“Sparami se hai coraggio”| La lite e il colpo al petto - Live Sicilia

“Sparami se hai coraggio”| La lite e il colpo al petto

Prima la lite per il fumo del barbecue, poi le pistolettate. La motivazione della condanna

PALERMO – “Deve ritenersi provato che la condotta dell’imputato sia stata posta in essere a seguito non di una controversia condominiale – e cioè per le esalazioni di fumo dal barbecue -, ma a seguito dell’ennesimo comportamento offensivo ed aggressivo posto in essere nei suoi confronti dalla vittima”.

Così scrive il giudice per l’udienza preliminare Roberto Riggio nel passaggio decisivo della motivazione della sentenza con cui ha condannato Pietro Billitteri a sedici anni di carcere per avere ucciso il vicino di casa, Cosimo D’Aleo.

Il fumo della carne cotta alla brace fu la causa scatenante, ma dietro l’omicidio c’era dell’altro. Sono state le testimonianze dell’assassino reo confesso e della moglie, ma anche dei vicini di casa, dei parenti e dell’amico con cui la vittima si trovava quella sera di agosto due anni fa a ricostruire la vicenda.

Dal pianterreno della palazzina di via Sferracavallo il fumo saliva fino al secondo piano. Billitteri, operaio sessantenne della Rap, scese per dire a D’Aleo, muratore di 43 anni, che era impossibile tenere le finestre chiuse in una caldissima serata d’agosto.

La discussione si fece subito tesa. Altre volte avevano litigato. Dissapori fra vicini di casa. La moglie di Billitteri intervenne per evitare il peggio: “Ci ha puntato il forchettone contro la faccia”. Marito e moglie rientrarono a casa per riuscire poco dopo. Billetteri nascondeva in tasca una pistola Smith & Wesson calibro 38 Ancora una volta D’Aleo brandiva il forchettone e colpì al petto Billitteri (negli scatti fotografici si vedono due fori nella maglietta). L’operaio della Rap tirò fuori la pistola: “Ora ti sparo”. “Sparami se hai coraggio”, disse D’Aleo poco prima di essere raggiunto da un proiettile al petto. Un altro colpo andò a vuoto.

L’imputato, difeso dagli avvocati Rosanna Vella e Claudia Naccari, rischiava l’ergastolo ma è stato condannato a sedici anni. Ha ottenuto uno sconto per la scelta del rito abbreviato. Il giudice ha tenuto conto anche della confessione, ma soprattutto è caduta l’aggravante dei futili motivi.


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