Paolo, le coltellate e il sangue | Ma il suo sorriso è ancora vivo - Live Sicilia

Paolo, le coltellate e il sangue | Ma il suo sorriso è ancora vivo

Paolo La Rosa

Il delitto atroce di Terrasini e una ferocia che ci sorprende.

PALERMO- Hanno ammazzato Paolo, ma il suo bellissimo sorriso è ancora vivo nella canzone dei suoi ventun anni, nella sua faccia pulita, da poco più che adolescente, che non conoscerà né autunni, né inverni, nell’amore di chi ha percorso il cammino accanto a lui e non lo abbandonerà mai.

Lo hanno ammazzato – secondo la cronaca fin qui disponibile, mentre le indagini sono in corso – accoltellato davanti a una discoteca, in una notte normale, che si è trasformata in un massacro per un cortocircuito che non riusciamo a capire.

Questa oscurità è il mastice di una tragedia atroce, la chiave di una patologia che non comprendiamo. Mentre, giustamente, cerchiamo vaccini e rimedi per salvare i corpi dall’epidemia più fresca in agenda, poco ci curiamo della peste dell’anima. E quando sono le facce pulite dei ragazzi a campeggiare nella foto che annuncia la catastrofe, il senso di smarrimento è compiuto.

Hanno ammazzato Paolo, ma qualcosa di lui manterremo in vita se ci sforzeremo di non chiudere gli occhi, se scruteremo nel buio per stare vicini alle ombre nel cuore dei ragazzi.

Spesso ci risultano ignoti e lontani, i ragazzi. Li definiamo con la sociologia, li osserviamo al microscopio, abbiamo la pretesa di imbrigliarli con la tecnica. Ma ci sono grida d’aiuto, solitudini e mostri che – chissà – non ci sarebbero se, al posto dei buoni consigli elargiti dall’alto di fallimenti sperimentati, si riuscisse a mettere in circolo più affetto e una vera disponibilità all’ascolto.

Le coltellate che spengono una vita appartengono alle scelte e alla responsabilità personali, ma il contesto che sembra emergere da questa e da altre storie allude allo sradicamento, alla solitudine, a mondi che viaggiano separati dal resto con i propri codici tribali di autoregolamentazione. C’è, spesso, un modo di essere adulti che non indica la rotta ai più giovani. C’è una latitanza di esempi – tutti siamo chiamati in causa – che rappresenta il precipizio supremo. Non ne siamo consapevoli, ecco perché restiamo sorpresi dalla ferocia che non abbiamo ravvisato in tempo.

Hanno scritto, in un documento, gli amici di Paolo: “Chi era presente a quell’aggressione ha dimostrato di non avere riflettuto nemmeno per un istante sul fatto che Paolo La Rosa desiderava vivere e, con la giovane età che ci accomuna, costruirsi un futuro. Sarebbe diventato marito e padre? Avrebbe avuto una sua famiglia? Fra qualche anno avrebbe ricordato con noi i momenti spensierati della gioventù? (…) Episodi del genere non meritano molte parole né devono ispirare sentimenti di vendetta: in questo momento così tragico desideriamo tutti esprimere ancora una volta il nostro cordoglio e pensiamo sia giusto fare fronte comune affinché la violenza sia confinata fuori dal perimetro delle nostre comunità”.

E Loredana, la sua mamma, durante le esequie, ha quasi implorato: “Io vi chiedo un favore: non pensate di intervenire facendo in qualche modo vendetta, perché noi non vogliamo questo. Noi non vogliamo vendetta. Fatelo per Paolo. Noi crediamo nelle giustizia. Non vogliamo più né odio né violenza”. Lo hanno ammazzato ma è ancora vivo. Le parole di una madre non mentono mai. L’amore di una madre non muore mai.

LEGGI ANCHE:

Accoltellato a morte, due paesi sotto choc

Così è stato ucciso Paolo

Cento firme per Paolo


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI