I clienti filmati mentrre acquistavano la droga al Capo

Come in un film: |i cento clienti dello spaccio

La piazza Beati Paoli, al Capo, era piena di telecamere

Ci sono le telecamere, come nelle riprese di un film, ma è tutto vero. Gli occhi elettronici piazzati dai carabinieri riprendono uno, due, dieci, cento clienti. Arrivano in piazza Beati Paoli, al Capo.

Cocaina, hashish e marijuana

Sanno che dalle prime ore del mattino fino a mezzanotte si può reperire con facilità stecchette di hashish, marijuana e cocaina. Ed è da un cliente che sono partite le indagini dei pubblici ministeri Bruno Brucoli e Salvatore Leopardi, sfociate nel blitz della notte.

Cliente fermato e parte l’indagine

Un pomeriggio di fine novembre 2017 i militari di pattuglia vedono un giovane fermarsi accanto a un cassonetto della spazzatura. Poco dopo arriva qualcuno che gli consegna una busta e si allontana.

I carabinieri lo fermano in via Papireto. Non può negare l’evidenza e racconta: “Mi avvicina un ragazzo che già sostava lì a piedi, al quale chiedevo se avessi potuto acquistare 10 euro di marijuana. Lui si allontanava dicendomi di attenderlo tra piazza e Via Beati Paoli e dopo alcuni secondi tornava con la bustina che una volta consegnatami, mettevo nella tasca laterale dei pantaloni. Gli davo i dieci euro e ritornava in macchina. Il giovane aveva circa 20-25 anni, corporatura normale, alta circa 170 centimetri, indossava jeans, felpa blu, giubbotto rosso e gira con con pitbull”.

Qualche giorno dopo la piazza si riempie di telecamere che monitorano la macchina operativa. La droga viene custodita a casa di Vincenzo Miccichè, in via degli Scalini, e in quella di Daniele Garofalo in cortile Ecce Homo. Gli spacciatori coprono dei turni di lavoro. Le entrate sono annotate su dei fogli conservati nell’intercapedine del muro della chiesa intitolata ai Santi Cosma e Damiano.

Pusher subito rimpiazzati

Un paio di pusher erano già stati arrestati nel 2018, ma l’organizzazione ha provveduto subito a rimpiazzarli. Non solo; Daniele Mirabile, oggi raggiunto dal provvedimento cautelare, si era rimesso al lavoro nonostante avesse l’obbligo di dimora.

Protetti dalla gente del quartiere

Hanno lavorato per mesi alla luce del sole, potendo contare su una rete di protezione. Ecco come viene descritta nel provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari Fabio Pilato: “Il gruppo, forte della persistenza all’interno del contesto del quartiere Capo, caratterizzato da alto indice di criminalità di tipo mafioso – in quanto tutti gli associati sono stati sempre coadiuvati da altri affini, o anche solo da residenti o commercianti della zona, vicini agli stessi per legami di parentela o di sodalizio criminale, che, nel momento in cui la polizia giudiziaria poneva in essere un azione di polizia, notiziavano della presenza della stessa – si è saputo organizzare per la gestione dell’illecita attività di traffico di stupefacenti. Tale associazione è basata sull’operatività di una struttura organizzativa ben consolidata, sia pure elementare e rudimentale, ma ciò nonostante capace di garantire il perseguimento del fine comune”. Al Capo però c’è chi non si è girato dall’altra parte e ha denunciato, raccontando Dio che accadeva alla luce del sole.


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