"Vogliamo aiutare ma è tutto fermo" | L'appello degli aspiranti Oss - Live Sicilia

“Vogliamo aiutare ma è tutto fermo” | L’appello degli aspiranti Oss

La classe di aspiranti operatori socio-sanitari di cui fa parte il palermitano Manuel Orecchio

Sospesi i corsi per operatori socio-sanitari. Gli allievi e la Fials si rivolgono alla Regione

CORONAVIRUS
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PALERMO – Sulla carta potenziali aiuti in prima linea, di fatto fermi nel limbo fino a data da destinarsi: dall’inizio del lockdown, gli aspiranti operatori socio-sanitari (Oss) hanno dovuto interrompere il percorso formativo senza ulteriori dettagli. Al contrario di molti altri settori che in questi giorni si interrogano sul come ripartire e non necessariamente sul quando, per i futuri Oss il tempo si rivelerebbe fondamentale: sono convinti che il loro supporto, in un momento in cui il governo nazionale forma task force di sanitari per lottare contro il Covid-19, potrebbe rivelarsi provvidenziale in Sicilia e nel resto d’Italia. A loro dire però la Regione Siciliana non è dello stesso avviso.

Il volto della denuncia è Manuel Orecchio, trentunenne palermitano che giorni fa ha lanciato un appello video sui social. Manuel è già un Osa, operatore socio-assistenziale, figura ancora presente in Sicilia ma ormai desueta in quasi tutta Italia: da qui la scelta quasi obbligata di formarsi anche come Oss. “Di fatto significa avere competenze più ampie – spiega – quindi molti decidono di fare questo ulteriore passo. Il problema è questo: a me per esempio mancano sette giorni di lezioni da svolgere in aula e poi sarei pronto per il tirocinio, magari in strutture bisognose di aiuto, ma i corsi sono bloccati dai primi di marzo e quindi non posso abilitarmi. E la mia è solo una delle varie situazioni di disagio – aggiunge Orecchio – ma ci sono miei colleghi in condizioni ancor più paradossali: a qualcuno per esempio mancano due giorni di tirocinio e poi potrebbe sostenere l’esame e diventare ufficialmente operatore socio-sanitario, ma è bloccato anche quel passaggio”.

Manuel è un fiume in piena e continua a riportare le criticità che i corsisti segnalano in un gruppo WhatsApp da oltre cento partecipanti, ognuno dei quali rappresenta le rispettive classi di formazione. “C’è di più: abbiamo la ‘fortuna’ che il nostro corso consente fino al 10 per cento delle assenze – dice – quindi gli allievi a cui sono rimaste pochissime ore di frequenza da svolgere potrebbero essere considerati semplicemente assenti così da poter accedere all’esame. Eppure non è contemplata questa possibilità. Qualche speranza per chi ha almeno finito il tirocinio? No, nemmeno – precisa il 31enne – perché anche sostenendo il tanto atteso esame, per esempio in via telematica, si arriverebbe comunque a un ostacolo: il test è composto anche da una parte fisica. Anche qui dalla Regione nessuna soluzione alternativa per risolvere questo problema, quindi niente esame”.

La Regione ha preso una propria posizione ufficiale con una circolare del dipartimento Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, datata 17 aprile. Il documento recita che “non ravvisando, ad oggi, criticità connesse al reperimento” di operatori socio-assistenziali e socio-sanitari, “gli esami finali avranno luogo in presenza ad avvenuta cessazione delle misure” di prevenzione del coronavirus. “Quindi praticamente quando non saremo più utili a risolvere le situazioni critiche – commenta Manuel, che ha già affrontato l’argomento coi colleghi in diverse dirette Facebook –. Praticamente se l’emergenza finisse, che so, nel 2021, noi cosa dovremmo fare?”.

Pur immaginando che la sua denuncia riguardasse molte persone, Orecchio non si sarebbe aspettato una risonanza così ampia. Il video è stato rilanciato sulle pagine social di consorzi universitari ed enti di formazione privati, compreso quello in cui il giovane svolge il corso che ha anche ‘taggato’ il governatore Nello Musumeci. La protesta ha preso piede anche ad Agrigento e Caltagirone, da cui sono partite lettere di sensibilizzazione firmate da altri aspiranti assistenti socio-sanitari e indirizzate al governo regionale. “La protesta cresce perché siamo tutti convinti che ci sono ambiti in cui potremmo essere impiegati ‘da subito’ – spiega Orecchio – come l’assistenza domiciliare, sempre necessaria e che può anche valere da tirocinio, o le Rsa di cui si sta sentendo parlare tantissimo. Ma se la Regione nemmeno prova ad avviare un dialogo con queste strutture per capire se possono accettarci, non c’è niente da fare”.

“Questi corsi formativi, sia per Osa che per Oss, comportano sacrifici in tutti i sensi – conclude Manuel –. Al primo si può accedere tramite selezioni regionali ed è previsto un rimborso di 500 euro, ma non è la regola, mentre invece il corso da Oss bisogna pagarlo a prescindere. E non parliamo di cifre irrisorie: un pacchetto completo dei due corsi costa intorno ai 2.600 euro. Già provvedere a far terminare i corsi autorizzati in sospeso sarebbe un bel gesto, che ripagherebbe almeno in parte il nostro duro lavoro e le spese sostenute dalle nostre famiglie. E alle istituzioni che ci dicono: ‘Lo facciamo per voi’, rispondiamo che la professione che abbiamo scelto non è fatta per chi sta a guardare in tutta tranquillità. Se c’è una cosa che potete fare per noi, è permetterci di intervenire”.

Anche la Fials Sicilia e la rispettiva segreteria di Catania, con una nota a firma di Sandro Idonea e Agata Consoli, invitano l’assessorato regionale alla Salute a rivedere la scelta di differire l’esame finale degli aspiranti Oss a dopo la fine della pandemia“Tale disposizione impedisce loro di trovare, in questo momento di grave difficoltà anche economica, una possibilità lavorativa in considerazione dell’alta richiesta per tale profilo in tutta Italia”. Il sindacato, col contributo del coordinatore provinciale Oss di Catania, Rino La Porta, e del coordinatore organizzativo, Giuseppe D’Angelo, spiega che “la Regione Emilia-Romagna ha di recente deciso di fare svolgere tali prove d’esame a distanza, sviluppando procedure che, nel rispetto delle norme volte a contenere il contagio, garantiscono la trasparenza e l’efficacia della valutazione delle competenze acquisite dalle persone. L’esame infatti – continua la nota – si svolgerebbe, come previsto dalle disposizioni nazionali e regionali, con la realizzazione della prova pratica attraverso una simulazione lavorativo-professionale resa in forma scritta e, successivamente, integrata e approfondita in un colloquio”. La Fials chiarisce che “entrambe le prove potrebbero essere svolte a distanza con il supporto di tecnologie che consentano la piena trasparenza e la tracciabilità dell’intera procedura. In particolare con l’utilizzo del sistema di videoconferenza e di piattaforma e-learning, che permettono la realizzazione in modalità sincrona fra tutti i candidati e la commissione d’esame”.


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