Bellolampo, le intercettazioni svelano le tangeni per la gestione dei rifiuti

“Ho 350 mila euro bloccati”|Bellolampo, tangenti e pressioni

I pm parlano di "condizionamento mafioso su interi settori della pubblica amministrazione"

PALERMO – Una serie di conversazioni precede l’appuntamento per la tangente. I pubblici ministeri non hanno dubbi: c’era un patto corruttivo fra il coordinatore tecnico della discarica di Bellolampo, Vincenzo Bonanno, e gli imprenditori nel settore dei rifiuti Emanuele Gaetano Caruso, originario di Paternò, e la compagna, Daniela Pisasale, residente a Catania. Da una settimana si trovano agli arresti domiciliari.

Un ruolo chiave

Secondo la Procura, Bonanno, avrebbe messo a disposizione “i propri poteri per monitorare e caldeggiare le procedure che interessavano alla Eco Ambiente di Caruso.

Bonanno aveva un ruolo chiave nella discarica di Bellolampo: gestiva gli ingressi e le uscite dei rifiuti da trasferire ad Alcamo. Nella città trapanese c’è un “sito di trasferenza” di una srl dove la Eco Ambiente ha piazzato un impianto mobile per il trattamento dei rifiuti indifferenziati prima che vengano conferiti in discarica. Si tratta di uno degli impianti dove finisce anche la mondezza di Palermo nei periodi di emergenza dietro autorizzazione del Dipartimento regionale Acqua e rifiuti.

Le intercettazioni


Il 17 marzo Bonanno telefona a Pisasale: “Mi puoi mandare un po’ di mezzi tu? Tutti quelli che hai perché non posso andare appresso a mortacci di fame…”. Fin qui potrebbero apparire come normali interlocuzioni fra pubblico e privato.

I pagamenti

Il 25 maggio Bonanno inizia a informare la donna sulla tempistica dei pagamenti di Rap in favore di Eco Ambiente: “… giovedì dovrebbero essere approvate posso mandare quella da 27”.

Due giorni dopo aggiunge: “Seguimi in tutto questo procedimento perché quella da 44 andrà al prossimo consiglio… ho trovato… perché sono ancora qua in presidenza… invece quella che a me interessava era quella da un milione e quattro che deve andare in consiglio domani, ora tu mi devi dare uno specchietto, ma gradirei averlo per le cinque, le sei… allora tu attualmente mi hai emesso tre fatture per un totale di 580 che fanno riferimento tutto allo smaltimento di Alcamo”.

Bonanno, dunque, è molto interessato ai conti della Eco Ambiente. Il suo compito andrebbe ben oltre i doveri di ufficio. È sempre il coordinatore tecnico della discarica a suggerire alla donna di non superare il milione quattro cento mila euro di fatture da mettere all’incasso: “… io non posso superare uno e quattro… siccome ogni volta c’è questo, c’è quello, c’è quell’altro stamattina sono risceso io, ma è sceso pure Fradella (Pasquale Fradella era il direttore della discarica, non lo è più per via della rotazione voluta dal Comune all’indomani degli arresti ndr)… ti devi immaginare, perché hanno impugnato solo le nostre delibere, perché gli altri debiti non ne fanno… non potete superare uno e quattro perché non c’è possibilità di poterlo pagare”.

“Voglio spiegazioni”

Il 12 giugno Bonanno informa Pisasale di avere fatto pressione affinché venissero emessi i mandati di pagamento: “… posso essere più preciso fra due ore perché non ho capito perché alcuni li hanno pagati altri no… per me è più importante per ora che mi si aprano le porte a Eco Ambiente, gliel’ho spiegato, ora mi devono dare delle spiegazioni…”.

“I pagamenti sono pronti”

Il 24 giugno le dice che “hanno pronti due mandati, uno da 260 e l’altro quello da 116… io penso che già venerdì mattina possono essere firmati”. E si comincia a fare riferimento ad una compensazione, un argomento che sarà chiarito da qui a qualche giorno.

“Ho 350 mila euro bloccati”

L’8 luglio, gli investigatori della Dia intercettano Bonanno mentre parla con il funzionario della Rap Massimo Collesano. Collesano ha molti dubbi: “Enzo scusami, ma quella cavolaccio di compensazione con Eco Ambiente perché questa delibera non viene fatta che io ho 350 mila euro bloccati? Sei venuto quattro milioni di volte a mettere firme a chiedere firme, ma questa delibera non c’è io continuo a pagare centinaia di migliaia di euro, mi devo compensare i 350, che devo fare?”.

Eco Ambiente deve a Rap 350 mila euro e Collesano chiede chiarimenti. Bonanno gli risponde che la delibera è tornata indietro per un errore di ortografia. Collesano non si dà pace: “… però questa cosa, la cosa che mi stranizza è che tu ti ho visto piombare qua dentro da un anno che chiedevi sigle…”. “Loro mi hanno fatto la testa tanta”, si giustifica Bonanno, riferendosi agli amministratori di Eco Ambiente.

“Non pago gente che mi deve soldi”

Collesano resta perplesso: “… è una cosa a favore nostro non può essere un problema… ti prego fammi questa cortesia di questa delibera, sono 350 mila euro che io mi vado a levare dal partitario e mi vado a compensare… quelli sopra mi domandano i soldi a Eco Ambiente, io ho cose da pagare e mi metto a pagare gente che deve dare i soldi a me? Dico, per carità: poi loro ne avanzano altri, lo capisco, però almeno questi me li porto a casa”. Ed ecco cristallizzata, secondo l’accusa, la corsia preferenziale di cui godeva Eco Ambiente.

Una prima tangente al bar?

Già lo scorso maggio i tre arrestati si sarebbero incontrati per scambiarsi del denaro nel bagno di un bar. Non c’è certezza però perché dalle immagini estrapolate dagli impianti di video sorveglianza si vede la busta, ma non il contenuto. A differenza del 6 agosto quando in piazza Sant’Erasmo Bonanno è stato sorpreso con cinque mila euro in contanti.

Altri tredici mila euro erano nella macchina di Caruso. Ecco perché il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Claudia Ferrari e Gianluca De Leo ipotizzano che il denaro servisse per corrompere “altri pubblici funzionario”. Il sistema sarebbe molto più ampio.

“Condizionamento mafioso”

E poi si parla di “condizionamento mafioso su interi settori della pubblica amministrazione di cui ancora una volta detto episodio è solo una parte di un ben più esteso reticolo di rapporti corruttivi fra criminalità organizzata e pubblica amministrazione”. Ci sarebbe molto di più dei rapporti di parentela fra Caruso e lo zio Giuseppe Mirenna, condannato in passato per mafia.

Alcamo è la città dove operava Vito Nicastri, imprenditore al centro di numerose inchieste, destinatario di una confisca da un miliardo e 300 milioni di euro per i suoi rapporti con la mafia, che di recente ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi per corruzione e intestazione fittizia di beni.

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