Tangenti al Comune di Palermo, putno a favore delle difese

“Tangenti al Comune di Palermo”|Scarcerazioni da rivalutare

La Cassazione accoglie i ricorsi di Li Castri, Lo Cascio e Lupo

PALERMO – La Cassazione annulla con rinvio la decisione con cui il Tribunale del Riesame ha confermato gli arresti domiciliari per tre indagati dell’inchiesta sul giro di tangenti al Comune di Palermo. A cominciare dal funzionario Mario Li Castri.

Solo le motivazioni chiariranno se si tratta di un punto a favore delle difese e di una crepa nell’impianto accusatorio oppure di una diversa valutazione delle esigenze cautelari.

La ricostruzione della Procura finora ha retto prima al vaglio del giudice per le indagini preliminari e poi del Riesame.

Di sicuro il Riesame dovrà di nuovo valutare l’istanza di scarcerazione avanzata dai legali di Li Castri (avvocati Marcello Montalbano e Andrea Bellafiore), del costruttore Giovanni Lupo (avvocati Giovanni Di Benedetto e Renato Canonico) e del consigliere comunale del Pd Giovanni Lo Cascio (avvocato Giuseppe Gerbino).

Il Tribunale del Riesame rigettando il ricorso lo scorso marzo aveva anche riqualificato il reato contestato a Lo Cascio e Lupo da corruzione impropria a propria, che prevede una pena più pesante in caso di condanna.

Era stata accolta la ricostruzione del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Giovanni Antoci e Andrea Fusco, mentre il Gip aveva optato per la corruzione impropria in fase di emissione del provvedimento cautelare.

Nel blitz di carabinieri e finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria sono state coinvolte sette persone (leggi l’articolo sul blitz). L’inchiesta riguarda un giro di mazzette che sarebbero state pagate per ottenere il via libera a tre lottizzazioni.

Si tratta delle aree industriali dismesse dell’ex Keller di via Maltese, alcuni capannoni in via Messina Marine e dell’ex fabbrica di agrumi a San Lorenzo. Progetti alla fine bloccati in Consiglio comunale (leggi l’articolo sull’Edilizia privata).

La differenza fra la corruzione impropria e propria è sottile, ma sostanziale. Quella impropria (pene fra tre e otto anni) è un reato che si configura ogni qualvolta un pubblico ufficiale percepisce indebitamente, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, denaro o altra utilità per sé o per un terzo o ne accetta la promessa.

L’ipotesi di corruzione considerata più grave, quella propria (pene da sei a dieci anni), si verifica quando un pubblico ufficiale accetta la dazione o la promessa di denaro o altra utilità per omettere o ritardare il compimento di un atto del suo ufficio.

I ricorsi dei legali si basavano sia sulla mancanza di esigenze cautelari necessarie per giustificare gli arresti che sui gravi indizi di colpevolezza. Ad esempio nel caso di Li Castri, gli avvocati Montalbano e Bellafiore ritengono che non sia stato compiuto alcun atto contrario ai doveri di ufficio.

Al contrario l’indagato avrebbe sempre agito rispettando leggi e regolamenti. Così come hanno contestato l’utilità che avrebbe ottenuto in cambio del via libera ai piani di lottizzazione e cioè la nomina dell’architetto Fabio Seminario, socio in affari di Li Castri in uno studio privato.

Secondo la difesa, i due non erano più soci e in ogni caso la nomina di Seminerio fu decisa prima ancora che Li castri diventasse funzionario.


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