Decreto anti-scarcerazioni dei boss | Magistrati, politici: è scontro - Live Sicilia

Decreto anti-scarcerazioni dei boss | Magistrati, politici: è scontro

Tutti contro tutti. Le polemiche non si placano. Il ministro Bonafede difende il governo

PALERMO – Il decreto legge, subito ribattezzato “anti-scarcerazioni dei boss”, voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, è stato approvato dal consiglio dei ministri.

In sostanza, quando un mafioso detenuto al 41 bis chiede di essere scarcerato, trasferito ai domiciliari oppure di ricevere un permesso il Tribunale di Sorveglianza dovrà chiedere un parere alla Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Per chi non è al carcere duro, ma detenuto in regime di alta sorveglianza, un gradino sotto il 41 bis, il vaglio spetterà ai magistrati delle Direzioni distrettuali antimafia che dovranno esprimersi sulla pericolosità sociale dei detenuti.

È con questo decreto che il governo vuole rispondere alle scarcerazioni di alcuni boss della criminalità organizzata, mafiosa e non, che in questi giorni sono state disposte dalla magistratura di sorveglianza per gravi ragioni di salute.

È esplosa la polemica, in virtù soprattutto della nota con cui il Dap nelle scorse settimane aveva chiesto di monitorare la popolazione carceraria – in base a età e patologie – in un momento di grave emergenza sanitaria. I critici hanno visto nella circolare dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria una sorta di “liberi tutti”, come se fosse il Dap ad emettere i provvedimenti di scarcerazione. Chi è stato mandato ai domiciliari in questi giorni giorni, almeno così ha sostenuto la magistratura di sorveglianza sulla base degli accertamenti sanitari, stava molto male a prescindere dal rischio di contagiare il Coronavirus in carcere. Un rischio che comunque c’è e di cui è stato tenuto conto nei provvedimenti. In alcuni casi le scarcerazioni sono dipese dall’indisponibilità, cronica o momentanea, di strutture sanitarie carcerarie attrezzate per garantire la tutela della salute dei detenuti che, si può anche non essere d’accordo ma è così, vanno curati come tutti gli altri cittadini liberi. In altri casi il Coronavirus nulla c’entrava, ma sono ugualmente finiti dentro il calderone delle polemiche.

“Il governo risponde con i fatti”, ha detto il ministro Alfonso Bonafede illustrando alla Camera il provvedimento e rispondendo a un’interrogazione molto critica di Fratelli d’Italia. È falso, ha detto, il ministro, che “il governo starebbe scarcerando i mafiosi”. La Costituzione, infatti, prevede “l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”. Come dire: sono i magistrati a decidere, ma ora si impone loro di sentire il parere di altri magistrati. O meglio, di magistrati della pubblica accusa. C’è da chiedersi se in questa maniera sia garantito l’equilibrio necessario con la difesa. È come se si volesse rafforzare l’accusa che ha già un suo rappresentante quando si affronta un caso davanti al Tribunale di Sorverglianza.

Il parere, però, è giusto dirlo, non è vincolante. Insomma alla fine a decidere sono sempre i giudici di sorveglianza, che sentono in qualche modo il peso del commissariamento. Giudici che di fronte agli attacchi subiti in questi giorni hanno reagito con una nota che denuncia “la campagna di sistematica delegittimazione” visto che “è la Costituzione che impone venga assicurata a qualunque detenuto, anche il più pericoloso, una detenzione mai contraria al senso di umanità”.

In fondo, al di là di quello politico, si è registrato uno scontro durissimo fra magistrati. Quelli simbolo della lotta alle mafie – da Antonino Di Matteo a Federico Cafiero de Raho – hanno definito le scarcerazioni dei boss inaccettabili manifestazioni di debolezza da parte dello Stato, mentre i loro colleghi rivendicano l’autonomia decisionale, pilatro costituzionale.

Chissà se le polemiche si placheranno anche grazie al contributo di Roberto Tartaglia, ex pm della Dda di Palermo, distaccato alla Commissione nazionale antimafia e a cui il Csm ha ora dato il via libera a diventare vice capo del Dap. Anche in questo caso qualcuno si sentirà commissariato e quel qualcuno è il capo del Dipartimento, Francesco Basentini. Pare non sia piaciuta la sua gestione dell’intera questione carceri nei giorni del Coronavirus.


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