Se per caso arrivano i mostri|"Chiedete aiuto subito" - Live Sicilia

Se per caso arrivano i mostri|”Chiedete aiuto subito”

Un padre omicida che si toglie la vita. I nostri incubi. Parla la psicologa.
QUEL PADRE OMICIDA E NOI
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Mario Bressi, il padre omicida, ha sconvolto tutti (nella foto). Ha ucciso i figli e si è ucciso, per condannare la moglie da cui si stava separando a un disperato fine pena mai. Quel padre omicida e suicida da giorni popola i nostri pensieri, con la sua azione atroce.

Qualcuno lo vorrebbe all’inferno. Qualcuno pensa che uno così non può essere chiamato né ‘padre’, né ‘uomo’.

Ma, purtroppo, anche quell’imperdonabile orrore è una vicenda umana. E non possiamo spingerlo, come vorremmo, oltre i confini del nostro mondo. In molte storie c’è uno stanzino di Barbablù, come nella favola, ricolmo di sangue e di odio. E se una chiave entra nella toppa, per aprirlo all’improvviso, si salvi chi può.

Allora chiediamo aiuto a chi aiuta le anime a ritrovarsi. Non resta altro da fare.

La dottoressa Marisa Cottone è una psicologa palermitana che aiuta e cura molte persone. Tra i suoi pazienti, spesso, ci sono uomini che hanno rotto qualcosa, in se stessi e nelle donne che hanno accanto, con un gesto di violenza. Uomini ridotti a cocci, che non accettano una separazione, che sono immaturi, che cercano una strada per risalire.

Lei è un caposaldo, con i colleghi Rosaria Arena, Fabio Piastra del Centro ascolto, sostegno e cura per uomini maltrattanti della cooperativa sociale “Nuova Generazione” a Bagheria, mentre le dottoresse Valeria Mandalà, Silvia Conti e Roberta Taverna operano al Centro Padre Nostro a Palermo. Un presidio essenziale.

“Distinguiamo – dice la dottoressa Cottone – la vicenda di cui si parla è estrema, non appartiene alla grande maggioranza delle dinamiche che attraversano le separazioni. Dobbiamo isolarla, per cercare di orientarci un po’”. Orientarsi nel buio, nel dolore, nelle lacrime, all’interno di uno stanzino che mette paura.

“Dobbiamo pensare a questa persona – dice la dottoressa – prigioniera di uno stato di grave disagio mentale e comunque responsabile dell’atto che ha commesso. Credo che sia necessario capire il meccanismo di eventi così efferati per imparare a fermarci in tempo e a chiedere aiuto quando non riusciamo a tenere insieme, senza che implodano o esplodano, determinati sentimenti. Parliamo di una situazione psicotica con una trama che unisce emozioni profondamente diverse. Abbiamo visto le foto della gita in montagna con i figli e poi la tragedia. Non conosco il caso direttamente, ma penso che quest’uomo sia stato vittima di una dissociazione, tra la gioia per i figli e il lutto per il distacco. Così si è arrivati alla catastrofe, all’azione compiuta, e ricordo che ci riferiamo a una situazione psicotica, per sottrarre i figli alla madre, in un vortice autodistruttivo. Lei, a quanto abbiamo appreso, si fidava di lui e non aveva posto alcun limite”.

Non c’è una giustificazione, né potrebbe esserci, nell’immersione della psicologa in abissi difficilmente esplorabili. Ma, quando la stanza degli orrori si fa presente, devi avere il coraggio di guardare in faccia i suoi mostri. Per combatterli meglio.

“C’è alla base una condizione di fragilità esistenziale – dice ancora la dottoressa -. La visione distorta in chi si aggrappa a un legame affettivo come l’unica ancora di salvezza. E quando la compagna, legittimamente, decide di andare via, scatta la reazione terribile. In certi casi è necessario lasciarsi aiutare. Quando? Quando la rabbia e il dolore per una separazione assorbono tutta la nostra attenzione, non lasciandoci spazio per rasserenarci con altro. Senza perdere tempo”.

Per buttare via per sempre la chiave che potrebbe scatenare, con un colpo solo, i mostri più feroci che abitano la stanza della nostra più indicibile oscurità.


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