"Violenza sessuale in ospedale"| Infermiere assolto in appello - Live Sicilia

“Violenza sessuale in ospedale”| Infermiere assolto in appello

Era stato condannato a tre anni e mezzo. Il caso nasceva da una presunta ispezione rettale

PALERMO – Il fatto non sussiste. Sentenza ribaltata. L’infermiere è stato assolto, dopo che in primo grado era stato condannato a tre anni e mezzo di carcere per violenza sessuale, esercizio abusivo della professione medica e falso. La sentenza è della terza sezione della Corte di appello presieduta da Antonio Napoli.

Il processo nasceva dalla denuncia di una donna. Raccontò di essersi recata una sera di ottobre del 2014 al Pronto soccorso dell’ospedale Giglio di Cefalù. Aveva un dolore al petto. Ad accoglierla trovò l’infermiere, S.G., che la fece accomodare in accettazione. Dopo averla visitata, facendo pressione con le mani nella zona del seno, l’infermiere le chiese se soffrisse di altre patologie. Fu allora che la donna gli spiegò del suo problema di emorroidi. A quel punto l’infermiere avrebbe eseguito un’ispezione rettale.

Stranita che per un dolore al petto fosse necessaria una visita anale, la paziente lo aveva riferito al marito che era andato su tutte le furie. La donna aveva calmato l’uomo a fatica. Qualche giorno ne aveva discusso con la capo sala dell’ospedale dove era tonata per un problema di salute della figlia. Della visita non c’era traccia nel referto e in ogni caso sarebbe stata di competenza di un medico, di certo non di un infermiere. Da qui l’avvio di un procedimento disciplinare, la comunicazione alla Procura di Termini Imerese e il processo.

L’imputato in primo è stato condannato in abbreviato pur negando con forza di avere mai fatto una ispezione rettale alla donna. In appello la Corte gli ha dato gli ha dato ragione. È passata la linea del collegio difensivo composto dagli avvocati Marcello Montalbano, Claudio Li Vecchi e Andrea Bellafiore. Una linea basta sulla tempistica.

L’accesso della paziente al Pronto soccorso era stato registrato alle 20:14 e il successivo, un caso grave, alle 20:19. In quei cinque minuti l’infermiere aveva inserito i dati al Pc, fatto l’anamnesi, misurato la frequenza cardiaca ed eseguito l’esame per la saturazione. Insomma, non c’era stato il tempo di invitare la donna ad appartarsi in un’altra stanza ed eseguire l’ispezione rettale. Il racconto della parte offesa non è stato ritenuto credibile. Da qui l’assoluzione perché “il fatto non sussiste”.

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