"Il pizzo suddiviso fra le famiglie"| In venti finiscono sotto accusa - Live Sicilia

“Il pizzo suddiviso fra le famiglie”| In venti finiscono sotto accusa

Avviso di conclusione delle indagini firmato dalla Procura di Palermo. Chi rischia il processo

PALERMO – Le famiglie mafiose si dividevano i soldi delle estorsioni. Così dissero gli investigatori della Squadra mobile che lo scorso marzo fecero scattare il blitz.

I pubblici ministeri Amelia Luise e Alfredo Gagliardi ora hanno chiuso le indagini e si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio per venti persone legate a diversi mandamenti mafiosi della città.

Ecco i nomi: Baldassare Migliore Francesco La Barbera, Fabio Chianchiano, Salvatore Lucera, Vito Scarpitta (tutti indagati per mafia), Tommaso Contino, Giuseppe Calvaruso, Salvatore D’Urso, Salvatore Amato, Vincenzo De Lisi, Silvio Guerrera, Giuseppe Messina, Sandro Diele, Giovanni Messina, Girolamo Taormina, Giuseppe Fricano, Giuseppe La Torre /tutti per estorsione), Antonino Giambona (intestazione fittizia di beni) Salvatore Verga e Francesco Di Noto (reati in materia di stupefacenti).

Numerosi gli episodi estorsivi documentati dagli investigatori. Costruttori, imprenditori edili e titolari di ditte di movimento terra, imprenditore del settore alimentare, vivaisti, gestori di lidi balneari: tutti accomunati dal fatto di avere subito le angherie mafiose. Pagavano il pizzo e lo hanno ammesso solo dopo essere stati messi di fronte all’evidenza.

Un costruttore – ed è il caso più pesante dal punto di vista economico – versò 35 mila euro di “messa a posto” per evitare guai nel cantiere per la costruzione di 14 villette. Se l’attività ricadevano in più zone le famiglie mafiose di riferimento si dividevano gli incassi del pizzo.


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