Clan Cappello, inchiesta chiusa|Ci sono 57 indagati NOMI - Live Sicilia

Clan Cappello, inchiesta chiusa|Ci sono 57 indagati NOMI

Terminati ieri gli interrogatori di garanzia davanti al gip.
MAFIA, BLITZ CAMALEONTE
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CATANIA – Si sono terminati ieri gli interrogatori di garanzia dei 50 indagati della maxi inchiesta Camaleonte che ha messo fine agli affari della famiglia mafiosa Cappello-Bonaccorsi FOTO. In molti hanno scelto il silenzio, alcuni – invece – hanno risposto alle domande che ha rivolto loro il gip Pietro Currò. Collegato in videoconferenza dal carcere di Trapani, Mario Strano (difeso dall’avvocato Salvo Pace), ha detto la sua sulle varie contestazioni mosse dalle pm Antonella Barrera e Tiziana Laudani.

LA TERZA FAMIGLIA DI COSA NOSTRA

Mario ‘acchiana e scinni, nomignolo ereditato per il suo passato di rapinatore in trasferta, avrebbe gestito un gruppo (autonomo ma organico) criminale con base a Monte Po, il quartiere cerniera con Misterbianco in cui è cresciuto il suo nome a livello mafioso (insieme ai fratelli Alessandro, Marco e Claudio) nelle file del clan Santapaola-Ercolano. Poi il piano di formare una nuova famiglia di Cosa nostra nel 2007 gli fa lasciare la cosca di Nitto e si unisce ai Carateddi di Sebastiano Lo Giudice e Orazio Privitera insieme agli Squillaci (i Martiddina, ndr) di Piano Tavola (frazione di Belpasso). Quel piano che avrebbe avuto la benedizione di uno dei Lo Piccolo di Palermo però viene meno a causa del blitz Revenge che porta tutti dietro le sbarre. Mario Strano appena finisce di scontare la condanna però invece di “rigare dritto” avrebbe invece creato la sua “famiglia” per fare affari, anche approfittando del vuoto lasciato nelle piazze di spaccio di Sebastiano Sardo, detto ‘Occhiolino. Ed è proprio dalle sue dichiarazioni che c’è l’input per avviare un’inchiesta che permette di ricostruire l’organigramma del clan Cappello-Bonaccorso e i traffici di droga, anche con l’Isola di Malta. Mario Strano si sarebbe fatto aiutare da sua moglie, sua figlia e dal genero Luigi Scuderi. Le donne al gip hanno detto “di conoscere gli affari ma non di averne partecipato”. L’indagato inoltre avrebbe ‘investito’ proventi illeciti nel settore dei trasporti: la SC Logistica srl è finita sotto sequestro. E già negli anni scorsi un’impresa riconducibile all’ex boss santapaoliano è finita al centro di un provvedimento di Misure di Prevenzione.

L’EREDITA’ DI TURI CAPPELLO

L’inchiesta della Squadra Mobile di Catania ha – come detto – permesso di documentare attraverso decine e decine di intercettazioni la nuova ‘gerarchia’ della cosca mafiosa fondata da Salvatore Cappello che, dopo l’alleanza con il boss Salvatore Pillera che lo sceglie come suo erede preferendolo al vecchio Pippo Sciuto Tigna (morto ammazzato negli anni ’90), suggella un matrimonio mafioso con i fratelli Ignazio e Concetto Bonaccorsi (chiamati i “Carateddi’). E da qui inizia il romanzo criminale ‘Cappello-Bonaccorsi’. Al fianco del nome del padrino gli inquirenti mettono lo storico Nuccio Balbo. Ma lo zoccolo duro del clan avrebbe come boss al comando Giovanni Pantellaro (ritenuto dai pentiti colui che ha preso il posto di Salvatore Lombardo, u ciuraru, cugino del capomafia Turi Cappello). Ma in questa squadra al vertice, gli inquirenti collocano Salvatore Arcidiacono, Luca Santoro e il boss al 41bis Massimiliano Salvo (tra le arrestate anche la moglie Alessandra Rapisarda, ndr) . Poi c’è il gruppo dei Carateddi che vede al comando i due figli di Ignazio Bonaccorsi, Concetto e Simone. Lo zio Concetto ormai da anni, con il figlio Salvuccio, è entrato nelle file dei collaboratori di giustizia.

TORNA PIPPO SALVO, ‘U CARRUZZERI

Non hanno perso tempo le due pm della Dda etnea. Mentre si svolgevano gli interrogatori di garanzia sono stati notificati ai detenuti in carcere e agli indagati ai piede libero l’avviso di conclusione indagini. E tra i nomi compare quello di un altro boss storico del clan Cappello, l’ergastolano Giuseppe Salvo, conosciuto nella malavita come Pippo ‘u Carruzzeri. È accusato di associazione mafiosa, il primo capo d’imputazione descritto nelle 19 pagine dell’atto giudiziario.

INCHIESTA CHIUSA: 57 INDAGATI

Il numero degli iscritti nel registro degli indagati rispetto all’ordinanza di misura cautelare è lievitato da 52 a 57. Ecco i nomi: Mario Strano ( “Mario acchiappa e scinni”), Alfio Carmelo Anastasi (“u Ciociu”), Michael Aquilina (maltese), Salvatore Arcidiacono (Turi mbudda), Sebastiano Balbo (Nuccio), Fabio Berti, Concetto Bonaccorsi (figlio di Ignazio u Carateddu), Simone Bonaccorsi,  Salvatore Castorina (‘a picara), Giovanni Crisafulli (“u tuccu”), Christopher Michele Cuffari, Giuseppe Culletta, Salvatore Culletta (‘turi de polli), Concetto Di Maggio (‘Masino), Ferdinando Di Mauro, Alfredo Ferrera, Andrea Alessandro Fusto, Giovanni Geraci, Andrea Giuffrida (‘u nicu), Giuseppe Grasso, Alfio Gresta, Alessia Grillo, Antonio Guardo (‘Nino u ponchiu), Giuseppe La Greca, Giuseppe La Placa (‘u sfregiatu), Nunzio La Torre, Massimiliano Lizzio, Giuseppe Mannuccia (“u pumpino), Salvatore Messina (‘Pasqualino), Celeste Millan, Lorenzo Cristian Monaco, Massimo Palazzo, Giovanni Pantellaro, Salvatore Pecora, Rosaria Rapisarda, Carmine Romano, Anna Russo, Giuseppa Russo, Vincenzo Salamone, Giuseppe Salvo (u carruzzeri), Massimiliano Salvo, Mario Santonocito, Fabio Santoro, Luca Santoro, Gordon Schembri, Davide Schillace, Luigi Scuderi, Giuseppe Sottile, Nicolò Sottile, Alfio Strano, Concetta Strano, Antonino Gianluca Stuppia, Goffredo Francesco Treccarichi Scauzzo, Sebastiano Orazio Tucci, Maurizio Valenti, Guido Vasta, Agatino Vitanza. 


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