Giarre, mafia e controllo del voto| Leccese: “Tentativi di infiltrarsi” - Live Sicilia

Giarre, mafia e controllo del voto| Leccese: “Tentativi di infiltrarsi”

Il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Giarre analizza gli aspetti comuni delle ultime due operazioni antimafia.
L'INTERVISTA
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GIARRE – La parte più inquietante dell’operazione Jungo è stata il sequestro di quella sorta di libro mastro delle elezioni. Cittadini letteralmente schedati per sezione elettorale. Al di là della contestazione penale, quei documenti finiti in mano ai carabinieri fanno comprendere come la mafia ancora abbia interesse a controllare il voto. E non è solo il clan Brunetto a voler inquinare la cosa pubblica. Anche i Laudani hanno avuto l’esigenza di avere un politico di riferimento nell’amministrazione comunale. A scombinare i piani alle due cosche sono stati i carabinieri della Compagnia di Giarre, guidata dal capitano Luca Leccese. La mafia ha perso.

Capitano, l’operazione Jungo ha avuto un duplice effetto: quello di fermare un gruppo criminale e quello di restituire alla legalità una parte della città di Giarre. 

È stata sicuramente un’operazione decisiva perché ha acclarato oltre che la droga come primo profitto per l’associazione anche l’infiltrazione sul territorio e quindi sulla cittadinanza. Quindi non soltanto droga, armi, estorsioni ma anche la volontà di controllare l’elettorato, la volontà di controllare le elezioni comunali, la volontà di imporre il benestare mafioso su alcune attività imprenditoriali, la volontà di fungere come una sorta di anti-Stato per tutti coloro che hanno intenzione nel territorio sonico-etneo a qualsiasi titolo. 

L’operazione Jungo ha portato anche all’arresto di Melo Salemi, elemento di rango della famiglia Santapaola-Ercolano. Questo dimostra l’interesse della criminalità organizzata sul territorio jonico-etneo e il ruolo strategico del clan Brunetto all’interno di Cosa nostra catanese?

L’operazione ha dato un’ulteriore conferma della dipendenza mafiosa del clan Brunetto legata alla famiglia di Cosa nostra etnea, e quindi la famiglia Santapaola-Ercolano. Tutto questo permette al clan Brunetto di differenziarsi dal clan dei Laudani. Emerge una maggiore gerarchia e subordinazione. E la presenza di Melo Salemi, che è una figura apicale nel quartiere Picanello di Catania, ne è la prova. Salemi nel periodo dell’indagine ha avuto la residenza a Mascali, quindi si è interessato personalmente delle vicende mafiose e in particolare della competenza mafiosa delle estorsioni, facendo un ragionamento in perfetto stile mafioso. 

Il clan Brunetto è particolarmente violento.

Si è una mafia violenta. Violenta soprattutto nell’affermare il controllo sul territorio, sui sodali e sugli altri pregiudicati. In particolare nella riscossione dei crediti legati ad attività illecite soprattuto stupefacenti, su imprenditori che si rifiutano di adempiere alle imposizioni del clan. Molto spesso è stato fatto ricorso alle armi, che poi non sono state usate ma sono state portato in qualche luogo pubblico da uno dei capi. 

Mettiamo in relazione l’operazione Smack Forever contro il clan Laudani e quest’ultima inchiesta. Ci sono degli elementi comuni?

Assolutamente sì. L’infiltrazione nella cosa pubblica. In particolare la volontà di infiltrarsi nelle elezioni comunali. In Smack Forever, indagine contro il clan Laudani, gli indagati parlavano di voler  avere un referente, un assessore o un consigliere, che potesse curare gli interessi del clan. Qui invece, in Jungo, è stata fatta una schedatura di tutti i residenti del quartiere raggruppati per sezione elettorale. Quindi era un modo per cercare di orientare e manipolare questi voti. In Smack Forever c’è stato anche l’interessamento per controllare le case popolari, altra leva sulla cittadinanza che ancora soffre questa necessità di alloggi. L’emergenza abitativa a Giarre è molto sentita. Ci sono assolutamente delle convergenze e dei modus operandi simili, pur trattandosi di soggetti diversi e clan diversi. 

Da una parte l’operazione Jungo ha fatto emergere la collaborazione dei cittadini che vi hanno chiesto liberateci dalla piazza di spaccio sotto casa, dall’altra però c’è ancora quel velo di omertà nelle estorsioni. E non solo non c’è la denuncia, ma c’è anche chi nega davanti all’evidenza di alcuni fatti. 

Paradossalmente abbiamo avuto una collaborazione, silenziosa e confidenziale, dai residenti che dagli esercenti che sono il tessuto vivo della società civile. Tutto questo però ci deve portare a riflettere tutti insieme per cercare anche cosa è possibile fare come azione preventiva per far cambiare un po’ la mentalità a tutti quelli che hanno intenzione di svolgere impresa sul territorio.

Denunciare, poi, conviene sempre.

Conviene sempre. Anche perché lo Stato mette a disposizione strumenti normativi che permettono di far fronte ad eventuali ritorsioni, che comunque sono sempre più rare. Questo lo voglio dire. Ci sono dati statistici che lo confermano. Ci sono dei fondi a cui si può attingere a titolo di risarcimento per le vittime di estorsione e usura. 

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