La partita del rimpasto di governo| Chi gioca in attacco e chi in difesa - Live Sicilia

La partita del rimpasto di governo| Chi gioca in attacco e chi in difesa

I piani di Micciché, le spine della Lega, l'arrocco dei centristi e il logoramento a Musumeci

Il rimpasto si farà, anche se non sarà una passeggiata. L’emergenza Coronavirus ha riportato la pratica alla scadenza individuata in passato dal governatore, quella di metà legislatura. Ci siamo ormai, votata la finanziaria i tempi sono maturi. Ma se qualcuno dalle parti di Palazzo d’Orleans si illudeva di un passaggio rapido e indolore, con pochi aggiustamenti, quel tanto che bastasse per aggiungere un posto a tavola alla Lega, ci ha pensato Gianfranco Micciché a spiegare, parlando con Livesicilia, che non sarà così, e che il rimpasto sarà più complesso, richiederà tempo e addirittura dovrebbe passare, a suo modo di vedere, dall’azzeramento della giunta.

I piani di Forza Italia

Micciché vuole una giunta tutta nuova. Se il criterio su cui ci si accorderà sarà questo, sarà possibile per il leader forzista procedere a una rotazione integrale degli assessori, dando spazio alle province che fin qui sono rimaste fuori dalla rappresentanza in giunta, come ad esempio Agrigento. Questo permetterebbe anche al presidente dell’Ars di ottenere la testa del nemico Gaetano Armao senza farne una questione personale e risolverebbe in modo più indolore la destituzione, già pianiificata da tempo, di Edy Bandiera, mentre per salvare la poltrona dell’assessore siracusano da giorni fioccano comunicati di varia provenienza che spiegano come il politico forzista abbia fatto bene nel suo ruolo. Nel frattempo, da inizio legislatura, il gruppo di Forza Italia ha perso un po’ di deputati: questo le costerà una poltrona di assessore? E davvero l’azzeramento della giunta è una via praticabile? Nel corso dell’ultimo vertice di maggioranza, poche settimane fa, nessuno ha posto il veto a quest’auspicio di Micciché, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo più di un ostacolo.

I desideri della Lega

La prima esigenza del rimpasto per Musumeci è quella di far posto alla Lega, con la quale il governatore da tanto tempo cerca faticosamente di costruire un rapporto privilegiato. Il Carroccio, però, ha dato modo di manifestare in più occasioni di non morire dalla voglia di imparentarsi troppo con il presidente e con il suo movimento personalistico Diventerà Bellissima. La Lega preferirebbe ottenere l’Agricoltura, c’è in ballo però anche il posto ai Beni Culturali, rimasto orfano dopo la tragica scomparsa di Sebastiano Tusa. I salviniani arrivano all’appuntamento della spartizione un po’ più deboli, avendo appena perso uno dei loro neo-deputati, quel Giovanni Bulla che irrequieto aveva lascito l’Udc per il Carroccio salvo poi tornare indietro pochi mesi dopo. Anche tra altri neo-leghisti ci sarebbe una certa irrequietezza. Nei giorni della finanziaria, ad esempio, si sono fatti notare dei comunicati congiunti di Marianna Caronia, approdata alla Lega dopo militanze in un lunghissimo elenco di partiti, gruppi e movimenti di centrodestra, e Carmelo Pullara, capogruppo di Popolari e Autonomisti. Se questa intesa sui contenuti sarà preludio d’altro, lo i scoprirà nei giorni a venire. Sembra che a guastare gli umori dei deputati folgorati da Salvini, ci sarebbe l’orientamento di Stefano Candiani di pensare a un esterno per il posto di assessore (in caso di scelta interna al gruppo, in pole position c’è Orazio Ragusa).

La resistenza centrista

I centristi, dal canto loro, cercheranno a resistere. L’Udc ha riguadagnato uno scranno con Bulla e dovrebbe più o meno agevolmente tenere due poltrone in giunta, anche se quella dell’esterno Alberto Pierobon sembra la più in pericolo. Diversa è la storia dei Popolari Autonomisti. Sono in cinque all’Ars, tre fanno gli assessori regionali, uno il vicepresidente dell’Assemblea e uno il presidente di commissione. Troppa grazia, Sant’Antonio, commentano nei sussurri di Palazzo tutti i partner di coalizione. Che Lagalla, Cordaro e Scavone possano restare tutti in sella appare complicato. Quest’ultimo poi viene dai giorni di passione legati al mezzo disastro della Cassa integrazione. I centristi sono pronti a dare battaglia. Non dispiacerebbe loro prendere ancora un po’ di tempo, ha ammesso a Livesicilia Carmelo Pullara. E potrebbero tentare di mescolare le carte all’Ars creando un nuovo e più robusto gruppo che peschi tra alleati in un nuovo giro di cambiacasacca.

Il bunker di Musumeci

Per il resto, Fratelli d’Italia dovrebbe mantenere il suo unico posto e così Diventerà Bellissima. Sempre con le stesse facce? L’assessore meloniano Messina è arrivato da poco, ha avuto l’infortunio dell’infelice post su Facebook con Conte arrestato ma questo non dovrebbe essere sufficiente a metterne in discussione la poltrona. Ruggero Razza è sempre più numero due di Musumeci in giunta e il suo intervento nel dibattito d’Aula al posto del governatore, scalzando altri assessori che ne avrebbero avuto più ragioni, lo ha ancora una volta confermato. Certo, fin qui gli sforzi puramente politici del giovane avvocato catanese hanno portato a risultati tutti da valutare, dalla nascita dell’ibrido gruppo “Ora Sicilia” di cui pochi si sono accorti, al rapporto complicato con la Lega, con la quale Razza da tempo si spende perché si celebri un matrimonio politico che non è mai arrivato. Ma Nello, nel suo bunker di Palazzo d’Orleans dove accentra tutto, guardandosi attorno guardingo (per pesare la sua effettiva fiducia nella compagine alleata basta pensare alle sue nervose battaglie contro il voto segreto), si fida molto di Razza e continua ad avere in lui un punto di riferimento solidissimo. Anche perché al governatore non sfugge come attorno a lui sia in corso un’azione di logoramento, per il momento affidata a battitori liberi come Cateno De Luca (che gliene dice una al giorno). Che il sindaco di Messina agisca in solitaria spinto dalla sua istrionica verve è un’ipotesi. Che sia la testa d’ariete di un asse che comincia a pensare al dopo-Musumeci alla fine di questa legislatura è una teoria complottista a cui però nel Palazzo qualcuno comincia a credere.

 


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