“Zes, vantaggi fiscali da subito| Più facile investire in Sicilia” - Live Sicilia

“Zes, vantaggi fiscali da subito| Più facile investire in Sicilia”

Intervista al ministro Provenzano: "Mai come con questo governo l’attenzione verso il Sud è stata alta".

Non è “la panacea” per la Sicilia. Ma è una grande occasione. E il plauso bipartisan al provvedimento lo conferma. Le Zes, Zone economiche speciali, introdotte in Sicilia dal provvedimento del ministro per il Sud Peppe Provenzano, renderanno più “attrattiva” l’Isola per i grandi investimenti. E’ un passo, dice a Livesicilia il ministro siciliano, auspicando una collaborazione istituzionale fitta e leale con la Regione.

Ministro Provenzano, il suo decreto sulle Zes è stato salutato con entusiasmo bipartisan dalla politica siciliana. Ci spiega perché queste Zone economiche speciali sono così importanti?

“Per rendere la Regione non solo attraente, com’è, con le sue bellezze, ma anche attrattiva. Attrattiva di capitali e imprese, persone e lavoro, nuove idee e nuove iniziative per lo sviluppo. Le ZES erano attese da anni, istituendole abbiamo recuperato un fortissimo ritardo. Ce ne saranno due, una per la Sicilia Occidentale e una per la Sicilia Orientale, complessivamente circa 5.600 ettari di territorio e molti comuni interessati. Il vantaggio è quello di godere, in queste aree, di una semplificazione amministrativa che non esito a definire drastica (per esempio conlo sportello unico per le imprese) e ci saranno forti incentivi fiscali per attrarre gli investimenti”.

Da quando la Sicilia potrà concretamente risentire degli effetti positivi delle Zes?

“I vantaggi fiscali partono da subito, e valgono sia per le imprese già localizzate che per quelle che vorranno insediarsi. Per la piena operatività manca ancora un tassello, la nomina del commissario straordinario del governo. La Regione ha sollevato conflitto di attribuzioni di fronte alla Consulta, su queste nomine. Confido che possa rivedere la sua posizione, nello spirito di collaborazione che ha portato a conseguire l’obiettivo. Ma le ZES, nate per attrarre grandi investimenti, sono per definizione una politica nazionale, occorre che chi le dirige si prenda la piena responsabilità del loro funzionamento, anche di fronte a grandi investitori, senza veti locali. Troppo spesso, infatti, chi vuole arrivare a investire deve fare il giro delle sette chiese, tra assessorati e ministeri: se gli passa la voglia, è anche un po’ colpa nostra”.

Cosa pensate di fare per evitare che anche questo strumento non diventi l’ennesima occasione sprecata per la Sicilia come in buona parte è stato per i fondi europei?

“Per la verità, l’occasione ce la stiamo dando ed è dovere di tutti assumersi fino in fondo la propria parte di responsabilità per trasformarle in una occasione di sviluppo regionale. Ma le Zes sono solo uno strumento, non la panacea per la ripresa della Sicilia. Anche sui fondi europei, vorrei dirlo con chiarezza. Per chi governa, non può essere mai troppo tardi. Il mio Ministero in queste settimane con i vari Ministeri e tutte le Regioni ha riprogrammato circa 10 miliardi da spendere per contrastare l’emergenza, per spese sanitarie, scuola, digitale, sostegno ai redditi e alle imprese dei settori più colpiti, anche con aiuti al circolante. Questo consente anche di accelerare un ritmo di spesa che, con poche eccezioni, ancora non mi soddisfa. Fin qui, mancava solo la Sicilia. In queste ore si è riaperta una interlocuzione tecnica, spero si producano al più presto frutti, sarebbe un peccato non sfruttare questa occasione. La mia disponibilità c’era prima, quando qualcuno preferiva polemizzare diffondendo la fake news che avrei sottratto risorse alla Sicilia. E c’è ancora adesso”.

Gli effetti economici del lockdown si ripercuoteranno più sensibilmente sulle fasce più deboli del Paese. E quindi sul Sud. Con quali specifici strumenti pensate di contrastare questa situazione al Mezzogiorno?

“L’ho detto già all’inizio del lockdown. Se la crisi sanitaria ha colpito soprattutto le Regioni più sviluppate, la ricaduta economica e sociale al Sud si somma a fragilità strutturali e alle ferite non ancora sanate dalla crisi precedente. Come Governo, abbiamo mobilitato risorse senza precedenti nella storia d’Italia e, nel farlo, nemmeno un euro è stato sottratto alle risorse per investimenti del Sud. L’ho detto in Parlamento e lo ripeto. Mettere in contrapposizione sviluppo e riequilibrio territoriale è un errore del passato, da non ripetere. Ricordo che tra il 2009 e il 2011, con l’allora ministro Tremonti, circa 26 miliardi di spesa in conto capitale vennero dirottati dal Sud per coprire spese nazionali. A pagare le conseguenze del mancato investimento nel Mezzogiorno è tutto il Paese. L’Italia, per rialzarsi, deve sanare le sue fratture sociali e territoriali. Ecco perché, soprattutto con il decreto Rilancio, c’è stata un’attenzione speciale per le fasce deboli e senza tutele e per il Sud. Ma non basta tamponare, ora c’è da rilanciare sugli investimenti pubblici, l’unica via per creare lavoro buono. A partire dalle infrastrutture, su cui oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo avuto un incontro importante, con il Presidente Musumeci e la Ministra De Micheli. Si apre una grande opportunità, con i finanziamenti europei, e per una volta il Sud parte avvantaggiato, grazie al Piano Sud 2030 che con Conte avevamo presentato solo una settimana prima del lockdown e che adesso è ancora più attuale. Anzi, sfruttando una finestra di opportunità che si è aperta a livello europeo, stiamo provando a inserire nel nostro piano qualcosa che negli scorsi anni sembrava impossibile, una fiscalità di vantaggio per il Sud. Mai come con questo governo, forse, l’attenzione verso il Sud è stata alta. È una delle critiche che riceviamo, per me è una medaglia”.

