Dai sondaggi agli addii, la nuova sfida di Orlando - Live Sicilia

Dai sondaggi agli addii| La nuova sfida di Orlando

Le dimissioni di Darawsha sono un duro colpo per il Professore, chiamato ora a rilanciare
COMUNE DI PALERMO
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PALERMO – Prima la bocciatura de “Il Sole 24 Ore”, poi le improvvise e inaspettate dimissioni di uno degli “uomini immagine” della sua giunta. Non si può dire che siano stati giorni facili per Leoluca Orlando, trovatosi prima sulla graticola per l’ultimo posto nell’indice di gradimento del quotidiano di Confindustria e poi alle prese con la defezione dell’ormai ex assessore alle Culture Adham Darawsha.

Un addio arrivato su Twitter come un fulmine a ciel sereno, frutto di una turbolenta conversazione in una chat whatsapp tra il sindaco di Palermo e i suoi assessori. Un epilogo che nessuno si aspettava, o almeno non in una forma così violenta. Tutto nascerebbe da alcuni messaggi ricevuti dal primo cittadino e inoltrati in chat ai componenti di giunta: messaggi che lodavano il lavoro del sindaco, ma puntavano il dito contro quelli dei collaboratori. Un modo, per il Professore, di richiamare tutti a un maggiore impegno e soprattutto a una maggiore incisività: non posso mettere la faccia su tutto, era il succo del ragionamento, pertanto da ora in poi gli assessori dovranno essere più autonomi e responsabili (come dimostrano le conferenze stampa già programmate).

E tra i messaggi, tutti abbastanza generici, ne sarebbe stato inoltrato anche uno che citava invece Darawsha in modo critico. A seguire gli interventi di altri due componenti di giunta, un uomo e una donna, per riconoscere la necessità di un maggiore impegno, ma è a quel punto che qualcosa si sarebbe rotto: Darawsha, raccontano gli assessori, sarebbe infatti diventato un fiume in piena, puntando il dito contro il sindaco e contro gli ex colleghi, accusati di non avere spirito critico e di essere troppo accondiscendenti. Una sfuriata che ha colto di sorpresa tanto il sindaco quanto gli assessori, seguita dall’abbandono della chat da parte dell’ex presidente della Consulta delle Culture. Il resto è storia nota: l’addio sui social, l’appello di Orlando a ripensarci e il rifiuto del medico che, trinceratosi dietro il silenzio stampa, ha ripreso con la sua attività professionale a pieno regime.  

La delega adesso torna nelle mani del sindaco che, dopo il Festino, dovrà trovare un successore, ma al momento l’urgenza è arginare le conseguenze di un addio così traumatico. Conseguenze anzitutto mediatiche e simboliche, almeno sotto tre aspetti. In primis perché Darawsha era stato scelto dal sindaco in persona come simbolo dei “nuovi palermitani”: medico 40 enne, musulmano, palestinese, è diventato cittadino italiano integrandosi talmente tanto da divenire assessore e organizzare il Festino (la festa religiosa per eccellenza della città); l’addio rompe la narrazione di una Palermo accogliente e multiculturale tanto cara al Professore. In secondo luogo perché il Festino è da sempre il momento più importante per l’assessore alla Cultura del comune di Palermo e nessuno, finora, aveva mai mollato la poltrona ai primi di luglio. Infine è la prima volta, dal 2012 a oggi, che un assessore lascia in aperta polemica: in questi anni non sono mancati gli addii, ma sempre concilianti e sereni (almeno in apparenza).

Adesso, dopo lo shock iniziale, si apre la partita della successione. “Nessuno se lo aspettava – dice un orlandiano di vecchia data – Non te ne vai prima del Festino e in questo modo, se pensi che ci sia un problema apri un dibattito, non fai così. Il nuovo assessore? Fino al Festino non accadrà nulla ma certamente il nome lo sceglierà sempre Orlando, non si farà imporre nulla dai partiti”. Ora toccherà al sindaco rilanciare, respingere l’immagine di un’epoca che si avvia a grandi passi al suo epilogo serrando le fila di una giunta che non vive il suo momento migliore: dall’emergenza cimiteri (che ha provocato la reprimenda del vescovo) alle difficoltà delle partecipate, passando dal turismo in profondo rosso e una crisi economica alle porte, sono tante le emergenze da affrontare e non tutti gli assessori sembrano entusiasti di rimanere al proprio posto, su una poltrona che a due anni dalle elezioni inizia a diventare scomoda.


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