Perché le 'Sardine' | servono alla democrazia - Live Sicilia

Perché le ‘Sardine’ | servono alla democrazia

Basta con le domande inutili

Semaforo Russo
di
4 min di lettura

Spesso per analizzare i fenomeni sociali e politici che ormai si accavallano con un’inedita velocità devi porti la domanda giusta al fine di evitare conclusioni falsate già all’origine. Cosa voglio dire? Prendiamo lo stupefacente irrompere delle Sardine, a Bologna come a Palermo, a Firenze come a Catania, a Milano come a Roma. Appena si è compreso che non si trattava di una burla della cronaca, destinata ad esaurire i suoi effetti fantasmagorici nel giro di settimane, sono cominciate le perplessità dei benpensanti, gli ammiccamenti diffidenti di certa destra, i dubbi esistenziali di certa sinistra, le manie complottistiche, ovviamente di dimensioni internazionali, di populisti e sovranisti (avviene lo stesso a proposito della giovane Greta Thunberg).

Nella migliore delle ipotesi, sono fioccati giudizi sommari tipici di chi rimane impigliato, in buona o cattiva fede, tra appartenenze politiche e pregiudizi o non osa avventurarsi verso un’onesta spiegazione plausibile. Chi c’è dietro le Sardine? Ecco la domanda sbagliata che ti manda fuori campo. Sembra, in verità, esilarante spingersi a immaginare che nel backstage delle folle radunate dalle Sardine ci possa essere qualcuno che dalle stanze ammuffite di una segreteria di partito, dal bunker di una fredda multinazionale o dal caveau di una banca (i famigerati poteri forti) abbia diabolicamente pianificato tutto fregandosi le mani per l’ottimo risultato raggiunto; chissà, poi, per quale scopo perverso.

Oggi nessuno, manipolatore, partito, leader politico, banchiere, troika, saprebbe e potrebbe “convocare” tanta gente e simultaneamente in tante piazze d’Italia fino a espandersi in Europa. Nessuno. Anche la novità dei grillini, all’alba del loro successo, non è minimamente paragonabile per un motivo lampante: lì c’era un leader unico e indiscusso, Beppe Grillo. A guidare i leghisti con rosari e crocifissi al grido “il Piave mormorò, non passa lo straniero” (non gli austriaci ma invasori dalla pelle nera) non ci sono quattro studenti intraprendenti ma un furbo e navigato politico di finissima fattura, Matteo Salvini, che ti toglie calzini e mutande mentre cammini.

A capo delle Sardine no, gli ideatori sono ragazzi i cui nomi li abbiamo conosciuti dopo i fatti, prima erano degli sconosciuti. Tentare di oscurare o sminuire la portata di un evento imprevisto e incredibilmente massiccio sul piano della partecipazione è una forma di cecità difficilmente comprensibile. “C’è dietro il Pd”, “così si favorisce Salvini”, “chissà quali mire hanno gli organizzatori” – addirittura hanno trascinato nell’arena Romano Prodi travestito da burattinaio – e commenti similari attualmente affollano i social e i talk-show televisivi. Con tutto il rispetto per qualunque opinione, non è possibile che dietro le piazze piene ci sia il lupo cattivo se a noi non piacciono mentre sono candide se ci piacciono. Non funziona così.

Quando le piazze si riempiono senza la regia di un comico, di un capitano, di un ducetto al balcone vince la democrazia allo stato puro, nel bene e nel male. Né si può pensare che se mi esprimo liberamente contro l’odio – la radice dell’iniziativa “sardinesca” – le discriminazioni, il chiasso mediatico infarcito di bufale e panzane a scopo elettorale, per ciò stesso favorisco l’avversario; il silenzio non cambia le cose, al mio paese si chiamerebbe complicità. Cercare, invece, di capire pacatamente quali potranno essere gli sviluppi è sicuramente legittimo.

La domanda allora è un’altra: non chi ci sta dietro ma cosa ci sta davanti, ammesso che qualcosa davanti ci debba stare. Parecchi sperano in un nuovo partito o movimento pronto a candidarsi alle prossime elezioni. Personalmente non sono tra costoro. È sempre stato difficile, e diversi tentativi sono falliti nel corso dei decenni, in Italia e in Europa, tradurre la piazza in progetto politico e presenza nelle istituzioni. La ragione è semplice: il bisogno di una politica pulita, animata dai valori della nostra Costituzione e dai diritti irrinunciabili della persona, vicina alla quotidianità della gente non può trasformarsi in partito, cioè non può diventare “esclusiva” di una parte, di sedicenti missionari puri e duri con il compito di punire, redimere, separare il grano dalla zizzania.

Quando esplose la novità del M5S fui contento pur non aderendovi, ma misi in guardia i numerosi fan da un atteggiamento irrazionalmente fideistico che consacrasse una specie di spartiacque tra angeli e demoni. Lo feci forte dell’esperienza della Rete negli anni ’90, seppure all’epoca gli eccessi “giustizialisti” potevano essere giustificati da un’immensa questione morale dilagante nel Paese, dalla guerra innescata dalle stragi di mafia in Sicilia e dalle ruberie nei Palazzi del potere politico ed economico scoperte, con limiti ed errori, da Mani Pulite a Milano.

La realtà è molto più complicata, guai ad affidarsi a chi grida più forte, occorre affidarsi a chi è più credibile ovunque collocato. Movimenti come quello delle Sardine servono a rivitalizzare il cervello piatto che periodicamente colpisce la collettività, a rimettere in funzione gli anticorpi sopiti contro fascismi, razzismi, l’eccesso di semplificazione e il tentativo di alcuni di ingannare il popolo pro domo propria. Serve ai partiti esistenti che devono riconvertirsi a 360°, serve al sistema democratico oggettivamente minacciato da una classe politica incerta, priva di un’identità riconoscibile o capace solo di alzare muri, fomentare rancori e incapace di elaborare soluzioni dinanzi ai problemi “ordinari” di una nazione e a quelli epocali del mondo intero.


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