Virus e psicosi, affari a picco| Negozi e ristoranti vuoti - Live Sicilia

Virus e psicosi, affari a picco| Negozi e ristoranti vuoti

L'allarme dei titolari dei locali cinesi: "Grave calo del 50 per cento, ma da noi non c'è pericolo"

PALERMO – Sono più di duecento le vittime del coronavirus in Cina e ai mille  nuovi contagi nel Paese si aggiungono i casi sospetti in Europa. La paura è arrivata anche in Italia con i due casi accertati a Roma e il sospetto su un turista cinese a Palermo, trasportato all’ospedale ‘Cervello’ per gli accertamenti che dopo poche ore hanno confermato una normale influenza.

Una paura che si è ben presto trasformata in psicosi, al punto da svuotare i negozi orientali e i ristoranti del capoluogo siciliano, proprio come già accade nel resto di Italia. Nonostante l’OMS e il Ministero della Salute sabbiano ribadito che non c’è alcun possibile rischio contagio tramite il cibo, i locali vengono quotidianamente evitati. Sono proprio questi ultimi a pagare le conseguenze più care, visto che la presenza dei clienti è diminuita del cinquanta per cento circa. “Negli ultimi giorni gli affari sono crollati soprattutto nei ristoranti di più recente apertura – spiega Marco Mortillaro, commercialista e direttore della comunità ‘Cinesi d’Oltremare’ -. Una situazione critica alimentata da false convinzioni, come quella di non mangiare il sushi per non rischiare il contagio. Niente di più lontano dalla realtà, visto che i prodotti utilizzati non provengono dalla Cina: sono gli stessi che acquistano i titolari dei ristoranti italiani. Il pesce arriva dal territorio nazionale e in molti casi dalla Sicilia stessa”.

Risultato? Incassi a picco e lavoratori che rischiano già di tornare a casa. “Se le attività restano vuote e una squadra di dieci-dodici dipendenti non è più necessaria, rischia di essere dimezzata. Qualcuno ci ha già comunicato di aver messo in aspettativa gli addetti al servizio ai tavoli. I dipendenti dei ristoranti cinesi in città sono per la maggior parte palermitani, il danno dal punto di vista occupazionale sarebbe dunque molto elevato”.

La comunità di cinesi nel capoluogo, tra le più grandi dell’Isola, ha infatti negli ultimi anni assunto oltre duecento giovani. “I ristoratori cinesi – sottolinea Mortillaro – si riforniscono da aziende specializzate, in cui vengono effettuati tutti i controlli utili alla sicurezza del consumatore. I prodotti sono tutti tracciabili, è quindi possibile accertarne la provenienza in qualunque momento e ricordiamo che è vietato importare carni crude dalla Cina. E’ una comunità che vive con apprensione questi giorni, la psicosi è infondata, è meglio evitare allarmismi”.

Eppure, anche tra le attività della ‘Chinatown’ palermitana i clienti diminuiscono: “Da una settimana – dice il titolare di un negozio di abbigliamento nei pressi della stazione centrale – notiamo un calo di circa il trenta per cento. Sinceramente non ne capiamo il motivo. Siamo tutti preoccupati per quello che sta accadendo, ma di certo il contagio non avviene nei nostri negozi o tramite la nostra merce”. E proprio per questo, tra chi cerca di tranquillizzare i propri clienti ci sono anche i gestori di un ristorante giapponese.

“Salve carissimi clienti e futuri – scrivono sui social – vi volevamo rassicurare sui nostri prodotti e togliere qualche allarmismo. I nostri fornitori di carne sono i più grossi in Sicilia. I prodotti della cucina cinese sono di produzione propria. In quanto ad igiene siamo in regola in tutti i reparti e usiamo solo prodotti Ecolab leader nel campo della pulizia, e regolarissimi con la conformità igienica sanitaria, il personale idem. E’ formato all’ottanta per cento da palermitani, per il quindici per cento da indiani, rimangono i due titolari asiatici ma nati in Italia con rispettiva cittadinanza”. E, infine, la precisazione: “Nessuno di noi è stato in Cina negli ultimi cinque anni”.

Un allarme che ha spinto anche i titolari di un sushi bar di via Sciuti a Palermo a scrivere alcune righe per tranquillizzare la clientela: “I prodotti selezionati dal nostro locale sono 100% italiani e trattati secondo i termini di legge. Ognuno dei nostri dipendenti non ha contatti con la Cina da almeno 3 anni”. Ma la psicosi viaggia anche tramite sms e Whatsapp, seminando panico e paura. E’ il caso della fake news diffusa tramite i cellulari nel Catanese: “Avviso per i vari amici e parenti il coronavirus è arrivato in Italia, sarebbe opportuno non andare nei negozi cinesi o centri commerciali affollati. Il sindaco Pogliese – prosegue il falso messaggio – nelle prossime ore diramerà l’allerta per le festività Agatine. Grazie. Fate girare urgentemente”. Un testo al quale il Comune ha risposto con una denuncia alla polizia postale, smentendo categoricamente di averlo diffuso. L’amministrazione comunale parla di avviso “infondato” dai contenuti “arbitrari e falsi”.

Anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è intervenuto con una nota nel tardo pomeriggio, dopo il caso sospetto del turista cinese: “Il sistema dei controlli sulla possibile diffusione del Coronavirus ha funzionato bene e, in tempi brevissimi, mostrato che non vi è motivo per allarmismi. È una ulteriore conferma della necessità di non alimentare psicosi di alcun tipo.”


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