Quei colpi di pistola a Librino Mafia, tutto sui due "Milanesi"

Quei colpi di pistola a Librino|Mafia, tutto sui “Milanesi”

La sparatoria d'agosto ha rotto alcuni equilibri criminali. Tra voci della malavita e carte giudiziarie, ecco il profilo dei fratelli Di Stefano.

“Uscirà presto. Ciccio pasta ‘ca sassa uscirà presto”. È ormai diventato un mantra tra i Cappello e Cursoti Milanesi. Un vocio impertinente senza alcun riscontro oggettivo che vorrebbe presto fuori dal carcere Francesco Di Stefano, uno dei capi del clan mafioso fondato da Jimmy Miano.

Il ritorno al potere dei Di Stefano

I ‘Milanesi’ negli ultimi due anni avevano ripreso potere e spazio dopo che nel 2015 con l’inchiesta Final Blow della Squadra Mobile di Catania erano stati spazzati via dallo scacchiere criminale. Carmelo Di Stefano, il fratello, nell’estate di due anni fa era tornato in libertà. E, visto come sono andate le cose lo scorso agosto, avrebbe ripreso le redini criminali del gruppo mafioso. Un nuovissimo pentito – come spiegato in un lungo speciale nel mensile S in edicola – lo ha messo ai vertici dei Cursoti Milanesi in questo singolare 2020.

Le perdite del clan

La cosca negli ultimi anni ha perso pezzi importanti, con molti gregari e soldati ‘passati’ dalla parte del nemico, ex-alleato, Cappello-Bonaccorsi. Saretto Pitarà, storico volto dei Milanesi, avrebbe cercato di non perdere terreno con i suoi fidatissimi e con le sue decennali amicizie criminali.

Ma i suoi guai con la giustizia, con un arresto per un omicidio di oltre 30 anni fa, e  le sue condizioni di salute che lo hanno condotto ai domiciliari, non gli avrebbero permesso di  fare molto. 

La sparatoria e l’arresto del boss

Carmelo Di Stefano è però nuovamente fuori dai giochi. I carabinieri lo hanno arrestato (e il riesame ha confermato) per la violenta sparatoria avvenuta al civico 18 di viale Grimaldi a Librino l’8 agosto scorso.

Un conflitto a fuoco dove hanno perso la vita due persone e rimaste ferite almeno quattro. Anche se prima dell’arrivo dei militari c’è stato un fuggi fuggi generale. E quindi la conta potrebbe essere molto più alta. Un teatro di morte che a Catania non si vedeva da tempo.

Il boss dei Cursoti Milanesi ha sempre respinto la sua presenza in quella polveriera, ma le riprese del pestaggio a Gaetano Nobile nel suo mini market il giorno prima della sparatoria e le dichiarazioni dei testimoni, tra cui un collaborante, hanno convinto gip e Tribunale della Libertà. 

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