'Nuova Iside', il cuore di Rosalba|"Voglio che mio figlio torni" - Live Sicilia

‘Nuova Iside’, il cuore di Rosalba|”Voglio che mio figlio torni”

Il giallo del peschereccio affondato. Il dolore di Rosalba Cracchiolo.
IL PESCHERECCIO AFFONDATO
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CINISI (PALERMO)- Il mare negli occhi di Rosalba è una risacca che porta conchiglie che sono ricordi e spine che sono dolore. Va e viene il mare nei suoi occhi, offrendo una impressione di amorevole forza, nonostante tutto. L’avvocato Aldo Ruffino, che ha preso a cuore la storia come se fosse sua, racconta: “E’ grazie alla forza della signora che possiamo sperare di conoscere la verità, è stata lei a insistere con i parenti: non ci vedo chiaro, suggeritemi un legale”.

Il marito di questa donna dolcemente ostinata, Matteo lo Iacono, era il capitano del ‘Nuova Iside’, il peschereccio scomparso nella notte del 12 maggio tra San Vito Lo Capo e Ustica. Il suo corpo, come quello di Giuseppe, amatissimo cugino, è stato recuperato. Manca all’appello Vito, il figlio. Ci sono quattro indagati. La Procura di Palermo sta cercando di unire i puntini. Secondo la cronaca fin qui disponibile, c’era un’altra imbarcazione sulla stessa rotta del peschereccio di Terrasini, la petroliera ‘Vulcanello’. Che cosa è successo? Le ipotesi di reato sono omicidio colposo, sommersione di nave e omesso soccorso. Nessuno può anticipare sentenze. Ma la speranza è che almeno la verità venga a galla.

Rosalba Cracchiolo (nella foto a destra), moglie e madre, parla nello studio del suo avvocato. Con lei Giovanna Leone, la fidanzata di Vito.

Dice Rosalba, con il massimo rispetto per tutte le possibilità, ma lo dice. “Non ho mai creduto all’ipotesi del peschereccio affondato per il maltempo. Mio marito era un comandante straordinario. Lui, mio figlio e Giuseppe sono sempre stati molto prudenti. Vogliamo sapere cosa è successo. E io voglio indietro Vito, in qualunque stato”. Giovanna la sorregge e sussurra: “Magari è su uno scoglio che aspetta, magari è vivo e prima o poi tornerà”.

La risacca, con le spine, conduce a riva conchiglie che hanno la leggerezza di sogni bellissimi, a occhi aperti.

Rosalba prosegue: “Con mio figlio Vito ci siamo sentiti il giorno prima. Mi ha detto: ‘Fate la ricarica a papà che ha il cellulare scarico’. Poi, mi ha chiamato mio marito. Mi ha spiegato che non avevano pescato niente e che non sarebbero rientrati, altrimenti avrebbe dovuto buttare l’esca e sarebbe stato un danno economico ingente. Lui aveva coraggio, ma non era temerario. I rischi che prendeva erano calcolati, come quella volta che decise di restare. E pescò tantissimo”.

L’esistenza dei pescatori, oltre la poesia dei dei libri, è dura, popolata di lische, di scogli. E ci vuole uno spirito indomito per affrontarla. Un mondo che Rosalba, figlia a sua volta di un pescatore, conosce benissimo.

“Con Matteo – racconta – ci siamo incontrati a Lampedusa. Lui lavorava, noi eravamo lì in vacanza per i quarant’anni di mio papà. Le nostre barche erano vicine. Si dichiarò. Gli risposi di no, dandogli però il permesso di continuare a provare. Cominciò a tempestarmi di regali, attenzioni e discorsi. Alla fine risposi di sì”.

Le parole d’amore i pescatori le hanno imparate dai pesci, al chiaro di luna. Impossibile resistere, quando vengono pronunciate come un giuramento.

“Questo chiedo – dice a bassa voce Rosalba e sembra un ‘Padre nostro’ – vorrei che mio figlio tornasse da me”.

Dal cellulare, come per spalancare una finestra e lasciare entrare l’aria, spuntano le foto di una famiglia unita. Vito, più taciturno ma affettuoso. Matteo che scherzava e rideva, sulla rotta dell’allegria, ritratto in ginocchio davanti alla donna che amava. “Ecco vede, qui mi stava pregando di sposarlo una seconda volta. Io lo prendevo un po’ in giro…”.

E il mare negli occhi di Rosalba, adesso, sorride.

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