Il virus, le botte e le pensioni | Il paese che non ama gli anziani - Live Sicilia

Il virus, le botte e le pensioni | Il paese che non ama gli anziani

Perché abbiamo smesso di proteggerli.

Questo è un paese che non ama gli anziani. C’è un filo tragico che lega il Coronavirus, le botte in una casa di riposo e i soldi da succhiare fino all’ultimo. Storie diverse, vicende incomparabili, ma il sottofondo è lo stesso disamore che, strettamente, può confinare con l’odio.

Questo paese non ha amato gli anziani, all’inizio dell’epidemia. Nessuno lo diceva, molti lo pensavano. Muoiono quelli con i capelli bianchi, sono loro che conosceranno lo sterminio di Covid. E c’era il sospiro di sollievo, con l’alzata di spalle. C’era la sporca tranquillità che non si dichiarava e contagiava. Poi un po’ troppi sono morti e l’età è apparsa come appena uno degli elementi da considerare. Si è diffusa la paura. E quando siamo spaventati, diventiamo più buoni, perché la fragilità intimamente percepita riconosce la solidarietà quale valore fondante, la stessa che, inizialmente, nel crudele gioco della giungla, snobbava.

E i maltrattamenti nella ‘casa degli orrori’ a Palermo, che abbiamo annotato in video atroci. Gli anziani ridotti a non persone, presi a calci, minacciati, reclusi in una vita che aveva lo spavento come perimetro.

Le frasi delle intercettazioni: “… Deve stare zitta, la gente dorme… faccia una cosa sola, cada dal letto, crepi ammazzata, io qui non vengo più ora ti stai zitta perché sennò ci vai a pezzi dentro un sacchetto.. quindi sta sceneggiata finiscila mi sono spiegata non gridare che ti sto dando un colpo in testa, a letto vattene a letto dai fastidio sei una pazza se non ti chiamo io tu non vai in bagno devi andare a letto che la gente dorme sei una merda, vattene a letto affogati, lei mi fa schifo… io non vengo perché prima ci sono le signore, all’ultimo viene lei che fa schifo”.

Quelli che prima chiudevano gli occhi serenamente in famiglia, estratti dalla piccola comunità che una volta li ascoltava e li proteggeva e confinati in luoghi accoglienti o in lager ripugnanti: ma pur sempre lontani.

Infine, gli anziani ancora così di colpo amabili e necessari nel giorno della pensione per quanti discendenti campano con lo sgocciolio delle ultime esistenze garantite. E adesso che si spengono nei reparti Covid – alcuni di loro, non tutti – rimpianti per la chiusura del portafoglio. Talvolta è cinismo, talvolta è fame. Eppure, l’unità di misura – i soldi – è identica.

Dimenticati, calpestati, abbandonati, non più al vertice del mondo domestico, condannati alla solitudine, conti in banca che si estinguono, destini che si lasciano al loro destino come se non fosse per chiunque impensabile morire.

Questo è un paese che non ama gli anziani. Ma gli anziani, per fortuna, sono ancora capaci di amarci.


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