Nuova Iside, Vito il pescatore non è tornato a casa

‘Nuova Iside’, nave dimenticata|E Vito riposa ancora laggiù

La prossima settimana novità dall'inchiesta. Intanto il relitto giace in fondo al mare.
LA TRAGEDIA DEL PESCHERECCIO
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PALERMO- Le parole sono risacca. C’è un momento in cui ti sembrano più vicine, subito dopo spariscono con la soluzione che avevano lasciato intravvedere. Ci sono state parole, accorate, fiduciose, contrastanti, per Vito Lo Iacono (nella foto) il capitano della ‘Nuova Iside’. Parole che dicevano: proveremo a riportarlo quassù. Ma il ragazzo, dopo l’affondamento del peschereccio che ha provocato una tragedia nel mondo dei pescatori, uomini buoni e semplici, riposa ancora in fondo al mare. E noi possiamo sperare che ci siano degli angeli di profondità e che abbiano cura di lui, non potendo, perché il corpo è indisponibile, sua madre Rosalba e Giovanna, la donna che amava. Tutti abbiamo ancora il cuore nascosto nei recessi di quella nave sommersa. Nave immensa, non generica ‘imbarcazione’. Le sue dimensioni, col tempo, sono cresciute a dismisura nel dolore, nell’affetto e nella memoria. Con Vito morirono Matteo e Giuseppe Lo Iacono, suo padre e suo cugino.

La tragedia e le indagini

Il peschereccio è affondato il 12 maggio scorso, al largo di San Vito Lo Capo. Secondo l’ipotesi della Procura di Palermo, che indaga, negli eventi sarebbe coinvolta la petroliera Vulcanello. Ci sarebbe stata una collisione. L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dal pm Vincenzo Amico. Ci sono quattro indagati: il comandante della petroliera, l’armatore della società “Augustadue” e due ufficiali. Le ipotesi di reato sono omicidio colposo, sommersione di nave e omesso soccorso. Nei prossimi giorni, era previsto per domani ma dovrebbe essere rinviato, ci sarà un incidente probatorio molto importante. Le cose da appurare sono tante, anche la presunta riverniciatura della ‘Vulcanello’ che, secondo le accuse, avrebbe nascosto lo scontro.

Storie di donne coraggiose

Ci sono donne indimenticabili negli abissi di una tragedia e le abbiamo incontrate, ricavando l’impressione di una forza calma, indomita, che non si rassegna. C’è Rosalba Cracchiolo, moglie di Matteo e mamma di Vito. Ha più volte chiesto, con le sue compagne di sventura, il recupero del relitto per potere comporre quello che resta di suo figlio. Gli altri corpi sono stati recuperati. Al primo incontro, nello studio dell’avvocato Aldo Ruffino, Rosalba disse una cosa semplice, secondo il registro del cuore di una madre: “Voglio che mio figlio torni da me”. C’è Giovanna Leone, la fidanzata, che raccontava un amore inaffondabile e del suo compagno diceva: “Era un vero pescatore. Amava il mare, era nato per il mare”. C’è Cristina Alaimo, moglie di Giuseppe: “Quella notte è andato via alle tre. Mi sono svegliata. Gli ho preparato il caffè, qui, in cucina, dove siamo noi. Il giorno precedente alla tragedia ci siamo sentiti, abbiamo parlato. Non sapeva stare senza telefonarmi o mandarmi un sms. L’ho chiamato la sera, per l’ultima volta. Mi ha detto che stava per addormentarsi, che era stanco e che ci saremmo rivisti presto…”.

E c’è Vito, da qualche parte, in fondo al mare. Le parole degli uomini che auspicavano la restituzione del corpo di un figlio a una madre finora non si sono avverate. Sono state scintillanti e labili, come la risacca che dimentica se stessa. Non ci resta che confidare negli angeli.


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