Dalla mamma alla clochard| Spaccaossa, i racconti dell'orrore - Live Sicilia

Dalla mamma alla clochard| Spaccaossa, i racconti dell’orrore

Mutilazioni per pochi euro. "Ho deciso di farmi rompere. Prima è entrata la mia amica, gridava..."

PARLANO LE VITTIME
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PALERMO – “Trovandomi in grosse difficoltà economiche, ho saputo da una mia amica che c’erano persone che simulavano incidenti stradali per incassare i relativi  premi assicurativi. E’ venuta a casa mia e mi ha proposto di guadagnare mille euro, io ho accettato la proposta e lei ha contattato Salvo La Piana al telefono. Ci siamo accordati per vederci, lei era con il suo compagno, che mi ha raccontato di essersi fatto rompere pure lui”.

Sono storie di profonda sofferenza, nate da contesti di povertà e degrado, quelle che continuano a venire a galla dalle indagini sui cosiddetti “spaccaossa”, al centro dell’ennesimo blitz della squadra mobile di Palermo, che stavolta ha fatto scattare nove arresti. Le dichiarazioni raccolte dagli inquirenti sono particolarmente inquietanti: ad essere protagonisti dei falsi incidenti, casalinghe, mamme, disoccupati, clochard. Tra questi, proprio una giovane donna, che ribadisce di avere accettato di essere coinvolta perché in quel momento non aveva un lavoro.

“Mi hanno detto che se mi fossi fatta fratturare mi avrebbe dato 600 euro per un arto e mille euro per la frattura di due, inoltre avrei avuto il 40 per cento del premio assicurativo. Io ero titubante  ed avevo provato a tirarmi indietro, ma mi hanno detto che avevano già affrontato delle spese per inscenare il sinistro per cui non mi sarei più potuta tirare indietro. A questo punto con la mia amica abbiamo deciso che io mi sarei fatta rompere solo un braccio mentre lei si sarebbe fatta rompere sia il braccio che la gamba”.

Chi accettava finiva nei capannoni dell’orrore, tra Villabate e Bagheria. E’ lì che gli “spaccaossa” entravano in azione, con tanto di mezzi rudimentali e anestetici. A confermarlo è il racconto di un’altra donna, che per seicento euro aveva accettato di sottoporsi alla violenza. “Mi hanno detto che un’infermiera – spiega – mi avrebbe fatto l’anestesia e che per non farmi sentire dolore e per attuare la frattura avrebbero usato una mazza di legno per sentire meno dolore. Mentre ero a casa loro mi hanno parlato di questa ragazza che era lì, non ricordo il nome…la chiamavano la “milanese”. Era una vagabonda che avevano trovato alla stazione e che si tenevano a casa in attesa di fratturarla, ricordo che poi ho rivisto questa ragazza dopo 3 o 4 giorni in ospedale”. 

Ma c’è anche una giovane madre di due figli, tra coloro che hanno accettato di farsi fratturare. Le avevano rotto la caviglia e il braccio per ottocento euro, soldi che secondo le indagini finivano nelle casse di Cosa nostra, tolte le spese da destinare a chi entrava materialmente in azione per mettere in piedi i finti incidenti. “L’ho fatto per i miei figli – ha raccontato la 27enne – non ho nemmeno urlato quel giorno perché mi avevano tappato la bocca”. Dopo essersi sottoposta alle violenze, la mamma è poi tornata sui suoi passi, non voleva più andare avanti. E ha denunciato la banda.

Ma i racconti dell’orrore non finiscono qui. “La prima persona che hanno “rotto” è stata la mia amica – dice agli inquirenti una delle ragazze coinvolte – ed io sono rimasta fuori ad aspettarla L’ho sentita che gridava. Lei è uscita e successivamente sono entrata io. Mi hanno fatto distendere a terra supina e mi hanno posizionato il braccio tra due mattoni. Mi tenevano la testa girata per evitare che io guardassi. Poi hanno proceduto alla rottura del mio braccio in due punti ma io non ho visto cosa mi hanno scagliato addosso. Poi mi hanno detto che dovevano recuperare una moto con cui simulare il nostro incidente. Ci hanno portato nei pressi dell’ospedale Buccheri la Ferla dove mi è stato presentato un uomo come avvocato. A quanto pare, poi è stata utilizzata la sua macchina per mettere in scena l’incidente.

Mutilazioni e ferite gravissime per poche centinaia di euro. “Uomini del disonore – ha detto il questore di Palermo, Renato Cortese dopo i nove arresti, non usando mezzi termini – difficile definirli in altro modo. Questa indagine conferma che i mafiosi si appigliano a qualunque cosa, anche speculare sulle mutilazioni della povera gente, per fare profitto”.

 


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