Ucciso per una vendetta di sangue, chiesta la condanna di Rosano

Liotta e la vendetta di “sangue” Chiesta la condanna di Rosano

Nicolò Liotta è freddato nel 2007. Alla sbarra, oltre il boss adranita, c'è anche un pentito reo confesso.

CATANIA. Il boss di Adrano Vincenzo Rosano rischia 30 anni di carcere. È questa la richiesta di pena avanzata dal pm Andrea Bonomo alla gup Carla Aurora Valenti per l’omicidio di Nicolò Liotta freddato davanti ad una sala da barba il 4 agosto 2007 nella cittadina etnea.

Alla sbarra, insieme all’esponente di una delle frange storiche della famiglia mafiosa Santangelo-Taccuni, c’è anche Giovanni La Rosa, pentito e reo confesso. La pena chiesta dal sostituto procuratore della Dda per lui è di 17 anni ma in continuazione con altre condanne. 

L’udienza si è chiusa con la discussione dell’avvocato Maria Carmela Barbera, difensore del collaboratore di giustizia. A gennaio si terrà l’arringa di Pietro Scarvaglieri, che assiste Vincenzo Rosano. Poi la gup, tranne la programmazione di eventuali repliche, si ritirerà in camera di consiglio per il verdetto.

Il colpo di scena

Nel corso dell’udienza preliminare non sono mancati i colpi di scena. La vedova Liotta, assistita dall’avvocato Francesco Messina, ha deciso di revocare la costituzione di parte civile nel processo. Una scelta dell’ultimo minuto che lascia sorpresi.

Le indagini sull’omicidio

Non sono le rivelazioni di La Rosa a dare una svolta all’indagine sul delitto rimasto irrisolto per diversi anni. Già il nome di Vincenzo Rosano e del nuovo collaboratore viene fuori dai verbali di dei pentiti Giuseppe Liotta e del giovane Valerio Rosano, figlio di Vincenzo. E famoso per i necrologi a lui dedicati qualche giorno dopo la sua scelta di entrare nel programma di protezione.  

Il delitto come nella Chicago anni 20

Nicolò Liotta sarebbe stato ucciso per un regolamento di conti. Vincenzo Rosano, u Pipituni, avrebbe deciso di rispondere all’agguato in cui muore il fratello Alfio, il 27 luglio 2006, e rimangono feriti Daniele Crimi e Alfio Finocchiaro. I due muoiono in ospedale, ma uno dei due riesce a fornire alla polizia elementi utili per identificare i killer. Qualche tempo dopo scatta l’arresto di Antonino e Alfredo Liotta, figli di Nicolò.

Vincenzo Rosano

La vendetta

La sete di vendetta di Vincenzo Rosano sarebbe cresciuta nei mesi durante la detenzione. Una volta ai domiciliari decide di organizzare il piano di sangue. Ad agire sarebbero stati – secondo quanto raccontano i collaboratori – il figlio Francesco, all’epoca minorenne, e La Rosa, con un passato nel clan Santangelo-Taccuni di Adrano e poi un passaggio nella cosca di Biancavilla. È l’autista di Alfredo Maglia, il boss ucciso a pistolettate il 28 ottobre 2013. 

La confessione del pentito

 “Sull’omicidio per il quale sono imputato posso dire che io ho sparato da una moto condotta da Francesco Rosano, figlio di Vincenzo”, ha confessato. Le sue rivelazioni sono dettagliatissime. “Nel 2006, dopo l’arresto di Vincenzo Rosano, ci fu poi il triplice omicidio compiuto dai fratelli Liotta ai danni di Alfio Rosano, Daniele Crimi e Alfio Finocchiaro.

Quaceci (boss di vertice dei Santangelo, ndr) ci chiamò dicendoci di stare attenti e capire cosa stava succedendo. Finocchiaro prima di morire riuscì a dire chi era stato a sparare e noi eravamo pronti a uccidere i fratelli Liotta, non siamo riusciti a farlo perché vennero arrestati.

Vincenzo Rosano, intanto, dal carcere tramite i figli ci faceva sapere che dovevamo uccidere qualcuno, tipo il padre dei Liotta o il figlio di Vincenzo Mazzone (anche lui finisce in manette, ndr).

Nino Quaceci leggendo le lettere di Vincenzo Rosano diceva che ora avrebbe fatto qualcosa ma prendeva sempre tempo o non decideva di uccidere qualcuno. Nel frattempo venne scarcerato Vincenzo Rosano che andò ai domiciliari e che organizzò in autonomia l’omicidio di Nicolò Liotta utilizzando me e suo figlio Francesco”.


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