesso, lette le motivazioni della sentenza, si profila una nuova battaglia giudiziaria. La Procura dovrebbe fare appello affinché venga smentita la tesi dell’errore di persona, e la difesa per dimostrare che Medhanie Tesfamariam Berhe non è neppure un favoreggiatore.


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