Non si può svuotare il mare con un secchiello. Non si può affrontare l’immensa questione delle migrazioni e delle persone connesse come una mera vicenda di ordine pubblico.
Da Roma arrivano promesse di interventi, di navi-quarantena a Lampedusa. Il dossier viene seguito ‘con estrema attenzione’. Ma è stato necessario che la temperatura giungesse all’ebollizione, per smuovere qualcosa nel momento cruciale in cui un dramma antico si interseca con la paura della nuova pandemia.
L’ordinanza del presidente Musumeci, quella famosa sugli hotspot, resta una mossa dal sapore soprattutto propagandistico, che nulla, infatti, ha risolto. Ma si tratta di un niente politico che ha come alibi un vuoto politico di cui è responsabile il governo di Roma.
Purtroppo, la retorica di destra e quella di sinistra, molto attive in materia, finiscono con l’elidersi, lasciando la piaga infetta. Perché alla retorica interessano i proclami, non le soluzioni.
C’è, dunque, una latitanza del governo che riguarda, in prima persona, l’inquilino di Palazzo Chigi, il premier Giuseppe Conte con la sua voce troppo flebile.
Un’assenza che, forse, è strategicamente spiegabile così. Non è semplice per un presidente del Consiglio che ha avuto Matteo Salvini come ministro dell’Interno, quando prestava la sua figura a un’altra coalizione, risultare coerente sul tema. In qualunque modo agisca si esporrà a una critica, in un senso o nell’altro. Da qui l’impasse che, tuttavia, resta inaccettabile.
Coronavirus, migrazioni, diritti delle persone, accoglienza e sicurezza: ecco il programma. Si deve dire cosa si intende fare, come si vuole coinvolgere l’Europa e quali saranno i passi da compiere per arrivare a una normalizzazione effettiva. Altrimenti, gli interventi-tampone si succederanno in uno scenario di perenne e mortificante disagio. E l’unico dato certo sarà la debolezza di chi non riesce a realizzare la svolta promessa.
