"Amministrative, Pd e M5S in Sicilia alba di un nuovo giorno" - Live Sicilia

“Termini, alba del nuovo giorno”| Barbagallo e il futuro giallorosso

Il segretario dem commenta la vittoria di Termini Imerese. Gli orfiniani chiedono una direzione.
AMMINISTRATIVE 2020
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“E’ l’alba di un nuovo giorno”. Così il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, commenta la vittoria dell’armata giallorossa a Termini Imerese. Una delle principali piazze di questa tornata elettorale in termini di esperimenti politici che guardano alla presa di Palazzo d’Orleans. Diverso l’esito dell’altro banco di prova. A Barcellona l’intesa pentapiddina non vince contro il centrodestra unito. “Era un’impresa difficile e lo sapevamo, il partito ha tenuto e continueremo a costruire” commenta Barbagallo che mostra soddisfazione per i risultati del partito siciliano. Bocca cucita su Agrigento, su Enna, invece, il segretario può rivendicare i risultati della lista dem: la prima in città.

“L’alba di un nuovo giorno”

Il segretario gongola per il risultato di Termini Imerese, piazza finita sotto i riflettori regionali e nazionali per l’esperimento giallorosso. “E’ l’alba di un nuovo giorno. Ci siamo scommessi e non può passare inosservato un dato: abbiamo fatto un’operazione mescolando i nostri mondi e facendo una battaglia comune”, commenta. “La Terranova che è esponente dei Cinquestelle è stata eletta e il Pd è il primo partito a Termini Imerese: quindi il nostro elettorato c’è e approva l’operazione”, spiega il segretario.

ll Pd comune per comune

Sui risultati delle liste, Barbagallo rivendica alcuni risultati. “Abbiamo dieci nuovi sindaci nei comuni con meno di 15000 abitanti, che costituiscono il grosso del tessuto amministrativo e sociale della nostra terra dove spesso si forma la migliore classe dirigente”, dice. “Nella Sicilia dei campanili è un dato confortante”, aggiunge. “L’altro aspetto rilevantissimo è che nei comuni superiori a 15000 abitanti il Pd è il primo partito in sei realtà”, rivendica il segretario. Nello specifico il Pd si aggiudica il gradino più alto del podio a Bronte, Floridia, Termini, Ispica, Enna ed Enna. Comuni nei quali il Pd in coalizione non vince la competizione ma si afferma come compagine più votata. Barbagallo guarda il bicchiere mezzo pieno. “Anche nella sconfitta riusciamo ad essere il primo partito”, commenta.

La provincia catanese e la roccaforte di Pedara

Il numero uno dei dem siciliani mostra soddisfazione per i risultati ottenuti nel catanese. “Vinciamo a Pedara, San Pietro Clarenza, Milo, San Giovanni La Punta e Mascali e perdiamo a Trecastagni e a Bronte: cinque a due è un bilancio positivo”, dice. Eppure, la sconfitta di Bronte, con la mancata riconferma del suo fedelissimo Graziano Calanna, ad opera della corazzata firrareliiana brucia. “A Bronte siamo il primo partito, a Firrarello stringiamo la mano e auguriamo buon lavoro: siamo orgogliosi del lavoro fatto in questi anni”, dice. Poi snocciola i frutti del proprio lavoro che saranno raccolti dalla nuova amministrazione.: “Un avanzo di bilancio di quattro milioni di euro e un paio di opere da inaugurare a breve”. Barbagallo rivendica la vittoria nella “sua Pedara” con un misto di orgoglio e fair play. “A Pedara abbiamo vinto ancora una volta, i cittadini continuano a fidarsi della nostra azione politica e di un gruppo straordinario che ha grandi qualità”, dice. “La campagna elettorale si è svolta con qualche provocazione di troppo a cui abbiamo risposto e ringrazio Antonio Fallica per quello che ha fatto per Pedara: politicamente ha scelto altre strade, ma il rispetto e la consapevolezza di avere percorso un pezzo di vita insieme resteranno per sempre”, dice.

L’attacco a Musumeci

Restando nell’ambito della correttezza istituzionale, il segretario coglie la palla al balzo per sferrare un colpo di fioretto al presidente Musumeci, reo di avere passeggiato a urne aperte in giro per le strade di Pietraperzia a braccetto con il suo candidato sindaco. “Resta la ferita profondissima di Pietraperzia con la garbata e signorile passeggiata istituzionale a urne aperte del presidente della Regione con il candidato Messina che poi ha vinto per 14 voti: una cosa mai vista”, attacca. Ma i malumori non finiscono qui: l’idea di andare al voto a ottobre con i ballottaggi tra due settimane in piena emergenza sanitaria proprio non è andata giù al segretario dem. “Siamo preoccupati perché ci sono 4 comuni che vanno al ballottaggio in piena emergenza covid mettendo a rischio la salute dei siciliani: questo dimostra la scelleratezza della scelta del governo regionale di fare votare il 4 e il 5 ottobre invece che il 20 e 21 settembre”, rincara la dose. E sui costi aggiuntivi dell’operazione dice: “Potevamo risparmiare qualche quattrino e asfaltare qualche strada secondaria siciliana”.

Orfiniani critici

Ma nel Pd siciliano si leva qualche voce critica: quella degli orfiniani che chiedono la convocazione di una direzione regionale. Gli Orfini’s boys (nemici giurati dell’intesa con i pentastellati) toccano il tasto dolente della provincia di Agrigento. “Risultato deludente ed in controtendenza”. Lapidario il commento di Antonio Rubino, componente della Direzione Regionale e portavoce di LeftWing l’area che fa riferimento a Matteo Orfini. “Dalle amministrative emerge una persistente condizione di difficoltà che è in netta controtendenza con i risultati nel resto d’Italia. Pesano, non da ultime, l’assenza di una coalizione di riferimento, la frammentazione del Pd e la sua assenza in territori importanti come la provincia di Agrigento”, spiega Rubino. “A poco più di un anno dalle elezioni di Palermo e dalle regionali è necessario un netto cambio di passo del Pd siciliano per evitare che la destra resti protagonista”, continua. “Ora concentriamoci sui ballottaggi spendendoci al massimo ma subito dopo Barbagallo convochi la direzione regionale ove auspichiamo arrivi con una posizione chiara, di rilancio del Partito. Non è giusto, nei confronti di tutti quelli che si sono spesi con coraggio e determinazione che passi il messaggio che dove si perde, perde il Pd e dove si vince, vince il movimento Cinquestelle”, conclude. Insomma, il lavoro da fare non manca: la pausa post elettorale in casa dem durerà meno del previsto.

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