Cocina: quelle pressioni da Arata |"Ma io non ero convinto" - Live Sicilia

Cocina: quelle pressioni da Arata |”Ma io non ero convinto”

La deposizione del capo della Protezione Civile che ha testimoniato al processo.

PALERMO Le pressioni del faccendiere Paolo Arata sui burocrati regionali siciliani per ottenere le autorizzazioni per la realizzazione in Sicilia di impianti legati alle energie alternative sono state al centro della deposizione del capo della Protezione Civile, Salvatore Cocina, che ha testimoniato al processo che vede imputati di corruzione e intestazione fittizia di beni tra gli altri lo stesso Arata, il figlio Francesco Paolo, il dirigente regionale Alberto Tinnirello e l’imprenditore milanese Antonello Barbieri.

Il processo

Il processo, celebrato in ordinario davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo, nasce da un’inchiesta della Dda del capoluogo che portò in carcere il re dell’eolico Vito Nicastri, ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Messina Denaro, che ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi sempre per corruzione e intestazione fittizia di beni, il figlio Manlio, che rispondeva degli stessi reati, e che ha patteggiato a due anni, gli Arata e alcuni funzionari regionali. Cocina, per anni capo capo del Dipartimento Acqua e Rifiuti alla Regione, ha raccontato che gli era stato sottoposto, per l’autorizzazione, il progetto di costruzione di un impianto di biometano che avrebbero voluto realizzare Arata e Nicastri in Sicilia.

‘Era un’opera che non mi convinceva – ha spiegato – perché dietro all’impianto di bio-metano a mio avviso si nascondeva il tentativo di realizzare un termovalorizzatore: una parte dei rifiuti infatti sarebbero stati bruciati. Perciò mi opposi’. Ma Arata non si sarebbe arreso davanti al no di Cocina e avrebbe fatto pressioni facendo riferimenti ai suoi rapporti politici – era un consulente della Lega – e al ruolo di capo dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti (Arera) che stava per ricoprire (la nomina poi non ci fu). A interessarsi dell’affare però sarebbero stati anche il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché e l’assessore regionale al ramo Alberto Pierobon che, secondo la testimonianza di Cocina, avrebbero più volte sollecitato il funzionario a definire il procedimento. (ANSA).


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