Il processo e il dolore di una famiglia "Mio padre merita giustizia"

Processo e dolore di una famiglia|”Mio padre merita giustizia”

Carmelo Belfiore (nella foto) è morto nel 2015 dopo un intervento chirurgico programmato. Sei medici sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo.
LA STORIA GIUDIZIARIA
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CATANIA – Molte volte dietro un processo c’è una storia umana di dolore e perdita. È questo il caso del procedimento giudiziario scaturito dalla morte di Carmelo Belfiore dopo un intervento chirurgico programmato al cuore all’ospedale Ferrarotto di Catania nella primavera del lontano 2015. “Mi hanno strappato un padre a 57 anni”, racconta la figlia Floriana a LiveSicilia.

“Un uomo d’altri tempi”

“Era il punto di riferimento della nostra famiglia. Un uomo d’altri tempi. Unico e speciale”, spiega ancora. Floriana ricorda il giorno in cui papà Carmelo è entrato in sala operatoria. Quella è stata l’ultima volta in cui lo ha visto. Dopo alcuni giorni di terapia intensiva infatti è arrivata la notizia: “Non ce l’ha fatta”.

Ci sarebbero state delle complicazioni a seguito dell’operazione suggerita dal suo cardiologo di fiducia, ma eseguita da un altro cardiochirurgo, che hanno causato la morte per emorragia. La moglie Rita Trovato, dopo qualche giorno, ha deciso di denunciare i fatti ai carabinieri.

“Avevamo capito che qualcosa era andato storto. E abbiamo deciso di chiedere giustizia. Mio padre merita giustizia“, afferma Floriana. “Nulla ce lo riporterà indietro questo lo so, ma vorrei semplicemente che quello che è accaduto a noi non lo vivesse un’altra famiglia, un dolore così grande non si cicatrizza”. 

La lunga vicenda giudiziaria

Sono passati, dunque, cinque anni dalla tragedia che ha distrutto la famiglia Belfiore. Il rinvio a giudizio è arrivato dopo una lunga battaglia legale con due richieste di archiviazione da parte del pm a cui sono seguite, in modo cronologico, una prima ordinanza della Gip Giuseppina Montuori che ha disposto indagini suppletive e poi l’imputazione coatta per gli indagati.

Alla base del procedimento due consulenze tecniche: quelle dei periti del pm e quella del professor Giuseppe Gula, specialista in Chirurgia Cardiovascolare, nominato dalla parte offesa. La gip nelle quattordici pagine dell’ordinanza che ha portato alla fissazione dell’udienza preliminare riassume le due relazioni.

Secondo “i consulenti tecnici del pubblico ministero – si legge – il decesso del Belfiore era avvenuto a causa del verificarsi di un aneurisma dissecante e che tale evento non era prevedibile da parte dei medici intervenuti in considerazione del calibro dell’aorta che non superava le dimensioni richieste per essere trattata chirurgicamente”. E in base a queste valutazione i consulenti del pm “hanno ritenuto di affermare che gli operatori non hanno errato nel non sostituire l’aorta ascendente a causa dell’incremento della durata già considerevole dell’intervento chirurgico”.

Valutazioni diametralmente opposte sono quelle del consulente della persona offesa, il professor Gula ha affermato che “le condizioni cliniche di Belfiore non comportavano alcuna indicazione in tempi brevi  alla sottoposizione dello stesso ad intervento chirurgico sulle coronarie, sulla valvola aortica e sull ‘aorta ascendente sede della dilatazione aneurismatica non critica (4,5 cm) e ciò sia  in base alle linee guida che alle buone prassi”. 

Per il consulente di parte offesa la  “scelta di operare Belfiore, effettuando anche un bypass coronarico e associando la sostituzione della valvola aortica, senza trattare l’aneurisma, era stata  una decisione errata e non giustificata dalle condizioni anatomo-cliniche del paziente che non presentava angina, dispnea e in cui l’insufficienza aortica era moderata.  Una volta presa la erronea decisione di effettuare l’intervento chirurgico sarebbe stato  assolutamente opportuna anche la sostituzione dell’aorta ascendente in quanto, a seguito della manipolazione dell’aorta era altamente probabile il verificarsi di una lesione dell’intima aortica con conseguente dissezione”.

Inoltre il Prof Gula ha aggiunto che “all’insorgenza delle complicanze emorragiche dovute alla dissecazione dell’aorta, il paziente non era stato tempestivamente trattato come necessario in  sala operatoria ma  bensì in terapia intensiva”.

Ancora la gip evidenza che “sulla scorta delle indagini difensive la mattina del 25 maggio 2015 (giorno in cui si è verificata la dissezione aortica, ndr) era impegnata solo una sala operatoria”. E quindi la seconda, a differenza da quanto affermato dagli indagati, era libera.

Il rinvio a giudizio

Al termine dell’udienza preliminare il gup Pietrò Currò ha disposto il rinvio a giudizio per omicidio colposo nei confronti del cardiochirurgo Camelo Mignosa (all’epoca dei fatti primario pro-tempore), dei chirurghi Giorgio Maria Arena e Rocco Meduri, degli anestesisti Maria Michela Tudisco, Giuseppe Giuliano, Maria Grazia Di Stefano ritenendo che i medici abbiano agito con “imprudenza, negligenza e imperizia”. L’apertura del processo è stata fissata per il prossimo 12 aprile 2021 davanti alla terza sezione penale del Tribunale di Catania.

Il commento del legale della famiglia 

In questa lunga e travagliata vicenda la moglie Rita Trovato e i figli Floriana, Alberto e Giulia sono stati assistiti dagli avvocati Giacomo Giuliano e Rita Nicotra. “La vicenda che ha riguardato il signor Belfiore finalmente, dopo cinque lunghi anni dalla sua morte, potrà essere esaminata ed approfondita nell’ambito di un processo – commenta a LiveSicilia l’avvocato Rita Nicotra – che a nostro avviso non solo metterà in chiaro le responsabilità dei medici che a vario titolo ed in diversa misura ne hanno colposamente provocato la morte ma, renderà giustizia a chi in questa vicenda continuerà a pagare il prezzo più alto e non risarcibile: la moglie ed i giovani figli.

Nella mia qualità di difensore di parte civile dei due figli, Floriana ed Alberto, nonché della piccola nipotina del signor Belfiore, non ho mai perso le speranze – aggiunge la penalista – di vedere superato lo sbarramento inizialmente posto (a più riprese -ben due richieste di archiviazione!-) dalla procura della Repubblica. Il processo vero e proprio deve ancora iniziare ma è forse per le  difficoltà riscontrate in questi lunghi anni che il decreto di rinvio a giudizio del 9 luglio del Gip di Catania (dott. Curro’) ed a monte il decisivo provvedimento del Gip (dott.ssa Montuori) con cui è stata ordinata alla procura l’imputazione coatta, rappresentano – conclude – già una piccola grande vittoria per le parti civili”. 

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