Scontri per il potere mafioso: ecco le condanne in appello - Live Sicilia

Scontri per il potere mafioso: ecco le condanne in appello

L'inchiesta En Plein: alla sbarra i vertici del clan Rapisarda.

CATANIA – L’omicidio di Salvatore Leanza, uomo del clan Allerruzzo di Paternò, fa ripiombare nel 2014 la città all’ombra del Castello Normanno in un clima di sangue e piombo. Poco tempo dopo, sulla strada che porta alla discarica Oikos di Motta Sant’Anastasia, i carabinieri trovano un’auto abbandonata crivellata di pallottole. Antonio Giamblanco è riuscito a sfuggire all’attacco dei killer.

L’indagine En Plein

Un clima di guerra di mafia che è documentato nelle indagini della Dda di Catania che sfociano nel blitz En Plein del 2015. I carabinieri riescono a intercettare anche i colloqui in carcere del boss Salvatore Rapisarda mentre parla con il figlio Vincenzo. Per gli investigatori, proprio durante uno di quei dialoghi, sarebbe stato l’ordine di ammazzare Giamblanco, personaggio legato a Turi Leanza. 

Il processo d’appello

Si è chiuso ieri in Corte d’Appello, il processo di secondo grado, dell’ultimo troncone scaturito dall’operazione dei Carabinieri. Alcune pene sono state rideterminate rispetto al verdetto del Tribunale, per alcuni imputati è stato riconosciuta la continuazione con altre sentenze. 

Le pene in appello

Il boss Salvatore Rapisarda è stato condannato a 9 anni con il riconoscimento del vincolo della continuazione con un’altra sentenza. Il figlio Vincenzo è stato condannato a 12 anni, pena ridotta rispetto al primo grado. Giuseppe Parenti è stato condannato a 18 anni, 9 anni per il clan Alleruzzo Assinnata e 9 anni per il clan Laudani. Riduzione di 4 anni rispetto al verdetto del Tribunale. A Vincenzo Morabito la Corte d’Appello ha inflitto una pena di 5 anni quale continuazione con un’altra sentenza. Infine è stata confermata la pena di 10 anni nei confronti di Alessandro Giuseppe Farina. 

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