Ecco la Maturità del Coronavirus |"Vi raccontiamo il nostro esame" - Live Sicilia

Ecco la Maturità del Coronavirus |”Vi raccontiamo il nostro esame”

Le emozioni antiche dell'esame in una storia nuova.

PALERMO– La prima ad arrivare, alle otto del mattino, è Sofia. Timida, ma con il passo svelto che attraversa la soglia del liceo classico ‘Giovanni Meli’ di via Aldisio, a Palermo. Si mette la mascherina, Sofia. E narra di sé e, al tempo stesso, della generazione degli esami di maturità nell’ora del Coronavirus. Questi ragazzi che hanno studiato la storia finiranno nei libri di storia.

Ho uno stato d’animo misto – spiega Sofia – c’è la felicità per il traguardo, ma anche un po’ di dispiacere per non avere vissuto gli ultimi mesi con compagni e professori. Questo manca e penso che mancherà”.

Ha ragione la ragazza maturanda che svela, in pochi tratti, una saggezza già adulta. Negli anni Novanta, per esempio, l’unico problema era concentrarsi sui libri, senza farsi troppo distrarre dalle ‘notti magiche’ del Mondiale di Totò Schillaci e compagni. Uscivi per strada e venivi travolto dalle bandiere, dalle emozioni, dall’allegria, nella penombra di un passaggio emotivo molto importante. Si studiava tutto il giorno. La sera, spaghettata, birra gelata e partitona insieme agli amici di sempre. Senza distanziamento, né mascherine. Il fato, quest’anno, ha voluto diversamente.

Antonino danza secondo il ritmo di una comprensibile ansia, mentre suo papà, Pippo, cerca di rassicurarlo. “Non lo sappiamo come sarà l’esame, in realtà. Lo scopriremo noi e i professori. Non è vero che è più facile. Abbiamo studiato tanto”. Pippo, da bravo genitore, incoraggia e rilancia: “Non sono stati giorni semplici, ma i ragazzi e gli insegnanti si sono comportati benissimo, sono stati eccezionali”.

Niente prova scritta. Si procede per colloqui. Si entra con le mascherine, a turno e ben distanziati. Francesca Vella, la preside che governa il liceo con sensibilità, impegnata in un’altra commissione, racconta al telefono. “Tutti gli alunni del ‘Meli’ hanno fatto la simulazione dell’esame con i loro professori, per garantire la massima sicurezza. Sì, ci siamo impegnati tutti allo stremo. La scuola italiana ha dato una grande prova di sé”.

Conferma, sul posto, la vicepreside, la professoressa Aurelia Cilluffo e aggiunge. “Tutti abbiamo sentito la solitudine, i ragazzi in modo speciale. Ma la scuola ha reagito benissimo”.

Nel Novanta, anno dell’imperatore Totò Schillaci, l’emozione più forte fu vedere le tracce scritte che arrivavano, portate a destinazione dai carabinieri. Gli occhi ridenti e fuggitivi ebbero un soprassalto di tensione. Erano cose normali, non come adesso.

Ecco un’aula con la commissione. Hanno tutti le mascherine e sono impeccabili nell’osservare le regole. E’ vero, la scuola italiana è sul serio eccezionale, altrimenti non avrebbe retto. Invece, è riuscita a non disperdere il patrimonio della propria umanità. C’è qualche genitore più preoccupato di suo figlio. Non ci sono gli assembramenti teneri di nonni e zii che accorrevano per l’occasione, vestiti come ambasciatori britannici del primo dopoguerra. E qualcuno veniva bonariamente richiamato perché, come un tifoso sugli spalti, non si tratteneva più ed esultava: “Chiddu è me niputi”. Perfino gli anziani tornavano ragazzi. Ma, in fondo, a questo servono i banchi e le cattedre: a stare con i ragazzi, a godersi lo spettacolo della meraviglia che comunicano.

E un giorno lo racconteranno nei libri di storia che l’anno 2020 fu terribile per una pandemia che incenerì perfino le parole. Eppure, il mondo si salvò perché i ragazzi, i bellissimi e concreti ragazzi, non smisero mai di amare.

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