"I conti? Non c'è da preoccuparsi| Passi avanti verso l'accordo" - Live Sicilia

“I conti? Non c’è da preoccuparsi| Passi avanti verso l’accordo”

Intervista a Gaetano Armao. L'assessore è ottimista sul confronto con lo Stato. E risponde alle critiche forziste.

L'intervista
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6 min di lettura

PALERMO – Gaetano Armao ostenta ottimismo e calma olimpica. L’assessore all’Economia parla di “passi avanti” nel confronto sullo Stato che potrebbe sbloccare l’impasse sul congelamento delle somme per recuperare il disavanzo. Anche se ancora di certezze non ce ne sono, il macigno resta e i tempi sarebbero quasi maturi per pensare al prossimo bilancio. Ma “l’interlocuzione col ministero dell’Economia” va avanti, assicura l’assessore, anche dopo il cambio di governo a Roma. E l’insediamento del Conte bis contro cui Musumeci e Armao sono andati in piazza a Roma a protestare. Ai compagni di partito che com’è noto lo vogliono fuori dalla giunta, Armao risponde senza toni accesi ma respinge le critiche mosse da Micciché e Milazzo.

Assessore Gaetano Armao, siamo arrivati alla fine dell’anno e ancora c’è un velo di incertezza sul bilancio 2019. Quanto c’è da preoccuparsi per la situazione dei conti della Regione?

“Non c’è da preoccuparsi. C’è una norma di attuazione dello Statuto già deliberata dalla Commissione paritetica che prevede un ripianamento decennale del disavanzo e un’interlocuzione in corso con il ministero. Abbiamo un’eredità molto difficile, due miliardi di disavanzo già accertati nel 2017 per la precedente legislatura e altri 400 risalenti alle precedenti”.

Ma come si è arrivati a questo?

“Nel dicembre 2015 si doveva provvedere al riaccertamento straordinario del disavanzo. A quel tempo fu accertato un disavanzo di 5 miliardi e a dicembre fu ridotto a 3, i 2 miliardi sono emersi oggi. È chiaro che questo disavanzo non era della precedente legislatura ma di tutto il pregresso. Il problema è che solo in quel momento si poteva fare il ripianamento trentennale. Noi siamo riusciti a spalmare un miliardo e mezzo in trent’anni, ma la residua parte deve essere spalmata con le norme correnti”.

E per uscire dall’impasse delle somme “congelate” cosa pensate di fare?

“La commissione paritetica ha previsto una norma che permette di spalmare le somme in dieci anni. Questo consentirebbe di affrontare meglio il problema”.

Lei però usa il condizionale, quindi di certezze non ce ne sono.

“La norma deve passare dalla Corte dei conti e dall’interlocuzione col Ministero dell’Economia. Il percorso non è concluso”.

Ma c’è un’interlocuzione con il governo nazionale? Con chi parlate?

“Col Mef, il gabinetto del ministro, i sottosegretari: abbiamo avuto un incontro la settimana scorsa. Alcune norme sono state già concordate, quando si definirà ci si dovrà confrontare con la giunta e con il Parlamento regionale. Però si sono fatti positivi passi in avanti. E ricordo che dai primi di agosto a fine settembre è rimasto tutto fermo perché è cambiato il governo”.

La vostra scelta di resistere alle impugnative del governo sui documenti contabili agevola questo confronto secondo lei?

“Ma certo che si resiste. Se si è approvata una norma che si ritiene fondata si resiste. L’impugnativa peraltro non è accompagnata da nessuna richiesta di sospensione. Noi abbiamo fatto degli approfondimenti e ci sono motivi significativi di fondatezza delle nostre posizioni suffragate dall’ufficio legislativo e dalla ragioneria generale”.

Dopo il cambio di governo a Roma, i rapporti come sono?

“Sono incentrati al massimo rispetto istituzionale. Non parlano parti politiche ma il governo dello Stato e il governo della Regione siciliana. Un dialogo tra istituzioni. Io non ho trovato nessuna modifica di comportamento al Mef dopo il cambio di governo”.

Parliamo del governo che Gaetano Armao vorrebbe che andasse a casa: lei ha partecipato alla manifestazione romana del centrodestra.

“Guai a confondere i due piani. Attenzione, la Sicilia non sta chiedendo un trattamento differenziato, o favori. La Sicilia sta chiedendo il riconoscimento di patti finanziari, di compartecipazioni ai tributi e un trasferimento di competenze. Così come è avvento nelle altre regioni a statuto speciale. Il rapporto istituzionale è incentrato a lealtà e correttezza. Poi è chiaro che la politica aiuta in un senso o in un altro ma, ripeto, io non ho trovato atteggiamenti particolari al ministero dopo il cambio al governo”.