Non pensa che avere applicato le stesse misure e per lo stesso tempo in Lombardia come in regioni meridionali dove il Covid si è diffuso in modo blando abbia penalizzato ingiustamente ed eccessivamente una parte di Paese che si trovava già in condizioni drammatiche?

“Le dure misure cui gli italiani, con enorme senso di responsabilità, hanno accettato di sottoporsi sono servite proprio a fare quello che lei dice, limitare il contagio e fare in modo che i sistemi sanitari delle regioni meridionali si attrezzassero, e non si trovassero, con le loro debolezze che ben conosciamo, ad affrontare un’ondata da cui avrebbero rischiato di venire travolti. Era la preoccupazione che ha accompagnato Governo e Presidenti di Regione. Sono state scelte drastiche, difficili, che nessuno di noi credo abbia assunto a cuor leggero. Ma sono state necessarie, e hanno fatto da apripista a quelle europee, come ci è stato riconosciuto in questi giorni. Ognuno ha pagato un prezzo alto, in questa tragedia globale della pandemia. Francamente, non alimenterei la contrapposizione territoriale. Ho provato un moto di sincero di partecipazione per le bare a Bergamo, e sono stato orgoglioso di vedere quei pazienti bergamaschi un po’ increduli ma felici di svegliarsi e ritrovarsi salvi a Palermo. Devo dire che la pandemia ha fatto giustizia anche di tanti luoghi comuni, proprio sul rapporto tra Nord e Sud. Penso al Cotugno di Napoli, diventato l’ospedale modello nel mondo. Non per cedere alla retorica opposta, ma per dire che al Sud le cose possono funzionare. La sfida è rendere l’impegno strutturale sulle strutture sanitarie, e il 40% degli investimenti previsti dal dl Rilancio andrà al Sud”.

Sulle Zes abbiamo registrato uno spirito di collaborazione istituzionale tra governo centrale e governo regionale. È possibile che questa diventi la regola nell’interesse della Sicilia?

“La collaborazione istituzionale dovrebbe essere la regola.Anzi, è un dovere per chi ha l’onore di ricoprire incarichi istituzionali. Per parte mia, credo di aver dimostrato questa disponibilità, già in chiusura della rendicontazione dei fondi europei nel 2019 mettendo a disposizione le strutture centrali dell’Agenzia, in occasione dell’accordo sul disavanzo regionale. Ne abbiamo parlato anche oggi con il Presidente Musumeci, a margine dell’incontro con la Ministra De Micheli. Noto però un rischio, che non voglio attribuire alla volontà politica di nessuno, ma che c’è. Mentre in Sicilia si chiedeva tutto a “mamma Regione”, ora ogni problema sembra rimandato al Governo nazionale. Ognuno ha le sue responsabilità, la Regione ha competenze importanti, di cui peraltro è gelosissima, come dimostra l’ampio contezioso costituzionale. Collaborazione sì, dunque. Nel rispetto delle proprie responsabilità. Piuttosto, sento l’esigenza che tutti insieme si lavori per aiutare gli enti locali, i Comuni, ad affrontare questo passaggio delicato. Qualche settimana fa ho provato a farlo sbloccando 300 milioni per infrastrutture sociali, ma ora dobbiamo anche affrontare il nodo del rafforzamento amministrativo”.

Da uomo di sinistra che ne pensa delle polemiche che hanno accompagnato l’ingresso in giunta della Lega in Sicilia con Alberto Samonà?

“Raramente commento le vicende politiche interne di altri partiti e da Ministro non mi permetterei di sindacare le scelte legittime di un Presidente sulla sua giunta. Mi limito a una considerazione, diciamo così, di carattere storico. Citando Sciascia, nelle classi dirigenti che passano da destra a sinistra, da un partito all’altro, dall’autonomismo siciliano alla Lega di Salvini io vedo solo l’ennesima incarnazione di quell’eterno trasformismo che tanto male ha fatto nei secoli alla Sicilia e all’Italia. La Lega è stata nemica del Mezzogiorno, nelle scelte di Governo e non solo per le parole di odio nei confronti dei meridionali che Salvini pronunciava e che non dimentichiamo. Ora leggo, nel caso specifico, perfino di poesie dedicate ai nazisti. Tutto questo mi pare abbia poco a che fare con “l’identità siciliana”. Ma è un tema troppo importante per piegarlo alla polemica politica quotidiana”.


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