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La politica che fa i favori | E la gente? Li chiede…

Voglio vincere la prossima campagna elettorale? Per strada a fare lo spicciafaccende

DALI' A QUI
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3 min di lettura

“S’un fai accussì, voti unni pigghi”.

Parliamoci chiaro, la questione morale (che sarebbe il caso di riportare al centro del dibattito, purché scevra dai parossismi populisti degli ultimi anni) non riguarda solo politici e burocrati, riguarda la gente. Tutti. Siamo tutti coinvolti e responsabili, perché professiamo tutti un solo credo: lo scambio (e non per forza nel senso penalistico del termine).

Il burocrate che prende soldi, il politico che si fa offrire cene, la gente che vota a convenienza. Questa è la politica da queste parti, questa è la percezione delle istituzioni. Una desolante landa popolata di spietati cacciatori di profitto e approfittatori alla bisogna. Un continuo frullatore di richieste (delle più disparate) e di accondiscendenza. Un paese dei balocchi, dove i pochi ingenui fanno gli asini e gli scaltri rimangono scaltri.

Adesso tutti qui, a gridare allo scandalo, a leggere queste notizie con quell’aria un po’ basita e un po’ raccapricciata, pronti a proiettare sui profili l’indignazione. Ma quanti di voi, in una qualsiasi campagna elettorale, promettono il voto a una decina di candidati chiedendo qualcosa ad ognuno di loro? Quanti di voi, poi, vanno a bussare alla porta degli eletti (naturalmente tali grazie alla vostra plurima preferenza), per chiedergli qualcosa? Quanti di voi hanno detto, almeno una volta nella loro vita: “per questo cornuto non ci voto più, ci addumannavu na coittesia e mi lassó n’tririci”? Quanti di voi scambiano un diritto per un favore ed un dovere per una concessione?

Io lo so bene, l’ho vissuto nelle tante campagne elettorali che ho perduto e lo vivo quotidianamente nell’esercizio del mio incarico in un ente pubblico. Ho visto consiglieri di circoscrizione alzarsi alle 4 del mattino per prendere il turno all’Inps. Ho visto politicanti pagare bollette (non certo, o non sempre, per filantropia) oppure acquistare biglietti dello stadio. Ho visto assessori finanziare inutili progettini col bilancino tanto per accontentare tutti. E vedo il mio cassetto farsi ogni giorno sempre più ricolmo di curricula.

Voglio vincere la prossima campagna elettorale? Semplicissimo: per strada tutto il giorno, a fare lo spicciafaccende (col telefonino sempre in mano perché devi rispondere a tutti … “il numero sempre quello è …”); e poi nelle stanze giuste a gabbare il consenso dei grandi elettori con qualche posto di lavoro dato ad hoc (“anche interinale va bene, dottore, il grosso è entrare, poi …“); poi ci mettiamo qualche affaruccio, perché le campagne costano, ed è fatta. Eccovi servito l’ennesimo consigliere, deputato o quello che volete. Sì, proprio quello che volete, proprio quello che vuole la stragrande maggioranza della gente, che se ne strafrega del bene comune e vuole dalla politica e dal sistema solo il bene proprio. E guai a dire “no, sta cosa non si può fare”, perché se t’azzardi a rispondere così hai il malo carattere e ti scordi degli amici.

Per carità, siamo tutti clientelari, se clientelare vuol dire aiutare o agevolare una persona vicina nei limiti del lecito e dell’opportuno; ma fare della clientela un esercizio sistemico, assoggettarsi alla cultura dello scambio in modo così totalizzante da renderlo una pratica quotidiana, no. Palermo è la capitale della cultura cettoqualunquistica, è la mammella che allatta senza sosta la borghesia con i soldi e i borgatari con i voti. E su questo pantano attecchisce più facilmente il malaffare, la mala politica, la malavita.

Ecco perché la questione riguarda tutti.

Quanto ai burocrati, poi, il problema non è la corruzione (quello è un problema che riguarda l’uomo), il problema è la burocrazia stessa, lenta, talvolta pavida talaltra spregiudicata, arzigogolata, elefantiaca, bizantina. A questo dovrebbe pensare la politica, peccato che è impegnata a fare favori e a risolvere il problema dei suoi elettori; e questi, finché avranno i loro problemi risolti, continueranno ad esserne elettori. E la ruota gira …


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