Si avvicina l’appuntamento con la parifica della Corte dei conti, siete sereni?

“La questione è sempre quella del disavanzo. Ma il disavanzo del bilancio 2018 del governo Musumeci è di 800 mila euro su un bilancio di oltre 20 miliardi di euro. Le questioni non riguardano questa gestione ma il pregresso. E la questione cruciale riguarda il riaccertamento straordinario del 2015. Perché su quella riduzione da 5 a 3 miliardi il governo centrale pose una questione di costituzionalità e chiese al governo regionale di modificare la norma. La giunta del tempo si impegnò a ripristinare l’entità del disavanzo a 5 miliardi, cosa che poi non è stata fatta. Noi non stiamo qua a cercare il colpevole, vogliamo risolvere il problema. Poi, il debito è diminuito e ce l’hanno riconosciuto le agenzie di rating, stiamo riducendo il costo degli affitti, per la prima volta si è fatto un confronto tra la ragioneria e tutti i dipartimenti per verificare dove ridurre la spesa”.

Quindi tagli e ancora tagli?

“No, c’è anche un incremento delle entrate, in particolare dell’Iva dopo l’ingresso della fatturazione elettronica”.

Tornando indietro in questi due anni rivedreste delle scelte?

“Con un passaggio di consegne si poteva apprendere subito questa vicenda dell’impugnativa minacciata dallo Stato sul disavanzo. Lo avevamo chiesto e non c’è stato. Noi all’inizio del 2018 quando abbiamo fatto un’analisi della situazione economico-finanziaria, ci siamo basati sull’ultimo giudizio di parifica. E lì il disavanzo maggiore non c’era. Evidentemente è stato necessario un ulteriore approfondimento, sia per noi sia per la Corte. Di positivo c’è che il bilancio si potrà dire assolutamente trasparente e veritiero”.

Lei sa che il suo partito, diciamo un pezzo importante del suo partito, pensa a una sua sostituzione in giunta. Cosa risponde alle critiche che le vengono mosse?

“Io sono stato nominato assessore dall’onorevole Musumeci, che il suo pensiero lo ha espresso in Aula in modo generoso verso di me. Il presidente Berlusconi è stato altrettanto chiaro. Poi se c’è qualcun altro che ha idee diverse, in politica può succedere. Certo, se queste divergenze sono dovute al fatto che qualcuno pensava di dovere essere votato e non lo è stato questo non è un problema mio”.

L’onorevole Milazzo ha detto a Livesicilia di contestarle una scelta sulle ex Province che ha portato all’impugnativa, in merito alla quale Forza Italia l’aveva messa in guardia.

“La norma era composta da due parti. La prima parte era proposta dal governo e non è stata impugnata. Era l’attualizzazione del finanziamento da 540 milioni per le ex Province alla Sicilia in base all’accordo discusso con il governo Conte. Noi abbiamo previsto un’unica erogazione attraverso una operazione con la Cassa depositi e prestiti. Questo profilo non è stato oggetto di impugnativa. Poi è intervenuta in Aula su iniziativa delle opposizioni la richiesta di estendere queste risorse non solo a nuovi mutui delle ex Province ma anche a copertura dei mutui pregressi. Questo è stato il profilo impugnato. La critica ancora una volta non coglie nel segno”.

E come risponde all’accusa molto circostanziata rivolta in Aula dal presidente Micciché di non avere comunicato in modo chiaro con l’Assemblea quando si discuteva il collegato?

“Il presidente Musumeci è stato molto chiaro. Le comunicazioni sono state fatte. Fino al 9 agosto non era possibile avere un dato definitivo del disavanzo, lo si è avuto quando si è deliberato il rendiconto in giunta e il 9 settembre, quando l’Assemblea ha riaperto, è stata fatta una comunicazione alla commissione Bilancio”.

Lei si appella alla tradizione cattolico liberale, ma c’è ancora spazio per i moderati in questo centrodestra sovranista?

“Io penso proprio di sì, anzi. È noto che anche l’onorevole Giorgetti abbia prospettato l’adesione della Lega al Partito popolare europeo. Io sono vicepresidente del Ppe nel comitato delle regioni. Sono profondamente popolare. A mio avviso, quel che è certo è che il Partito popolare non può andare a sinistra. Per me l’Europa è un elemento di forza per la Sicilia, ovviamente con i miglioramenti necessari. Credo che ci possa essere un confronto leale all’interno del centrodestra”.

 


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