L'ira di Nello e il "mite" Micciché | Cosa cambia nel centrodestra - Live Sicilia

L’ira di Nello e il “mite” Micciché | Cosa cambia nel centrodestra

Musumeci in privato minaccia dimissioni se non salta il voto segreto. Intanto Minardo fa ritrovare Lega e forzisti.

Sono giorni caldi nel centrodestra siciliano. L’eco della sfuriata di Nello Musumeci in Aula dopo il capitombolo, l’ennesimo, della coalizione di governo sulla legge di riforma di rifiuti è ancora viva. E così la minaccia di Aventino del presidente della Regione che si è spinto a dire che il governo non tornerà in Aula se non si cambierà la disciplina del voto segreto che permette ai franchi tiratori di impallinare i provvedimenti “senza metterci la faccia”. Una posizione estrema che non è praticabile secondo il presidente dell’Ars Gianfranco Miccicihé, che da una parte dà ragione a Musumeci ma dall’altra registra anche la difficoltà di riformare la materia, senza il rischio che una legge per cassare il voto segreto non cada in Aula, paradossalmente, con voto segreto. Micciché ha detto di voler mettere mano alla pratica, per quanto complicata. Intanto, chi lo ha visto in questi giorni, racconta di un Musumeci molto rigido sul punto, tanto da dirsi pronto in camera caritatis persino alle dimissioni se non si supererà questo scoglio. “Io spero di no, sono pronto a sostenere la ricandidatura di Musumeci, ma non se si dimetterà prima”, ha detto durante il programma televisivo Casa Minutella Miccichè.

Insomma, la matassa è tutta da sbrogliare quando ancora c’è tutta la partita, delicatissima, dei conti da affrontare. E non ci sono solo i malumori e le ripicche dei singoli franchi tiratori. Fuori dall’Ars Musumeci deve gestire anche il rapporto con la Lega. Il governatore, malgrado i viaggi a Pontida e l’appassionato speech a Piazza San Giovanni, continua a essere guardato con un certo distacco dai referenti in Sicilia di Salvini. Stefano Candiani a Livesicilia, mentre apriva al “nemico” Micciché, non rinunciava a una stoccata al presidente della Regione. Prima commentando con un sorriso sarcastico che stando sentire Musumeci a Roma uno poteva pensare che la Lega governasse in Sicilia, e invece il Carroccio in giunta non c’è. E poi osservando che dei temi sollevati dal nuovo “mite” Micciché (il superamento del sistema delle autorizzazioni preventive) gli pare strano non parlarne con Musumeci. Una stilettata gratis, visto anche che il tema in questione non è di competenza regionale ma statale, e che peraltro sulla pubblica amministrazione la Sicilia ha legiferato quest’anno su impulso del governo regionale con norme che vanno nella direzione della sburocratizzazione. Ma tant’è. Il feeling tra Carroccio, o almeno un pezzo di Carroccio, e Musumeci non decolla. Proprio mentre i leghisti si mettono a parlare con Miccichè. Dopo un anno e mezzo di critiche e insulti, il presidente dell’Ars è dovuto scendere a più miti consigli. Berlusconi è stato categorico e riferendosi alla Carfagna ha detto che per chi vuole mettersi di traverso al patto di centrodestra, la porta è lì. Micciché non ha intenzione di rompere e a Roma ha parlato con Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega, grazie ai buoni uffici del pontiere Nino Minardo, già forzista, ma ormai spostatosi sul versante del Carroccio. È lui il garante del nuovo patto tra leghisti e berlusconiani in Sicilia, abbozzato a casa sua. Quello che in prospettiva nazionale vede un pezzo di Forza Italia e un pezzo di Lega propensi a una virata più morbida del Carroccio, che porti i leghisti col tempo nel Partito Popolare Europeo e sdogani Salvini accreditandolo come leader potabile per l’Europa.

E Diventerà Bellissima? Deve capire cosa fare da grande, ha detto solo pochi giorni fa in un evento pubblico a Catania Ruggero Razza. La scelta della neutralità fatta alle Europee non potrà certo ripetersi alle Politiche. Per le quali nel centrodestra ci si comincia a preparare, perché l’ipotesi che l’alleanza tra grillini e Pd tenga fino alla fine della legislatura inizia a farsi più ballerina. E anche in quest’ottica, il piccolo mondo centrista che gravita attorno a Forza Italia e che in Sicilia ha ancora un suo peso (Udc, Popolari, Idea Sicilia) è molto prudente verso le sirene renziane.

Sullo sfondo resta la pratica sempre rimandata del rimpasto. A cui si arriverà con nuovi assetti. E chissà che non sia questa l’occasione per fare entrare un tecnico in quota Lega. Ma prima c’è da risolvere il caso del voto segreto ed evitare che la legge sui rifiuti dopo tanto lavoro in commissione finisca alle ortiche. Non sarà, insomma, un fine anno privo di grane per il governo e la sua coalizione.


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