Il cielo sopra Bellini. Catania e le sue contraddizioni

Il cielo sopra Bellini |Catania e le sue contraddizioni

L'ultimo libro di Salvatore Giglio racconta di “una città baciata dalle divinità ma quotidianamente offesa da una parte dei suoi abitanti”.

Il cielo sopra Bellini di Salvatore Giglio (Algra Editore, 2020) è un libro che vive di contrasti appunto perché racconta una Catania, da sempre, carica di contraddizioni. “Una città baciata dalle divinità ma quotidianamente offesa da una parte dei suoi abitanti”, scrive l’autore nell’introduzione. Un giudizio che si sposa con le parole del grande Pippo Fava, “che paragonò Catania a una prostituta dalla quale diffidare e fuggire via ma che poi riesce ad ammaliarti e tenerti vicino, nonostante tutto”. 

Forse è per questo che se fosse possibile stabilire il monumento principe della città, Giglio sceglierebbe Piazza Giovanni Verga. La piazza cioè del Palazzo di Giustizia, ma anche della grande fontana dedicata ai Malavoglia. “A poche decine di metri vi è la giustizia dei codici, dei tribunali, degli avvocati e proprio di fronte vi è rappresentata l’ingiustizia della povertà, con la barca di Bastianazzu che affonda tra innumerevoli rivoli d’acqua col suo carico di lupini”.

Il viaggio

Salvatore Giglio mette nero su bianco un viaggio. Un viaggio che non si spiega, perché va letto e assaporato così com’è. Scritto con una mano imprevedibile (e appunto per questo andrebbe spulciato senza perdere tempo). Dentro – come segnala Alessandro Russo nella prefazione –  si fanno vivi tre spiriti nient’affatto riconducibili tra loro: Ettore Majorana, Goliarda Sapienza e giù in basso fino a Pippo Pernacchia. 

Un viaggio in groppa al Liotru che porta l’autore “a conoscere meglio la sua identità”. Giglio attraversa “l’ex salotto buono dell’ex Milano del sud dell’ex Belpaese, ascolta rumori che nessuno ode e vede ciò che altri non vedono. Osserva un fazzoletto di terra fatato e accarezzato dal sole e dalle onde, scorge l’opulenza barocca su una pietra lavica nera ma rossazzurra nelle viscere. Scruta la Catania abusiva, quella dei poveri e quella degli sperti, fissa una metropoli dentro a un tunnel; quindi delicatamente si domanda cosa vuol dire essere catanese oggi”. 

Stile

Insistiamo, però. Questo non è un libro da leggere per trovare l’ennesima e rassicurante celebrazione di una Catania che gode già di una narrazione che supera lo Stretto, anche se i catanesi per un narcisismo perverso non sono in grado si saperlo o ammetterlo. È la disposizione delle parole, l’inseguirsi delle immagini, a suscitare una malinconia.

“L’ultimo raggio di sole sceglie, ogni tramonto, uno specchietto di un’automobile o il vetro di una finestra per moltiplicarsi disperatamente, non rassegnandosi all’estinzione”. Il racconto di una città vale se in primo luogo serve a raccontare. Una finalità sufficiente a se stessa e che vale la pena di essere sperimentata fino in fondo. 

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI