RIESI (CALTANISSETTA) – Primo caso di COVID-19 a Riesi, un paesino della provincia di Caltanissetta di circa dieci mila abitanti. Riguarda un medico di 69 anni che esercita la propria professione nel suo ambulatorio. Il professionista ha iniziato ad accusare i primi sintomi febbrili 5 giorni fa e sabato mattina si è sottoposto al tampone a domicilio che è stato inviato a Palermo. Nel tardo pomeriggio le sue condizioni si sono però aggravate, così è stato accompagnato presso l’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta e sottoposto ad una tac e ad un secondo tampone poiché i risultati, da Palermo, sarebbero stati pronti in tre giorni. Dagli esami fatti al nosocomio nisseno il medico è risultato positivo al COVID-19, affetto da una polmonite importante e in questo momento si trova ricoverato in Terapia intensiva.
Dopo l’ufficialità dei risultati sono stati attivati una serie di procedure di sicurezza. “I familiari più stretti (la moglie, la figlia e alcuni parenti che hanno avuto un contatto ravvicinato) sono tutti in quarantena vigilata a casa e per tutti è stato previsto il tampone>” ha spiegato il sindaco Salvatore Chiantia, raggiunto telefonicamente. “Adesso si stanno adottando i protocolli ASP per ricostruire la rete di relazioni che lui ha avuto, soprattutto negli ultimi 15 giorni”.
Anche qui, come del resto in altri parti d’Italia, ad essere contagiati, per primi, sono proprio i medici. Dalla ricostruzione fatta, il medico avrebbe ricevuto i pazienti nel proprio ambulatorio fino a lunedì 16 marzo. Sulle modalità attraverso cui sono state fatte le visite ambulatoriali c’è però qualche dubbio. Alcuni pazienti confermano di essere stati visitati senza l’adozione dei dispositivi di sicurezza. A tal proposito il primo cittadino ha smentito questa ipotesi: “Per quello che sappiamo noi, il dottore ha adottato tutti i dispositivi di sicurezza e anche l’ASP è convinta di questo. Inoltre, insieme ai carabinieri stiamo accedendo allo studio del medico per recuperare le ricette prescritte e capire chi sono tutte le persone che lui ha incontrato in ambulatorio”.
Nessuna pista è esclusa e, ad oggi, sono circa 130 i riesini rientrati dalla zona rossa del nord Italia autodenunciandosi. Anche su di loro sono stati accesi sin da subito i riflettori: “Per tutti quelli che si sono autodenunciati è scattato l’obbligo della quarantena, monitorata dall’ufficiale sanitario, il quale ha sentito più volte in queste settimane tutti i rientrati per accertarsi del loro stato di salute”, continua il sindaco.
Uno squarcio nel cielo grigio di una domenica silenziosa e deserta che ha gettato nel panico l’intera comunità, caratterizzata da un numero elevato di anziani, e dove sempre più avanza il fenomeno dello spopolamento dei giovani e della dispersione scolastica dei giovanissimi. E così dopo l’annuncio ufficiale del primo cittadino, il “j’accuse” da parte di tanti riesini ha iniziato a rimbalzare da smartphone a smartphone intasando le chat di WhatsApp. Parole forti, dettate da rabbia e paura contro la famiglia del dottore.
Tra le notizie che maggiormente stanno circolando sembrerebbe che la figlia del medico sia rientrata tre settimane fa da Milano senza autodenunciarsi. Anche su questo punto il sindaco ha fornito le informazioni in suo possesso: “Che io sappia la figlia è stata a Milano ad ottobre per assistere al match di Champions League Inter – Borussia Dortmund (disputata il 23/10/2019 ndr). Negli ultimi mesi gli unici spostamenti sono avvenuti in Sicilia”.
L’accanimento di una parte dei riesini contro il medico e la sua famiglia ha spinto il sindaco Chiantia a fare, nel giro di poche ore, un video pubblicato sul profilo Facebook del comune di Riesi: “Stanno circolando degli audio su WhatsApp ignobili. Mi vergogno in questo momento di rappresentare la comunità. Non è possibile attaccare le persone che stanno male. Hanno bisogno della nostra vicinanza e del nostro aiuto. Chi si ammala di coronavirus non ha alcuna colpa anche perché ad oggi nessuno può dire qual è il motivo e chi ha potuto contagiare questa persona”. Quale possa essere il motivo del contagio abbiamo provato a chiederlo all’ufficiale sanitario incaricato di monitorare i soggetti che si sono autodenunciati, il dottore Fulvio Drogo. Raggiunto al telefono ci dice che non può rilasciare dichiarazioni in merito: “Queste sono le direttive dell’Asp di Caltanissetta, che sta sviluppando tutte le procedure richieste per il monitoraggio della situazione”. Abbiamo cercato di contattare il dirigente sanitario dell’ASP nissena, la dottoressa Marcella Santino, che però non ha mai risposto al telefono. Adesso la paura è tanta e oggi più che negli scorsi giorni le parole che si ripetono da bocca in bocca sono “restiamo a casa”.
Non sono di Riesi, ciononostante mi sono giunte le registrazioni che circolano sui social. Senza orma di dubbio, sono degne della più becera ignoranza e crudeltà. Tutti coloro che stanno esternando la loro rabbia via social, senza alcuna evidenza certa di come si sono svolti realmente i fatti, spero che possano un giorno rispondere di fronte alla magistratura italiana. Auspico che vengano tutti querelati per le ingiurie nei confronti del medico e soprattutto per il procurato allarme, con l’aggravante di aver utilizzato mezzi massivi di comunicazione. Purtroppo, il sonno della ragione genera mostri e quest’epoca sta mettendo in evidenza l’estrema maleducazione e cattiveria di alcuni individui. A cosa serve il miglioramento dell’istruzione pubblica se il risultato è un popolo con una formazione perlopiù basata sui talk show televisivi e su improbabili blogger improvvisati?
Non sono di Riesi ma ho amici medici di base di questo paese con i quali in tempi lontani ho lavorato in area di emergenza. Premetto che chi si assume la responsabilità del giuramento di Ippocrate presta la sua opera incondizionatamente per il bene del prossimo, e già ciò è da ammirare. Quando fuori si scatena il delirio dettato dal bisogno di un riferimento sicuro, il medico è lì ad ascoltarti e a prendersi cura di te. Pensate se così non fosse, pensate ancora una volte di essere soli davanti ad un male che non ha odore ne sapore, pensate a chi, pur essendo al corrente delle possibili conseguenze del contaggio, si appresta a visitarvi e darvi conforto, pensate a chi è disposto a sacrificare la sua di vita e quella dei propri cari pur di sostenervi, poi riflettete e datevi una risposta da soli.
Un abbraccio a tutti voi
“130 soggetti tornati dalla zona rossa” E’ in quella direzione che si deve indagare! Pensate che questi incoscienti, tornati al loro paesello, si siano messi tutti in quarantena? Qualcuno di questi o qualche parente o amico o conoscente entrato in contatto con uno di essi, magari asintomatico ha contagiato il dottore, che adesso deve subire pure gli insulti dei suoi conterranei!Ma in che mondo viviamo! L’untore cercatelo tra i 130!
quoto!
Incredibile, popolo bue, pronto a scagliare la pietra pur di nascondere la propria mediocrità di fallimento umano. La cosa ancor fastidiosa l’assenza dell’ASP.