Parrucchieri abusivi a domicilio| "Siamo alla guerra fra poveri" - Live Sicilia

Parrucchieri abusivi a domicilio| “Siamo alla guerra fra poveri”

I casi si ripetono. Il grido di allarme di Nunzio Reina: "La gente è disperata"

PALERMO – Se ne vanno in giro con grandi trolley. Piccole botteghe itineranti. I parrucchieri, uomini e donne, citofonano e salgono in casa. Due, tre, quattro, cinque appuntamenti in unico palazzo. È il lavoro sottotraccia dei parrucchieri nei giorni del Coronavirus. I casi si ripetono.

“L’abusivismo è inaccettabile, ma qui siamo alla guerra fra poveri”, dice Nunzio Reina, responsabile nazionale “Barberie Immagine e Benessere” di Confesercenti e presidente dell’Area Produzione Confesercenti Palermo.

Era stato Reina a lanciare la provocazione che se non fosse arrivato il via libera all’apertura dal 4 maggio in tanti avrebbero depositato le licenze. Quella data è vicina e non c’è alcuna certezza sul futuro: “In Italia fra acconciatori ed estetisti siamo in 500 mila, di cui migliaia in Sicilia – spiega -, prima del Coronavirus la percentuale degli abusivi si attestava sul 15%, oggi è salita al 26%”. Ed è destinata ad aumentare.

Reina fa il suo mestiere da decenni e gli basta uno sguardo per capire “che c’è tanta gente con i capelli tagliati, in piega e con i ritocchi fatti”. Dettagli che non passano inosservati. C’è la mano di un parrucchiere professionista, il fai da te non c’entra: “Anche io sono stato chiamato e ho detto no. I miei dipendenti sono stati chiamati e hanno detto no, ma non tutti rispettano le regole e il mio telefono continua a squillare. Ci sono persone disperate… ”.

Reina si commuove: “Molti non riapriranno, hanno locali piccoli e non potranno adeguarsi alle misure di sicurezza, non saranno in grado di continuare. Ci riuscirà solo chi ha grandi spazi a disposizione, ma nulla sarà come prima. Andare dal parrucchiere o in un centro estetico è un momento di relax, non siamo in un ospedale”.

Sono tutti pronti a rispettare le regole: distanziamento, lavoro su appuntamento, mascherine e dispositivi per controllare la temperatura dei clienti se sarà necessario, misure igienico sanitarie ancora più stringenti di quelle già in vigore per una categoria abituata alle restrizioni: “Dateci il via libera e ci faremo trovare pronti per garantire la sicurezza, nostra e dei nostri clienti”.

Reina sa che, però, non basterà: “Siamo chiusi da due mesi, paghiamo gli affitti, le bollette e dipendenti che ancora non hanno preso la cassa integrazione. Dovremmo farcela con i 600 euro che ci dà lo Stato e che non tutti hanno ricevuto? È come se alla riapertura io chiedessi al cliente di pagarmi anche i tagli che non ha fatto in questi due mesi. Mi creda, la mia non è una difesa sindacale della categoria, ma un impegno sociale perché presto si dovrà dare una mano a chissà quanti nuovi disoccupati. Fino al 4 maggio so che resisteremo, ci proveremo, ma fare slittare ancora le aperture creerà un allarme sociale. La gente va aiutata, altrimenti quella percentuale del 26% di abusivismo chissà a quanto arriverà”.


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