Madre e figlio assolti. "Non sono loro gli autori dell'omicidio"

Omicidio senza colpevoli| Assolti e liberi dopo 3 anni

Madre e figlio scagionati. Altri due imputati sotto processo

PALERMO – Assolti e scarcerati dopo tre anni. Antonina Giovanna Di Pisa e Calogero Marretta, madre e figlio, non sono colpevoli di omicidio. La Corte di assise, presieduta da Sergio Gulotta, li ha scagionati, accogliendo la richiesta di assoluzione degli avvocati Salvo Priola, Enrico Sanseverino e Roberto Mangano.

Cold case

Il processo riguardava un cold case, un caso irrisolto di omicidio avvenuto a Prizzi nel 2007. Nel paese in provincia di Palermo fu ucciso il pensionato Vito Damiano, 84 anni, accoltellato nel suo casolare di campagna. Secondo l’accusa, che non ha retto al vaglio dei giudici, l’uomo avrebbe sorpreso la badante ed il figlio della donna mentre si stavano rubando a casa sua, cercando anche i portare via un fucile calibro 12 ed alcune cartucce.

Le intercettazioni

Le indagini si basavano sulle intercettazioni di Rosalia Di Pisa, sorella dell’imputa. “T’annu fori iddi…”, diceva la donna intercettata dai carabinieri. Veniva fuori il quadro di una famiglia diabolica visto che gli omicidi irrisolti sono due.

Una famiglia diabolica?

A Palazzo Adriano nel 1992 uccisero Giuseppe Filippello. Aveva 45 anni e stava rientrando a casa quando gli spararono un colpo di fucile al centro del petto. L’omicidio viene contestato in un altro processo a Salvatore e Vincenzo Di Pisa, fratelli della donna oggi assolta, che attendono il giudizio a piede libero visto che il Tribunale del Riesame e la Cassazione ne avevano ordinato la scarcerazione immediata per mancanza di indizi. Furono i pm a fare ricorso davanti ai supremi giudici che però rigettarono il ricorso e confermarono la scarcerazione.

Le “accuse” della sorella

Ventitré anni dopo, nel 2015, arrivò quella che sembrava la svolta investigativa. Scoppiarono dei dissapori tra i Di Pisa. E mentre alcuni componenti del nucleo familiare si trovavano in caserma la sorella Rosalia lanciò una pesantissima accusa al fratello: “Io un sugnu n’assassina, a Filippello tu lo isti ad ammazzare”.

Una delle ipotesi della prima indagine che a nulla approdò era che l’omicidio rientrasse nella guerra fra pascoli. La vittima era subentrata nella gestione di un terreno a un uomo considerato vicino ad alcuni esponenti della cosca mafiosa locale.

“Gli ha sparato”

Quando nel marzo 2017 un altro testimone ricevette la convocazione in Procura aveva chiara la sua strategia: “Io negherò tutto”. Rosalia Di Pisa aggiungeva. “… a quello l’ha fatto girare e gli ha sparato… il bello è che il motivo lo avevano… due giorni prima era successo quello che era successo… più di una volta lo avevano minacciato a quello”. Filippello invece di farsi da parte avrebbe reagito bruciando, due giorni prima del delitto, undici automobili dei fratelli Vincenzo e Salvatore Di Pisa, titolari di una concessionaria.

Il secondo omicidio

Indagando su questo delitto i carabinieri si imbatterono nel secondo caso La notte del 16 settembre del 2007 fu assassinato Damiano. Le indagini si erano chiuse con un nulla di fatto. Si ipotizzò una rapina – la casa era stata messa a soqquadro – finita in tragedia. Caso chiuso, senza colpevoli.

“Povero do zu Vito l’assasinaro – diceva Rosalia Di Pisa – idda e u figlio l’acchiappava per i capelli o figlio d’arrè… o pugnalava”. Madre e figlio furono convocati in caserma. Alla donna era stato bere un bicchiere d’acqua. Il figlio era molto preoccupato. Temeva che avessero prelevato il Dna. “E si chisti pigliano un Dna – diceva – e ci arrisulta? Tannu ci trovaro nna l’ugna”. Si riferiva a possibili resti di materiale organico rimasto nelle unghia della vittima che cercò di difendersi. La madre lo confortava: “Ma nun penso… penso che sì’iddu avissero truvato cosa, a quant’ave, n’avissuru vinuto a pigghiari”.

I difensori hanno, però, scovato un’intercettazione da cui emergeva l’ipotesi che Rosalia Di Pisa sapesse dell’esistenza della microspia. Il suo racconto, dunque, non sarebbe stato né spontaneo né genuino. Come per altro emerge dal fatto che nessuna macchina fu bruciata. L’inattendibilità del racconto della donna avrà ripercussioni sull’altro processo già picconato dal Riesame.


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