Disabilità tra disinteresse e pandemia: "Catania non include" - Live Sicilia

Disabilità tra disinteresse e pandemia: “Catania non include”

Tutte le criticità che rischiano di aggravare l'esclusione sociale.

CATANIA – Periferie nelle periferie. Il combinato disposto della mancata attenzione della politica e l’emergenza sanitaria rischiano di aggravare le condizioni di esclusione sociale delle fasce più deboli. Persone disabili, in primis. Fabrizio D’Aprile, responsabile dipartimento disabilità del Pd etneo, scatta una fotografia della situazione che è inevitabilmente a tinte fosche in una città nella quale gli ostacoli materiale diventano ostacoli esistenziali e tracciano una linea di demarcazione netta tra cittadini di serie a e cittadini di serie b.

Pandemia e disabilità

“Penso che la pandemia e il lockdown costituiscano per la disabilità un ulteriore peso. Alla fine della pandemia dovremmo ricominciare tutto da capo: il rischio è tornare all’anno zero”, spiega. E lo sguardo va inevitabilmente ai mesi anomali scanditi dalla prima ondata di contagi. “L’anno scorso gli studenti disabili sono stati penalizzati, soprattutto per quelli affetti da disabilità cognitive: il fatto di non trovarsi in classe ma davanti a un pc a casa ha interrotto relazioni e possibilità di integrazione perché la didattica non è fatta solo di nozioni ma di condivisioni e di sguardi e relazioni sociali: questo per alcuni, come i ragazzi affetti da autismo, è un dramma”, argomenta. Poi snocciola qualche esempio.

L’incognita dell’inclusione lavorativa

“Pensiamo a quello che attiene all’inclusione lavorativa: è stata sospesa sine die la 68/99, la legge che fa sì che le persone con disabilità possano, attraverso il lavoro, costruirsi un’indipendenza e possano avere un futuro”, spiega D’Aprile temendo che si getti alle ortiche un lavoro “iniziato più di 20 anni fa”.

Catania “città che esclude”

Il quadro nazionale tracciato è preoccupante, ma lo è ancora di più in una città come Catania. “A questi problemi comuni a tutti aggiungiamo che Catania sui temi della disabilità è sicuramente un territorio non amico”, spiega. “Non sono state investite risorse sulla disabilità e quando è stato fatto si è sempre pensato di farlo sull’aspetto assistenziale, che è un aspetto semplice e immediato: dai i soldi e ti deresponsabilizzi”, accusa.  “Il fattore assistenziale inoltre concorre a costruire il consenso: non si programma su altre cose”, denuncia D’Aprile. Il lavoro da imbastire dovrebbe essere di segno opposto: programmare con serietà e guardare in prospettiva. Del resto anche l’economia può indirettamente beneficiare dei servizi che rendono migliore la qualità della vita delle persone affette da disabilità.

Turismo accessibile: occasione mancata

Un esempio su tutti è dato dal “turismo accessibile”. “Catania aveva conosciuto un incremento turistico a doppia cifra. Ma cosa offre Catania? Siamo totalmente fuori dal settore del turismo accessibile, un settore che muove l’economia, nel nord Europa si scelgono e mete sulla base dell’accessibilità: noi siamo all’anno zero”, spiega. Poi un’amara considerazione. “Lo siamo nei trasporti e in più abbiamo una città piena di barriere architettoniche, qui non c’è una politica in grado di disegnare una città inclusiva: Catania è una città che esclude”, dice. “La politica e la disabilità, in questo momento storico, sono in antitesi. La politica è fatta di selfie e annunci, la disabilità, invece, richiama alla concretezza”, continua e fa un esempio. “Si può dire che non c’è una barriera architettonica, ma se non la rimuovo esiste. Vorrei una politica che non pensasse al consenso immediato, serve un lavoro nel medio termine”, conclude.

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